LA RICERCA SULLA PEDOFILIA

 

(TERZA PARTE)

 

I disturbi da deficit dell’attenzione e iperattività sono un gruppo di sindromi caratterizzate da un difetto del controllo inibitorio che normalmente consente la focalizzazione dell’attenzione e la sottomissione degli automatismi procedurali e neuromotori alle esigenze cognitive e comunicative. A scopo di ricerca sono spesso raggruppati in un’unica categoria patologica (ADHD), ma nell’osservazione neuropsichiatrica infantile sono distinti in varie forme cliniche, in genere associate ai disturbi da comportamento dirompente, quali quelli oppositivo-provocatorio e della condotta, come nella classificazione dell’American Psychiatric Association (DSM-IV-TR)[1].

Alcuni studi hanno dimostrato un’associazione fra ADHD e pedofilia; il grado di probabilità che un bambino affetto da questi disturbi dell’attenzione divenga pedofilo è maggiore di quello della media, ma non sembra superare l’aumento percentuale del rischio di incidenti, che pure è caratteristico di tali condizioni. Il collegamento probabilistico è stato proposto sulla base dello studio delle anamnesi, dalle quali è risultata una maggiore incidenza di ADHD nell’infanzia dei pedofili rispetto a quella di persone prive del disturbo[2].

 

LO STUDIO PSICOLOGICO. Secondo l’orientamento prevalente in ambito psicologico e psicopatologico, i disturbi della preferenza sessuale originerebbero da particolari esperienze verificatesi nel corso di periodi critici dello sviluppo infantile. A supporto di tale ipotesi vi è il rilievo, documentato da lungo tempo, della presenza nell’anamnesi di molti pedofili di abusi sessuali subiti durante l’infanzia. Questa circostanza è stata confermata da numerosi studi, fra i quali si cita spesso quello condotto nel 2001 dai ricercatori della Royal Free Hospital School of Medicine di Londra, che passarono in rassegna le storie cliniche di 747 pazienti maschi adulti: 225 responsabili di abusi sessuali e 522 trattati in una clinica londinese per “sexual offenders and sexual deviants”. Coloro che avevano perpetrato abusi sessuali sulla spinta di impulsi pedofilici erano stati a loro volta vittime di abusi in una percentuale molto più alta rispetto a quella dell’intero campione, suggerendo l’esistenza di un ciclo vittima-perpetratore all’origine di molti casi di abuso sessuale, ma anche un ruolo concausale nello sviluppo della tendenza anomala del vissuto nel ruolo di vittima. In altre parole, l’esperienza avrebbe determinato l’apprendimento di una sessualità deviata.

Nel 2003 David Skuse e colleghi dell’Institute of Child Health di Londra pubblicarono uno studio longitudinale che ha approfondito la valutazione dei fattori che portano una vittima di abusi sessuali a diventare un aggressore, seguendo 224 ragazzi abusati[3] dopo la violenza subita per un tempo compreso fra 7 e 19 anni. Entro il termine della durata dello studio, 26 fra le vittime, ossia il 12%, una volta cresciute finirono per commettere un abuso. I ricercatori hanno così caratterizzato altri aspetti dell’esperienza dei ragazzi abusati divenuti molestatori: 1) erano stati trascurati durante l’infanzia; 2) avevano subito abusi sessuali da parte di una donna; 3) era loro mancata la supervisione dell’adulto, il controllo e la possibilità di riferirsi alla sua funzione ordinatrice; 4) spesso erano stati testimoni di violenze intercorse fra membri della propria famiglia.

A questi risultati si è provato a dare un’interpretazione in chiave psicoanalitica, sostenendo che il complesso di queste esperienze infantili frustranti possa aver creato un sentimento di “sconfitta” associato ad un bisogno di compensarlo con un “trionfo” [4] al quale si giungerebbe mediante l’identificazione con l’aggressore.

All’indubbia utilità di questi studi nella caratterizzazione anamnestica delle esperienze e dei traumi psicologici sofferti da una parte delle persone che sviluppano un atteggiamento psichico pedofilico, non fa riscontro un rilievo significativo per ciò che concerne il loro contributo al riconoscimento delle cause; infatti il tipo di eventi descritti non presenta specificità e, se in molti casi può essere all’origine di altri problemi psicologici, come disturbi ansiosi dello spettro del trauma[5], in una percentuale non esattamente definita ma che si stima molto elevata, sembra non lasciare tracce psicopatologiche.

