RINGIOVANIRE I NEURONI PER CURARE IL PARKINSON

 

 

Con l’avanzare dell’età, i neuroni del sistema nervoso centrale divengono sempre più vulnerabili ai processi patologici delle malattie neurodegenerative, perciò, conoscere i cambiamenti molecolari responsabili dell’aumento nel tempo della loro vulnerabilità, può fornire un prezioso contributo, sia agli studi sulla neurodegenerazione, sia a quelli sull’invecchiamento cerebrale.

Surmeier e colleghi hanno indagato questi cambiamenti ed il loro rapporto con la malattia di Parkinson, prendendo le mosse da due nozioni acquisite, ossia la marcata vulnerabilità dei sistemi dopaminergici e la maggiore resistenza dei neuroni giovanili nei modelli animali della malattia (Savio Chan C., et al. “Rejuvenation” protects neurons in mouse models of Parkinson’s disease. Nature 447, 1081-1086, 2007).

I neuroni dopaminergici della pars compatta della sostanza nera (v. voce in Alfabeta) presentano un’attività di regolazione autonoma (autonomous pacemaking) che, mediante scariche ritmiche, mantiene i livelli basali di rilascio della dopamina nelle sinapsi con i neuroni del corpo striato. I ricercatori hanno verificato l’esistenza di un cambiamento associato all’età dei canali ionici che consentono questa attività. E’ risultato che i neuroni dopaminergici della sostanza nera dei topi giovani impiegano canali del sodio ed HCN (hyperpolarization-activated and cyclic-nucleotide-gated cation), mentre i neuroni adulti impiegano canali Cav1.3 della famiglia dei canali del calcio di tipo L dipendente dal voltaggio.

Su questa base i ricercatori hanno ipotizzato che l’accresciuto flusso di Ca2+ in entrata sia all’origine della maggiore vulnerabilità dei neuroni agli insulti tossici e, pertanto, la sua inibizione dovrebbe aumentare la resistenza delle cellule nervose. A tale fine, sono stati bloccati i canali Cav1.3 mediante isradipina in sezioni sottili di cervello di topo adulto, con l’effetto di interrompere l’attività ritmica di neurotrasmissione.

Dopo un certo numero di ore dal blocco, l’attività di pacemaking è ripresa ma, questa volta, era basata sull’attivazione dei canali del sodio e degli HCN, come nel cervello giovane.

Questo ringiovanimento era associato con un effetto neuroprotettivo nei confronti della tossina mitocondriale rotenone.

Dopo questi risultati in vitro, i ricercatori hanno provato ad indurre in vivo il ringiovanimento dei neuroni dopaminergici della sostanza nera, avendo successo anche in questo caso, come ha dimostrato l’inefficacia dell’azione tossica dell’iniezione striatale acuta di 6-idrossidopamina e del trattamento cronico con MPTP.

Poiché l’isradipina si adopera già nel trattamento dell’ipertensione e dell’ictus, potrà presto essere avviata la sperimentazione clinica per la malattia di Parkinson.

 

Roberto Colonna & Diane Richmond

BM&L-Settembre 2007

www.brainmindlife.org