IL PTSD DAI MODELLI ANIMALI ALLA RICERCA CLINICA  

 

 

I soci di BM&L-Italia hanno discusso i vari problemi emergenti dal rapporto fra i risultati della sperimentazione animale ed i dati della ricerca clinica sul Disturbo Post-traumatico da Stress (PTSD).

L’evidenza sperimentale di un danno cerebrale da stress è stata accolta per lungo tempo con dubbiosa prudenza da molti psichiatri, perché le dimostrazioni riguardavano specie animali filogeneticamente lontane dalla nostra ed in condizioni sperimentali difficilmente comparabili con la realtà umana. Ma gli studi su primati di Robert Sapolsky alla Stanford University hanno fornito un interessante modello per lo studio clinico.

Quando il maschio e la femmina di Cercopiteco (vervet monkeys) sono tenuti in gabbia insieme, le femmine attaccano i maschi fino a generare in loro uno stress tanto elevato da risultare frequentemente fatale. Sapolsky e i suoi collaboratori rilevarono nei maschi morti a seguito di questo stress estremo ipertrofia surrenalica, ulcere gastriche e danni all’ippocampo.

Studi successivi confermarono questi dati, evidenziando danni a dendriti, assoni, sinapsi, e morte cellulare con meccanismo molecolare glutammato-mediato, alterazione del potenziamento di lungo termine (LTP), riduzione del legame della serotonina ai recettori 5-HT1A, atrofia dell’area CA3 dell’ippocampo e riduzione delle neurotrofine, in particolare del BDNF.

Su questa base, nel 1995, il gruppo di Douglas Bremner sottopose ad indagine morfologica mediante risonanza magnetica nucleare un campione di veterani affetti da PTSD, dimostrando per la prima volta un danno da stress nel cervello umano: le dimensioni dell’ippocampo di destra risultavano ridotte dell’8%. Studi successivi confermarono il risultato in altri gruppi di pazienti: gli affetti da PTSD che avevano subito abusi sessuali durante l’infanzia presentavano una riduzione del 12% dell’ippocampo di sinistra.

Da allora sono stati condotti numerosi studi clinici che hanno mostrato un’atrofia dell’ipocampo specifica per la diagnosi di PTSD, correlata con sintomi dissociativi e disturbi della memoria come la persistenza di memorie pregresse a scapito delle attuali.

Questi dati mostrano una sostanziale coerenza fra la neuropatologia studiata negli animali, i rilievi morfologici e le manifestazioni sintomiche della sindrome. Tuttavia, l’esistenza di una notevole messe di dati contraddittori o di difficile interpretazione nella ricerca di base, cui fanno riscontro le irregolarità e le eccezioni cui si assiste in clinica, rappresenta, per le ricerche future, un problema affascinante dalla cui soluzione potrebbe dipendere una radicale revisione dei criteri nosografici attuali.

 

BM&L-Luglio 2005