UNA SCOPERTA CHE POTREBBE INCIDERE SULLA CURA DELLA SLA

 

 

Attualmente non vi sono trattamenti efficaci per la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), ma uno studio recente di Williams e colleghi del Department of Molecular Biology, University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, ha accertato che il microRNA-206 (miR-206) promuove la rigenerazione neurale in un modello murino della malattia, aprendo una nuova via per la ricerca terapeutica (Williams A. H., et al. MicroRNA-206 delays ALS progression and promotes regeneration of neuromuscular synapses in mice. Science 326, 1549-1554, 2009).

Prima di dare conto dei risultati di questo studio, vogliamo rammentare alcune nozioni su questa malattia che, causando la perdita dei motoneuroni, porta a denervazione, atrofia muscolare e paralisi[1].

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA nell’acronimo italiano e ALS in quello inglese), descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che insorge in un’epoca che va dalla quarta alla sesta decade di vita (il range secondo gli epidemiologi dell’ALS Association è 40-70 anni, ma una percentuale non irrilevante insorge prima dei trent’anni e alcune rare varianti ereditarie prima dei 20), in genere portando a morte nel giro di 2-5 anni dalla comparsa di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia muscolare e spasticità. L’atrofia e la paralisi muscolare sono la conseguenza della degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente le facoltà motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. La spasticità, che complica ed aggrava il quadro, è conseguenza della perdita dei neuroni motori della corteccia cerebrale. Infatti, il processo patologico interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale, evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule.

Una delle prime osservazioni di patologia cellulare, che orientarono gli studi verso alterazioni del trasporto assonico, fu il rilievo di un rigonfiamento del segmento prossimale dell’assone, associato a neurofilamenti male orientati. Le anomalie cellulari e molecolari attualmente note sono numerose ed includono cromatolisi, inclusioni ed aggregati proteici (Ince, 2000) spesso ubiquitinati[2]. Nelle fasi seguenti i neuroni possono andare incontro ad atrofia e si rendono evidenti segni legati alla degenerazione walleriana degli assoni; con l’avanzare del processo patologico si riscontrano elementi caratteristici dell’apoptosi (Martin et al., 2005).

Negli ultimi stadi della malattia si riduce il numero dei motoneuroni nelle formazioni grigie del midollo spinale, nei nuclei del tronco encefalico e nella corteccia motoria, con conseguente assottigliamento dei fasci corticospinali.

L’eccito-tossicità è stata studiata come causa del danno nella SLA: il 60-70% dei casi non familiari (a loro volta 90-95% del totale) presenta una riduzione del 30-95% del trasportatore astrogliale del glutammato EAAT2 (detto anche GLT-1) nella corteccia motoria e nel midollo spinale (Cleveland e Rothstein, 2001). La riduzione di attività di questa importante proteina trasportatrice aumenta la concentrazione extracellulare di glutammato e, conseguentemente, la probabilità di una sua azione tossica mediata dal legame con i recettori extrasinaptici (Note e Notizie 14-04-07 La vita e la morte dipendono dalla sede degli NMDA attivati).

Sono stati descritti tre possibili processi di morte dei motoneuroni:

1) apoptosi o morte cellulare programmata,

2) necrosi associata a rigonfiamento e perdita di integrità della membrana,

3) autofagia per degradazione lisosomiale degli organuli cellulari danneggiati.

Nette distinzioni morfologiche fra questi processi non sono agevoli e spesso appaiono impossibili, sicché è stato suggerito che si possa determinare un continuum fra diverse catene di reazioni, con parziale sovrapposizione, in particolare fra necrosi ed apoptosi. Molti studi hanno evidenziato che l’apoptosi gioca un ruolo importante, ma in una forma diversa da quella più comunemente nota (Martin et al., 2005; Sathasivam et al., 2001; Guegan et al., 2001  Martin et al., 2000; Nijawan et al., 2000).

Molti progressi sono stati compiuti nella conoscenza eziologica delle forme ereditarie, individuando specifici mutanti per almeno quattro forme: ALS1, associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998; Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al., 1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al., 2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al., 2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee et al., 2004; Puls et al., 2003).

Tuttavia questi progressi, sia pure nella prospettiva di terapie geniche e prevenzione genetica, hanno una portata molto limitata perché le forme familiari nel loro complesso rappresentano, nei vari studi epidemiologici, una percentuale oscillante fra il 5 e il 10% del totale. In altre parole, il 90-95% degli ammalati di SLA è affetto dalla forma sporadica la cui eziologia rimane ignota.

Ma torniamo al lavoro di Williams e colleghi che, nel modello murino della SLA costituito dai topi transgenici sod1 (G93A-superossido dismutasi 1), hanno rilevato che miR-206 è in grado di promuovere la rigenerazione e la re-innervazione.

I ricercatori, confrontando l’espressione di microRNA in topi adulti normali e nei transgenici G93A-sod1, che hanno una mutazione descritta in alcuni pazienti affetti da SLA, hanno rilevato una upregulation dell’espressione di miR-206 nei muscoli degli arti dei roditori affetti dalla forma sperimentale della malattia, proprio in coincidenza con le prime manifestazioni sintomatiche.

Un dato non trascurabile è il riscontro di un analogo aumento dell’espressione di miR-206 in topi normali nei quali era stato resecato il nervo sciatico, con la conseguenza della denervazione dei muscoli.

L’articolata sperimentazione condotta dagli autori, per la quale si rimanda alla lettura del lavoro originale, mostra che miR-206 regola la re-innervazione del muscolo mediante una via che implica HDAC4 e FGFBP1.

Questo nuovo ruolo di miR-206, scoperto dai ricercatori di Dallas e consistente nella promozione di una nuova innervazione del muscolo dopo che questa sia stata abolita o compromessa da lesione nervosa, potrebbe rappresentare un meccanismo di compenso messo in atto dall’organismo in risposta agli eventi patogenetici della SLA, e potrebbe indicare una possibilità terapeutica per questa malattia neurodegenerativa che, nonostante tutti progressi compiuti nella conoscenza teorica, rimane, come un secolo e mezzo fa, ai tempi della prima descrizione, e come quando nel Novecento divenne tristemente popolare negli USA perché ne fu affetto il campione di baseball Lou Gehrig, una malattia inesorabile dal decorso ingravescente con esito invariabilmente infausto.

 

L’autrice della nota, che invita i visitatori del sito a leggere le recensioni di argomento connesso nelle “Note e Notizie”, ringrazia il presidente Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato e la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon  

BM&L-Febbraio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 



[1] La ricapitolazione che segue è tratta dalla nota “SLA, la malattia di Nuvoli, Welby e Concioni” del maggio 2007; si veda poi Note e Notizie 13-09-08 Importante progresso per la SLA nella quale vi sono i links a quattro recensioni importanti, inclusa quella del lavoro originale di Banci e Bertini dell’Università di Firenze.

[2] Si veda, per gli aggregati ubiquitinati nei modelli sperimentali: Note e Notizie 19-12-09 Topi per i meccanismi comuni a SLA e demenza FT.