SINDROME DI RETT: UNA FOSFORILAZIONE ALL’ORIGINE

 

 

Sebbene il medico austriaco Andreas Rett avesse descritto già nel 1966 il disturbo dello sviluppo neurocognitivo che porta il suo nome, solo alla pubblicazione di un secondo articolo, avvenuta diciassette anni dopo, nel 1983, si ebbe il riconoscimento da parte della comunità medica dell’esistenza di questa sindrome che colpisce pressoché esclusivamente le bambine. L’insorgenza dei sintomi, dopo un inizio di sviluppo normale, varia da una bambina all’altra, ma più spesso si verifica fra i 6 e i 18 mesi, e il primo sintomo -spesso trascurato- è l’ipotonia muscolare. L’evoluzione della malattia è generalmente descritta in quattro stadi e il suo inizio, generalmente subdolo, si annuncia spesso con una difficoltà di uso intenzionale delle mani che, poco a poco, diviene una vera e propria aprassia, mentre il rallentamento di sviluppo del cervello e della testa si possono rendere evidenti insieme con il ritardo mentale e delle abilità comunicative. Le difficoltà del passo, in un quadro più complessivo di alterazioni motorie, in taluni casi possono prevalere, mentre in altri casi la difficoltà di dirigere lo sguardo, di gestire i movimenti e gli atti di esecuzione linguistica, innescano circoli viziosi di deficit e distorsione dello sviluppo che si manifestano con sintomi di tipo autistico.

La sindrome di Rett e il suo modello murino, costituito da ceppi di topi che esprimono mutanti del gene Mecp2, presentano difetti dello sviluppo sinaptico, i cui processi di origine sono oggetto di intensi studi.

Attualmente si ritiene che la sindrome di Rett sia causata da mutazioni o duplicazioni del gene che codifica la methyl-CpG-binding protein 2 (MeCP2), che si lega al DNA metilato sopprimendo la trascrizione genica. Un lavoro di Zhaolan Zhou e colleghi, recentemente pubblicato su Neuron, fornisce nuovi elementi sulla regolazione della funzione di MeCP2 da parte di un’attività neuronica dipendente dall’esperienza (Zhou Z., et al., Brain-specific phosphorylation of MeCP2 regulates activity-dependent Bdnf transcription, dendritic growth and spine maturation. Neuron 52, 255-269, 2006).

In uno studio precedente, il gruppo di ricerca di Zhou aveva osservato che la depolarizzazione della membrana di neuroni corticali in coltura dava origine ad una forma di MeCP2 con un peso molecolare lievemente più alto; il motivo di tale caratteristica molecolare è stato ora identificato in una fosforilazione della serina 421 (S421) di MeCP2. Prove condotte su neuroni ippocampali in coltura hanno dimostrato che, sia la stimolazione con neurotrasmettitori, sia quella con neurotrofine, erano in grado di indurre la fosforilazione di S421.

Zhou e colleghi hanno allora condotto una serie di esperimenti veramente interessanti per valutare la natura ed il ruolo di questo processo.

Ad esempio, in un modello sperimentale di crisi convulsive, hanno studiato l’effetto dei chemoconvulsivanti, rilevando che la sincronizzazione dell’attività sinaptica indotta da queste molecole, innescava la fosforilazione di S421 di MeCP2 nei neuroni dell’ippocampo e degli strati corticali II-VI.

Hanno poi studiato l’effetto di uno stimolo fisiologico come l’esposizione alla luce. Nei neuroni del nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, cruciale nel controllo dei ritmi circadiani, la luce determinava la stessa fosforilazione prodotta dagli altri stimoli testati.

Questi risultati hanno indotto i ricercatori ad eseguire un’altra importante verifica sulla base di un dato ben noto, ossia che la proteina MeCP2 è espressa in quasi tutti i tessuti dei mammiferi, ma le conseguenze della mutazione del suo gene si manifestano esclusivamente nel sistema nervoso. Perciò Zhou e i suoi colleghi hanno cercato un collegamento fra questa caratteristica e la fosforilazione di S421: dopo aver esaminato una vasta gamma di tessuti senza mai rilevare questo processo, hanno concluso che la fosforilazione della S421 di MeCP2 si verifica solo nel tessuto nervoso.

Ma cosa fa MeCP2 quando è fosforilata?

A questa domanda i ricercatori hanno risposto con una serie di eleganti esperimenti, dai quali è apparso chiaro che la fosforilazione in corrispondenza di S421 regola la trascrizione dipendente dall’attività del gene Bdnf.

A questo punto, Zhou e collaboratori hanno cercato di identificare un legame fra la funzione di MeCP2  e lo sviluppo sinaptico.

Alti livelli di espressione di MeCP2 hanno prodotto una riduzione delle ramificazioni e delle spine dei dendriti, con un aspetto istologico -rilevato nelle colture di sezioni di ippocampo- che riproduceva il fenotipo dovuto a duplicazione del gene.

In conclusione si può rilevare che questo studio, la cui complessità ed eleganza non poteva essere resa in questa sintetica recensione, fornisce evidenze decisive circa il rilievo della fosforilazione dipendente dall’esperienza di MeCP2 per i normali processi di sviluppo e maturazione cerebrale. Su tale base si potranno ulteriormente indagare gli eventi molecolari che specificamente intervengono nello sviluppo della sindrome di Rett umana, magari cominciando col verificare se una mutazione puntiforme di S421 possa generare sintomi presenti in questa grave patologia dello sviluppo.

 

Le autrici della nota ringraziano Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond & Nicole Cardon

BM&L-Dicembre 2006

www.brainmindlife.org