LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE PORTATILE

 

 

Quindici anni fa, Bernhard Blümich e il suo allievo di dottorato Peter Blümler, concepirono un apparecchio di risonanza magnetica nucleare (RMN) di dimensioni estremamente ridotte ed avviarono lo studio per la sua realizzazione. L’idea nasceva dall’aver osservato, nella messa a punto di dispositivi per l’analisi di polimeri, che non era necessario impiegare gli enormi e costosi magneti in uso per ottenere buone immagini. I ricercatori, infatti, si resero conto che il campo magnetico disomogeneo prodotto da magneti permanenti di ridotte dimensioni e costi, era sufficiente per ottenere una distinzione fra aree di qualità diverse presenti in vari materiali esaminati. L’ambizioso progetto si prefiggeva di realizzare un apparecchio delle dimensioni di un mouse di computer, per questo i suoi ideatori coniarono, per il dispositivo in cantiere, l’acronimo NMR-MOUSE (da Nuclear Magnetic ResonanceMobile Universal Surface Examiner).

Un aspetto particolarmente stimolante riguardava il fatto che il nuovo apparecchio, per le sue dimensioni e il tipo di impiego, si sarebbe potuto spostare a piacimento e non avrebbe avuto limiti di grandezza circa le superfici da esplorare (Bernhard Blümich, The Incredible Shriking Scanner. Scientific American 299 (5), 68-73, November 2008). Una tale prospettiva faceva immediatamente pensare ad un’evoluzione tecnologica che avrebbe rivoluzionato l’applicazione più importante della RMN in medicina, ossia la MRI (Magnetic Resonance Imaging), che si realizza con apparecchi grandi come una stanza, con un magnete di dimensioni tali che il diametro della sua struttura anulare consenta il passaggio del corpo della persona da esaminare. Però, l’impiego per l’esplorazione del cervello e ogni altro distretto corporeo, si scontrava col problema della grande disomogeneità di campo prodotta dai piccoli magneti; infatti, secondo le conoscenze di quegli anni, in quel modo non sarebbe stato possibile ottenere un’analisi chimica dei tessuti.

Un aiuto alla realizzazione dell’NMR-MOUSE venne dal rilievo che la costante metrica temporale T2, impiegata nelle procedure standard di NMR, poteva essere misurata in campi magnetici non uniformi. In realtà, già nel 1949 il fisico Erwin L. Hahn aveva scoperto che risposte a stimoli NMR possono essere rilevate anche quando si impiegano campi disomogenei, per il sorgere di particolari segnali detti “echi”. In questi campi, il segnale originato dagli impulsi a radio frequenza (RF) rapidamente decade, ma può essere recuperato successivamente, applicando un secondo impulso. Se si aggiungono impulsi in successione, si genera una serie di echi, che costituiscono ciò che convenzionalmente di definisce un “treno di echi”. L’ampiezza degli echi che costituiscono un treno, decade con il tempo di rilassamento T2, che varia caratteristicamente secondo il tipo di materia e materiale.

Il valore di T2 riflette la mobilità delle molecole osservate: la materia molle (soft matter), in cui le molecole si muovono facilmente, ha un lungo T2, mentre la materia dura (hard matter), caratterizzata da scarsa mobilità molecolare, ha un T2 breve. La mobilità molecolare dei costituenti cambia quando si verificano reazioni chimiche o transizioni di fase. In tal modo, dai diversi valori di T2 si possono ricavare informazioni sulla fisica e la chimica di ciò che si osserva ed ottenere caratterizzazioni dei tessuti.

Dopo vari anni di studi, con il contributo decisivo di Federico Casanova e Juan Perlo, Blümich, Blümler e gli altri collaboratori del gruppo RWTH dell’Università di Aachen in Germania, realizzarono un NMR-MOUSE delle dimensioni di una borsetta[1], in grado di funzionare con un consumo di corrente paragonabile a quello di una lampadina.

Confrontando le apparecchiature classiche con quelle portatili, si può riconoscere questa differenza sostanziale: negli apparecchi tradizionali un campo magnetico omogeneo consente di generare un segnale T2 con un singolo impulso RF, mentre nei nuovi dispositivi la disomogeneità del campo magnetico richiede impulsi RF multipli che generano treni di echi la cui ampiezza è assemblata in modo da produrre un segnale T2.

Recentemente, il perfezionamento della “risonanza in miniatura” ha avuto un’accelerazione importante e decisiva. Federico Casanova e Juan Perlo sono riusciti ad aumentare l’omogeneità del campo magnetico prodotto dal magnete permanente, con il conseguente miglioramento della risoluzione nell’analisi e nelle immagini che ne derivano: il loro NMR-MOUSE è in grado di rivelare la composizione chimica di una soluzione in un beaker posto in cima al dispositivo. Questo risultato ha aperto la porta alla realizzazione di prodotti tecnologici per l’analisi molecolare. Sono, infatti, attualmente allo studio vari  arrangiamenti per magneti che consentano la realizzazione di saggi chimici con dispositivi della dimensione di una tazza da caffé (Blümich B., Casanova F. & Juan P. Mobile Single-Sided NMR. Progress in Nuclear Magnetic Resonance Spectroscopy 52 (4), 197-269, 2008).

La composizione strutturale di questi apparecchi portatili si può ridurre a quella di un telefono cellulare con l’aggiunta di un magnete, sicché è facile prevedere che nel giro di pochi anni, con la produzione in larga scala e il crescere della domanda, si potrà disporre di analisi mediante risonanza magnetica a costi molto bassi.

Per ciò che concerne il nostro maggiore interesse, già si parla di dispositivi a foggia di casco per la risonanza magnetica cerebrale, che potrebbero far parte della dotazione delle autoambulanze per l’uso in condizioni di emergenza. A nostro avviso, tuttavia, in questa fase è saggio condividere la prudenza degli specialisti in diagnostica per immagini e dei ricercatori che impiegano metodiche di neuroimaging, i quali non si lasciano contagiare dall’entusiasmo per l’innovazione tecnologica in sé e per i minori costi previsti, ma suggeriscono uno studio attento e rigoroso per la comprensione esatta delle potenzialità e dei limiti di una metodica che, per molti aspetti, deve considerarsi nuova.

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-Novembre 2008

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: NOTA DI AGGIORNAMENTO]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Attualmente, in tutto il mondo sono in uso 40 o 50 di questi apparecchi con vari impieghi, quali l’analisi scientifico-artistica di dipinti, le valutazioni di reperti archeologici, lo studio di danni ambientali causati dall’invecchiamento di polimeri come il polietilene, l’analisi dei prodotti commerciali di ditte concorrenti a scopo di spionaggio industriale o tutela di diritti di brevetto, ecc. Il dispositivo è stato impiegato nel 2006 al Museo di Archeologia di Bolzano per studiare il corpo congelato della mummia del Neolitico(Ötzi the Iceman), scoperta sulle Alpi al confine fra Italia ed Austria nel 1991.