RETROTRANSPOSONI
NELL’INDIVIDUALITA’ CEREBRALE
Muotri et al. (Somatic mosaicism in
neuronal precursor cells mediated by L1 retrotransposition. Nature 435, 890-891, 2005) hanno introdotto un transgene umano L1 ingegnerizzato in progenitori neuronici di ratto
in coltura e in topi transgenici. I transgeni creavano più copie di se stessi
in questi due sistemi e il DNA di L1 si inseriva nel genoma, interessando
l’espressione di vari geni dei neuroni.
Questi risultati
sono davvero sorprendenti alla luce delle conoscenze attuali. Vediamo perché.
LINE
1 o L1 è il nome che si dà agli unici
retrotransposoni attivi del genoma umano. E’ opinione scientifica condivisa che
il loro ruolo nel corso dell’evoluzione sia consistito nel modellamento del
genoma stesso. Si ritiene abbia valore in termini evoluzionistici la loro
capacità di “saltare” nelle cellule germinali in quanto, in
questo modo, accrescono la propria rappresentazione nelle generazioni
successive. L’attività degli L1 nelle cellule somatiche si ritiene sia controproducente perché in grado di danneggiare l’ospite
compromettendone -ad esempio- la riproduzione e, conseguentemente, facendone
cessare la propagazione.
Finora si è
ritenuto che gli L1 si inserissero nel genoma a caso, ossia senza alcuna
prevedibilità. In questa ricerca si è osservato, invece, che gli L1 preferivano
saltare nei geni ad essi più vicini e, in un caso, addirittura due volte nello
stesso gene.
Un altro elemento
molto suggestivo è rappresentato dalla capacità mostrata dalle nuove copie di
L1 di agire in maniera distruttiva sull’espressione genica e di influenzare la differenziazione dei neuroni.
Naturalmente è
molto difficile valutare l’importanza quantitativa e l’esatto significato di
questo processo nel corso dello sviluppo del cervello, tuttavia gli autori
propongono che abbia un ruolo nel determinare differenze individuali
nell’encefalo e, conseguentemente, nelle funzioni psichiche.
L’ipotesi è
affascinante anche se, allo stato delle conoscenze attuali, non potendo ancora
inquadrare il fenomeno con precisione nel piano dello sviluppo neurogenetico,
non conoscendo la frequenza con cui L1 “salta” nel genoma in condizioni
naturali e, ultima ma non meno rilevante questione, non potendo stabilire in
qual modo influenzi un livello tanto lontano, complesso e multideterminato come
l’attività cerebrale, ci appare ancora come una remota possibilità.
[Gli estensori di questa nota ringraziano per la
consulenza genetica Rosalba Ricci, allieva di Luigi Luca Cavalli-Sforza]