Sclerosi Multipla:

Risposte

Dai nostri Soci e dal Congresso Mondiale di Neuroimmunologia di Edimburgo

 

PREMESSA. Abbiamo ricevuto molte richieste di approfondimento dopo gli incontri di luglio sulla sclerosi multipla; spesso si trattava delle stesse domande o di interrogativi lievemente diversi nella formulazione ma attinenti al medesimo argomento. Per questo si è deciso di dare una risposta collettiva con questa nota.

Ci scusiamo con i visitatori del sito non specialisti del settore per alcuni inevitabili tecnicismi. Quando non altrimenti specificato, i dati esposti sono tratti dalle relazioni presentate al Congresso Mondiale di Neuroimmunologia tenutosi ad Edimburgo dal 3 al 7 settembre 2001.

Ringraziamo coloro che hanno contribuito con osservazioni ed integrazioni, in qualche caso aggiornate ad ottobre 2003, ossia a questi giorni. Non possiamo menzionare i nomi, perché il loro elenco sarebbe più lungo della nota stessa, tuttavia nel manifestare la nostra gratitudine ricordiamo ai non-iscritti che, come soci di BM&L, potranno avere molte occasioni per la valorizzazione delle proprie competenze.

 

L’incidenza della sclerosi multipla in Australia, Nuova Zelanda e sud degli USA è molto inferiore, da un terzo alla metà, di quella del Canada e del nord degli Stati Uniti (stimata intorno ai 10 nuovi casi l’anno per 100.000 persone fra i 20 e i 50 anni).

Nel nostro incontro del 12 luglio a Firenze abbiamo focalizzato l’attenzione sul meccanismo della migrazione linfocitaria come evento chiave nella genesi della reazione autoimmune (vedi la scheda introduttiva disponibile sul sito nella sezione “Aggiornamenti” Sclerosi Multipla aggiornamento - Firenze, 12-07-03) anche perché rappresenta la recente acquisizione di un processo sconosciuto fino a non molto tempo fa. La migrazione di cellule del sistema immunitario attraverso al barriera emato-encefalica e la costituzione di un micro-ambiente simil-linfoide in grado di alimentare la reattività autoimmune, sembrano ormai certezze patogenetiche da cui partire per la comprensione di altri meccanismi. La produzione di chemochine da parte di microglia, astrociti e cellule dell’endotelio vascolare ha un ruolo fondamentale nel facilitare la migrazione linfocitaria.

E’ interessante che numerose chemochine possano essere prodotte da cellule della glia in assenza di una diretta attivazione del sistema immunitario: RANTES, MIP-1alfa, MIP-1beta, MIP-2, IP-10, MCP-1 (Owen, Montreal). Sopranatanti di colture di astrociti trattati con IL1-β/TNF-α o microglia trattata con IFN-γ, con o senza aggiunta di anticorpo anti-CD40, stimolano la migrazione di linfociti TH1, TH2 e di cellule dendritiche mature. RANTES/CCL5 e MCP-1/CCL2 sembrano essere i fattori responsabili della migrazione di linfociti TH1.

I maggiori promotori della migrazione di TH2 finora conosciuti sono prodotti dagli astrociti e dalla microglia: l’MCP-1/CCL2 rilasciato dall’astroglia e l’MDC/CCL22 di produzione microgliale. Un fattore chemiotattico per le cellule dendritiche sembra essere il MIP-3β/CCL19 secreto sia dagli astrociti che dalla microglia (Aloisi, Roma).

Buona parte di questi mediatori sono espressi dopo iniezione per via stereotassica di TNF-α e in corso di Encefalite Allergica Sperimentale (EAE, nell’acronimo inglese), come dimostrato da studi condotti dal gruppo di Selmaj a Lodz e dal team di Ransohoff a Cleveland. Dobbiamo rispondere a coloro che hanno chiesto la “lista di tutte le molecole che prendono parte a questi processi”, che non è possibile fare un elenco completo dei mediatori che insieme con questi sono in grado di contribuire al reclutamento di cellule immunocompetenti e, così, al mantenimento della risposta immune intratecale; sia per il numero elevatissimo delle molecole che hanno mostrato una certa attività in questo senso, sia per la mancanza per molte di esse di evidenze precise e definitive circa il ruolo svolto. Un dato certo, che è anche un’osservazione interessante, riguarda l’azione dell’IFN-β sulle cellule dendritiche: se da un canto esercita effetto pro-infiammatorio (induzione di SLAM, CD80 e CD86), dall’altro ne riduce la durata della vita. (Meinl, Monaco).

Jacobson e i suoi collaboratori a Bethesda hanno dimostrato l’associazione di materiale genomico virale con il CD46 in pazienti affetti da sclerosi multipla.

A coloro che hanno espresso critiche e perplessità sui tanti loci genici associati alla patogenesi (in molti casi si tratta di un’ipotetica associazione alla fisiopatologia) della sclerosi multipla, diciamo che condividiamo le loro opinioni. Tuttavia loci del Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC) sembrano aver resistito a tutte le prove contrarie alla loro associazione con la malattia. Il gruppo di Ebers di Oxford, ridimensionando il ruolo del DRB1*1501 come allele di suscettibilità, propone l’esistenza di due loci indipendenti all’interno dell’MHC. Ciò che ci sembra più rilevante è che l’MHC nel suo complesso sembra pesare per un 10-15% sul rischio genetico globale.

 

BM&L-Ottobre 2003