SEDE CEREBRALE DELL’ORIGINE INCONSCIA DELLE DECISIONI

 

 

Alcuni anni fa avemmo modo di notare che molti in Italia, fra neurologi, psichiatri, psicologi e neurobiologi, non erano al corrente di quella vasta mole di studi che, negli ultimi tre decenni, ha definito in termini neurofunzionali l’esistenza di processi neurali non coscienti che precedono ed anticipano i contenuti di una decisione cosciente. Si decise, allora, di dar corso ad una serie di iniziative didattiche per far conoscere i lavori delle principali scuole che hanno operato in questo settore.

Speriamo, perciò, di aver dato un sia pur piccolo contributo alla diffusione della conoscenza di quel funzionamento, individuato per primo da Benjamin Libet e collaboratori[1], che prevede l’esistenza di automatismi decisionali, assecondati o corretti dall’intervento dei processi più lenti della coscienza dichiarativa, mediati da un sistema di neuroni noti con la definizione eponima di circuito di Libet.

Negli scopi della Società Nazionale di Neuroscienze “BRAIN, MIND & LIFE - ITALIA” c’è il dare impulso a studi sulla mente che tengano conto dei vincoli biologici, e proprio la conoscenza dei tempi di percorrenza del circuito di Libet, necessari perché si possa stabilire che un atto è stato vagliato dalla coscienza, è stata da noi impiegata come esempio di utilità della conoscenza di tali vincoli, fin dalle prime comunicazioni ai soci. Intanto, questo campo di studi che, per la breve durata dei processi esaminati si era basato prevalentemente su metodi elettrofisiologici (studio dei potenziali evocati), ora può avvalersi anche di metodi di neuroimaging funzionale che, con un grado accettabile di risoluzione temporale, consentono di visualizzare le formazioni encefaliche metabolicamente più attive.

Mediante fMRI (functional Magnetic Resonance Imaging), Haynes e i suoi collaboratori hanno dimostrato che l’attività in due aree non motorie della corteccia consentiva di predire l’esito di una decisione di movimento fino a 10 secondi prima che una persona diventasse consapevole della decisione stessa (Soon C. S., et al. Unconscious determinants of free decisions in the human brain. Nature Neuroscience 11, 543-545, 2008)[2].

Ai volontari, mentre il loro cervello era sottoposto alle scansioni della fMRI, si chiedeva di premere un bottone, sia con la destra che con la sinistra, quando avessero voluto. Durante l’esperimento i volontari guardavano uno schermo che mostrava una successione di lettere, e si chiedeva loro di ricordare la lettera presente sullo schermo nell’istante in cui avevano deciso quale bottone premere. Questa prova rivelava che la maggior parte delle decisioni erano coscientemente concepite 1 secondo prima dell’esecuzione motoria.

I ricercatori hanno allora analizzato l’attività cerebrale precedente l’atto di pressione del bottone, mediante decodificatori di patterns. Questo tipo di analisi può rilevare patterns specifici di attività (signature patterns) che sono associati a particolari decisioni.

Tali patterns di attività sono stati riscontrati nell’area 10 di Brodmann e nella corteccia parietale (precuneo/corteccia cingolata posteriore), aree che si ritengono implicate in funzioni esecutive e nell’elaborazione del sé. I patterns predicevano con elevata accuratezza quale bottone sarebbe stato premuto.

I patterns, espressione di quella attività automatica di cui si diceva all’inizio di questa nota, apparivano fino a 7 secondi prima che i volontari consciamente scegliessero l’atto da compiere.

La metodica di fMRI misura una risposta emodinamica, dipendente dal livello di sangue-ossigeno, che segue di circa 3 secondi l’attivazione elettrochimica dei neuroni, perciò sommando questo tempo di latenza ai 7 secondi risultati dal neuroimaging, si può stimare che, approssimativamente, l’attività delle due aree codifica le decisioni fino a 10 secondi prima che queste entrino nella coscienza.

Nelle aree corticali, definite in anatomia descrittiva area motoria supplementare e pre-supplementare, si registravano patterns approssimativamente 5 secondi prima che una decisione entrasse nella coscienza, con una precisione tale da consentire di prevedere i tempi di esecuzione.

Presi insieme questi dati sembrano indicare che diverse aree del cervello sono implicate nella formazione della decisione di compiere un movimento e nella scelta del momento in cui eseguirlo.

Sicuramente i dati emersi da questo studio sono molto interessanti, ma a nostro avviso vanno interpretati nella cornice teorica delle indagini sulla struttura neurofunzionale dei processi decisionali, e non facilmente estrapolati in contesti tanto diversi quanto quelli delle filosofie della mente che studiano le decisioni nelle grandi scelte dell’esperienza umana in termini di volontà e libertà individuale. Tali decisioni implicano consolidati contenuti di memoria esplicita del soggetto (concezioni, valori culturali, mentalità, ecc.) in grado di influenzare le decisioni sulla base di condizioni di fondo, pre-esistenti a stimoli del momento come quelli che inducono la scelta di un atto motorio. Per questo non ci sentiamo di condividere l’impostazione di chi, come Leonie Welberg, sostiene che uno studio come questo metterebbe in crisi la nozione di libero arbitrio[3].

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Giugno 2008

www.brainmindlife.org

 

 

 

 



[1] Nel 1983 scoprirono il readiness potential, ma gli studi erano cominciati nel 1967. Sulla scorta di questi studi, nel 1989, Pfurtscheller e Berghold stabilirono che due secondi prima di eseguire un movimento è già stato deciso il lato del corpo in cui questo avrà luogo.

[2] Una review su questo argomento è stata pubblicata due anni or sono: Haynes J. D. & Rees G., Decoding mental states from brain activity in humans. Nature Reviews Neuroscience 7, 523-534, 2006.

[3] Leonie Welberg, Free Will? Nature Reviews Neuroscience 9, 410, 2008.