Lo studio psicologico ha recentemente definito e caratterizzato un particolare gruppo tipologico di personalità che si sviluppa in presenza e in assenza di violenze o molestie sessuali nell’anamnesi: una parte dei pedofili tende a stabilire un rapporto in cui non si rinvengono tracce di comportamento dominante o aggressivo nei confronti del bambino fatto oggetto di desiderio.

Fra costoro, alcuni tendono a realizzare una relazione che assomiglia a quella esistente in una normale coppia adulta, apparentemente rispettando la volontà del piccolo che viene indotto ai comportamenti anomali con la docile disponibilità che impiegano i seduttori. In altri casi il pedofilo, che magari risulta tale nella considerazione oggettiva del suo comportamento secondo criteri criminologici o parametri simili a quelli adottati dal DSM-IV, pone seri problemi psicodiagnostici perché si considera e si sente un bambino nonostante l’età adulta e trascorre ordinariamente parte del suo tempo in attività infantili[6]. Taluni di costoro riescono ad ottenere dalle persone dell’ambiente di relazione abituale una sorta di riconoscimento del loro status ipoevoluto come stile di adattamento incluso nella gamma normale. In alcuni di questi casi, considerando aspetti morfo-somatici ed endocrinologici oltre che psichici, si potrebbe addirittura porre la diagnosi di infantilismo.

David Finkelhor, sociologo della University of New Hampshire, ha studiato questi aspetti ed ha rilevato che coloro che presentano un tratto di personalità fortemente tendente ad identificarsi con i patterns ideativi ed emozionali del bambino, rivelano una generale carenza nell’educazione e un difetto di autostima. Gli uomini che rientrano in questa condizione di “congruenza emozionale” – come si è soliti chiamarla in psicologia – Finkelhor afferma che riferiscono spesso di sentirsi più stabili e sicuri quando hanno la possibilità di trascorrere la maggior parte della giornata con dei bambini e possono agire in tutto e per tutto come se fossero loro coetanei.

Se tutte le persone che manifestano orientamento e/o comportamento sessuale pedofilico sono comprese in una sola categoria, come si fa per scopi sociologici, allora sarà bene aver presente che si tratta di un insieme molto eterogeneo. Sono stati descritti molti casi di psicotici che manifestano attrazione sessuale per i bambini, ma ancora più numerosi sono gli affetti da disturbi caratterizzati da difettoso controllo degli impulsi e condotte un tempo definite psicopatiche (alcoolisti, tossicodipendenti, ecc.), e in molti altri casi si rileva un profondo grado di angoscia legato alla sfera sessuale, che sembra confermare la vecchia ipotesi della patogenesi psicologica del disturbo attribuita all’ansia che avrebbe compromesso il normale processo di sviluppo della sessualità psichica. 

 

[continua] 

 

La quarta parte sarà pubblicata dopo la pausa estiva. La curatrice della nota ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, autore della relazione qui sintetizzata e divisa in parti per i visitatori del sito.

 

Isabella Floriani

BM&L-Luglio 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: SINTESI DI UNA RELAZIONE DI AGGIORNAMENTO]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si veda in AA.VV. DSM-IV-TR Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Masson, Milano 2001.

[2] Peer Briken, Andreas Hill e Wolfgang Berner, Abnormal Attraction. Scientific American MIND 20 (3): 76-81, 2009.

[3] Solo di sesso maschile.

[4] Peer Briken, et al., op. Cit., p. 79.

[5] Da stati ansiosi e sindromi fobiche fino a disturbi post-traumatici da stress acuti e cronici. Gli abusi subiti nell’infanzia lasciano spesso uno strascico traumatico che ha un’importante base biologica nella modifica dell’espressione genica (si veda in proposito: Note e Notizie 18-04-09 Epigenetica degli abusi subiti nell’infanzia).

 

[6] Una corretta procedura di diagnostica medica implicherebbe uno studio analitico della persona, dagli esami citogenetici ed endocrinologici fino alle valutazioni sessuologiche e psicologiche. Il professor Perrella ha riferito di casi di sindrome di Klinefelter o mosaici a questa assimilabili rivelati dalla richiesta di una mappa cromosomica in pazienti con condotte pedofiliche ed omosessuali. Nella pratica, purtroppo, lo studio dei pedofili origina spesso da esigenze peritali in seno a procedimenti giudiziari di tipo penale.