LA SINCRONIA CORTICALE RISULTA MINORE DI QUANTO SI CREDE

 

 

L’attività sincronica nell’ambito di popolazioni locali della corteccia cerebrale è stata rilevata innumerevoli volte ed è considerata un’espressione fisiologica della condivisione degli stimoli ricevuti dalle singole cellule. La sincronizzazione dei gruppi neuronici di aree contigue costituisce ormai una base comune per argomentazioni interpretative e speculative su numerose funzioni corticali. In particolare, nello studio elettrofisiologico delle aree corticali organizzate in colonne in cui i neuroni sono densamente connessi e condividono l’input, la variabilità correlata prova per prova nell’attività dei neuroni, si ritiene che rifletta la connettività funzionale del circuito, e molti studi riportano un alto grado di variabilità correlata fra cellule vicine.

Due nuovi studi, tuttavia, sembrano minare tali certezze, dimostrando che la correlazione nella scarica di neuroni contigui è notevolmente più debole di quanto comunemente si ritenga. Inoltre, sembra che le cause della discrepanza fra i risultati ottenuti in precedenza e quelli attuali siano state individuate (Ecker A. S., et al. Decorrelated neuronal firing in cortical microcircuits. Science 327, 584-587, 2010; Renart A., et al. The asynchronous state in cortical circuits. Science 327, 587-590, 2010).

Ecker e collaboratori del Max Plank Institute for Biological Cybernetics (Tübingen, Germania), allo scopo di ottenere rilievi più accurati di quelli ottenuti in precedenza, invece di ricorrere alle procedure consuete (microelettrodi singoli o apparati multi-elettrodo) hanno impiegato dispositivi (arrays of tetrodes, ciascuno dei quali è fornito di quattro microfili di registrazione)[1] in grado di fornire un migliore isolamento dei picchi di attività dei singoli neuroni monitorati contemporaneamente. Impiantati cronicamente i dispositivi nella corteccia visiva primaria di macachi svegli, sono stati comparati i patterns di attività di coppie di neuroni durante la presentazione di stimoli visivi, quali grate in scorrimento, sbarrette in movimento e immagini naturalistiche.

Contrariamente a quanto emerso in passato da esperimenti simili, Ecker e i suoi colleghi hanno rilevato una bassissima correlazione, sia fra coppie di neuroni registrati dallo stesso tetrode, sia fra cellule di tetrodi diversi, anche quando queste condividevano le caratteristiche di risposta o avevano campi recettivi coincidenti. Perfino neuroni contigui con simile sintonia di orientamento hanno mostrato un’assenza virtuale di variabilità correlata.

Su questa base, i ricercatori del Max Plank Institute sostengono la necessità di rivedere gli attuali modelli di architettura e funzione dei microcircuiti della corteccia, tenendo conto del fatto che neuroni fra loro prossimi presentano bassa correlazione funzionale per una di queste due ragioni: o condividono solo una piccola percentuale di impulsi in entrata, oppure la loro funzione è attivamente de-correlata.   

Ecker e colleghi, che hanno eseguito e controllato gli esperimenti con cura, non hanno ritenuto che vi fossero motivi per dubitare dei propri rilievi e, pertanto, hanno considerato fallaci i risultati ottenuti in precedenza, per i quali hanno ipotizzato le seguenti fonti di errore:

1) variabili interne quali piani motori o funzioni connesse con l’attenzione;

2) instabilità nella collocazione degli elettrodi;

3) difficoltà nell’isolare i picchi dei singoli neuroni.

 

Per mettere alla prova la plausibilità di tali cause, hanno aggiunto come variabile, nei loro esperimenti di registrazione, ciascuna delle presunte fonti di errore elencate: in ciascun caso si è avuto un falso aumento della correlazione.

Gli esiti della sperimentazione di Ecker suggeriscono che la condivisione di impulsi non sempre genera schemi di attività fortemente correlati.

Il lavoro di Renart e collaboratori del Center for Molecular and Behavioral Neuroscience, Rutgers University, Newark, fornisce un supporto a questa ipotesi, dimostrando teoricamente che la dinamica di reti neurali può determinare un’attività asincrona nonostante gli inputs condivisi.

Presi insieme, i due lavori indicano che l’attività correlata nell’ambito delle popolazioni neuroniche corticali potrebbe essere molto più debole di quanto ritenuto fino ad oggi, e che la sua origine deve essere ricercata nella dinamica delle reti; è presto, comunque, per trarre conclusioni neurofisiologiche, per le quali sarà opportuno attendere il compimento dell’iter sperimentale necessario ad una conoscenza approfondita dei microcircuiti corticali.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond   

BM&L-Marzo 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 



[1] Abbiamo già recensito (vedi in “Note e Notizie”) lavori in cui è stata impiegata questa tecnica di registrazione. Gli autori del lavoro parlano di una “unprecedented recording quality” impiegata per dirimere la questione della variabilità correlata nella corteccia visiva primaria.