RESISTENZA ALLO STRESS: NUOVE SULLE BASI MOLECOLARI

 

 

I progressi compiuti negli ultimi anni nel campo degli effetti lesivi dello stress sul cervello sono davvero notevoli e, dalle prime misure mediante fMRI dell’entità della riduzione volumetrica dell’ippocampo e di altre aree cerebrali sensibili, alle più recenti definizioni dei meccanismi sistemici, cellulari e molecolari del danno, si è accumulata una notevole messe di dati che sta offrendo un ampio spettro di possibilità per nuove soluzioni terapeutiche e misure preventive. Al contrario, se si eccettuano i processi legati alla metilazione del DNA e la variazione di espressione di alcuni geni, si sa ancora poco delle basi biologiche che rendono alcuni individui più resistenti di altri agli stressors. Infatti, la resistenza agli effetti negativi dello stress[1] presenta notevoli variazioni individuali, le cui basi molecolari sono oggetto di intensi studi. Vialou e collaboratori del Fishberg Department of Neuroscience, Mount Sinai School of Medicine, New York, hanno definito una nuova tessera nel mosaico di conoscenze che poco a poco va emergendo: l’espressione del fattore di trascrizione ΔFosB e dei suoi geni bersaglio nel nucleo accumbens[2] promuove la resistenza allo stress e potrebbe avere un ruolo negli effetti terapeutici del trattamento cronico con antidepressivi (Vialou V., et al. ΔFosB in brain reward circuits mediates resilience to stress and antidepressant responses. Nature Neuroscience 13 (6), 745-752, 2010).

I ricercatori hanno identificato gli individui vulnerabili e quelli resistenti allo stress in una popolazione di topi adulti, misurando l’evitamento sociale dopo un’esperienza cronica di sconfitte sociali. I topi resistenti hanno fatto registrare i più alti incrementi di espressione della proteina ΔFosB nel nucleo accumbens. Il blocco dell’attività di ΔFosB, mediante l’espressione di un mutante dominante negativo del suo partner di legame JUND, ha reso vulnerabili allo stress i topi selezionati fra i resistenti, come ha inequivocabilmente mostrato l’aumento dell’evitamento sociale e lo sviluppo di comportamenti ordinariamente assimilati allo stato depressivo.

L’iperespressione di ΔFosB nel nucleo accumbens ha fornito una conferma dei risultati ottenuti con il blocco della sua attività, perché l’aumento del fattore di trascrizione nei neuroni di quest’area rendeva i roditori pressoché refrattari agli effetti negativi delle sconfitte sociali.

Come è noto, il trattamento con antidepressivi può eliminare negli animali vulnerabili le condotte di evitamento dopo esperienze di sconfitte sociali. Pertanto Vialou e colleghi hanno verificato se il loro mutante JUND-/- conservasse la risposta al farmaco: la sperimentazione ha dato esito negativo, indicando che l’effetto richiede l’attività di ΔFosB.

A questo punto della sperimentazione i ricercatori hanno cimentato i risultati ottenuti nel topo con la realtà umana, allo scopo di stabilire la rilevanza delle variazioni di espressione del fattore di trascrizione studiato, in condizioni fisiologiche e nella clinica dei disturbi depressivi.

In campioni post-mortem di tessuto cerebrale umano, Vialou e collaboratori hanno misurato i livelli di ΔFosB nel nucleo accumbens di pazienti deceduti in stato depressivo e in quello proveniente da persone che non avevano sofferto del disturbo.

Il livello del fattore di trascrizione è risultato di circa il 50% inferiore del normale nei neuroni provenienti da persone che in vita erano affette da depressione, confermando che i livelli del fattore possono mediare la suscettibilità al rischio depressivo e condizionare la risposta ai farmaci.

Uno dei geni regolati da ΔFosB codifica la subunità GluR2 del recettore AMPA del glutammato. I topi resistenti allo stress presentavano livelli più alti di GluR2 e un maggiore legame di ΔFosB al promotore di GluR2 nei neuroni del nucleo accumbens. Inoltre, l’iperespressione di GluR2 nei topi vulnerabili eliminava l’evitamento sociale.

Concludendo, i risultati di questo studio nel loro insieme chiariscono alcuni aspetti delle vie molecolari che conferiscono resistenza allo stress, suggerendo che la trasmissione glutammatergica mediata dai recettori AMPA nel nucleo accumbens svolge un ruolo chiave di regolazione dei processi che determinano il modo in cui sono elaborate le risposte. Gli studi che indagheranno gli altri geni-bersaglio di ΔFosB potranno fornire un quadro più completo dei processi molecolari e potranno anche suggerire nuovi possibili meccanismi d’azione antidepressiva.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

 

Diane Richmond

BM&L-Luglio 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 

 



[1] Si vedano su questo sito le numerose recensioni di lavori sulle basi della risposta ad eventi stressanti e sull’adattamento allo stress; le ultime due in ordine di tempo sono state pubblicate due settimane fa: Note e Notizie 19-06-10 Sistema cannabinoide essenziale per adattarsi allo stress; Note e Notizie 19-06-10 Rapporto fra CRF e 5-HT in ansia e depressione da stress.

[2] Ricordiamo che il nucleo accumbens è un’importante stazione del sistema a ricompensa mesocorticolimbico. I neuroni dopaminergici mesocorticolimbici che hanno sede nell’area tegmentale ventrale (VTA) del mesencefalo proiettano ad aree corticali e limbiche; il nucleo accumbens è una di queste ed è particolarmente importante per il rinforzo. Il nucleo accumbens fa da interfaccia fra le formazioni encefaliche importanti per la motivazione (aree limbiche e corticali) e i circuiti motori responsabili dell’esecuzione di comportamenti motivati. Per ulteriori elementi vedi il paragrafo “La rete del rinforzo” nel capitolo “Basi della dipendenza da sostanze psicotrope” in Giuseppe Perrella, Appunti di Neurochimica, BM&L-Italia, Firenze 2006.