I PRIONI PROTEGGONO LA MIELINA

 

 

Sono stati compiuti notevoli progressi nella conoscenza biochimica dei prioni[1] e nella definizione della responsabilità eziologica della forma trasmissibile (PrPSC) in varie malattie, ma lo studio per l’identificazione dei ruoli fisiologici della forma cellulare (PrPC) sono ancora agli inizi. Infatti, se ormai è bene stabilito che la presenza di PrPC è necessaria nel meccanismo che determina lo sviluppo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili[2], poco altro è noto sulle forme cellulari in assenza di malattia.

I topi mancanti di PrPC sono resistenti alle infezioni da prioni, ma spesso sviluppano neuropatie periferiche; prendendo le mosse da questa osservazione, Bremer e i suoi collaboratori dell’Istituto di Neuropatologia del Policlinico dell’Università di Zurigo (Svizzera), hanno condotto uno studio che ha dimostrato l’importanza dell’espressione neuronica di PrPC per il mantenimento dell’integrità della guaina mielinica intorno agli assoni dei nervi periferici (Bremer J., et al. Axonal prion protein is required for peripheral myelin maintenance. Nature Neuroscience 13 (3), 802-806, 2010).

I ricercatori hanno impiegato quattro diversi ceppi di topi mancanti della proteina cellulare (prnp-/-) per indagare un possibile ruolo nei nervi periferici. Il primo passo dello studio è consistito nell’esame delle strutture nervose periferiche dei roditori, che ha evidenziato lo sviluppo di una polineuropatia demielinizzante di tutti i nervi periferici entro la 60a settimana di vita. Il quadro istopatologico era caratterizzato da assottigliamento della guaina e da figure a “bulbo di cipolla” dovute a ripetuti processi di demielinizzazione e rimielinizzazione. Segni di neuropatia sono stati riscontrati anche negli esami condotti a 30 e 10 settimane di vita, perciò si può ritenere probabile che i processi patogenetici abbiano inizio subito dopo il completamento della mielinizzazione periferica.

Come si prevedeva, sono stati rilevati segni di degenerazione nelle strutture nervose centrali.

Bremer e colleghi hanno provato a ri-esprimere PrPC nelle cellule di Schwann e nei neuroni, ottenendo un risultato sorprendente: l’espressione del prione nelle cellule del rivestimento mielinico non era in grado di prevenire la polineuropatia, al contrario l’espressione nei neuroni si è mostrata efficace nell’impedire la degenerazione.

Dunque, se il danno demielinizzante non può essere impedito dalla presenza del prione nelle cellule di Schwann, si deve dedurre che per l’integrità della mielina è necessaria la specifica espressione neuronica del PrPC.

Il passo successivo è stato suggerito da una nozione biochimica che sembra avere rilievo funzionale: il PrPC può andare incontro a scissione proteolitica. Si è perciò valutata la possibilità che questo processo enzimatico abbia rilievo nel mantenimento delle condizioni fisiologiche del rivestimento periferico. A questo scopo, sono stati esaminati topi transgenici esprimenti un PrPC mancante del suo ancoraggio di membrana: in questi roditori la scissione enzimatica non era possibile e si rilevava una polineuropatia come nei ceppi privi di prione cellulare. E’ stato poi studiato il nervo sciatico di topi transgenici esprimenti una variante di PrPC mancante del dominio amino-prossimale: si è riscontrato il deficit di alcuni frammenti derivati dalla scissione con concomitante danno demielinizzante. Un quadro simile è stato rilevato anche in topi mancanti del “core” idrofobico dello stesso dominio.

Nel complesso, queste osservazioni indicano che la proteolisi fisiologica di PrPC è necessaria per il ruolo di protezione della mielina, perciò i meccanismi molecolari di questa funzione dovrebbero implicare l’azione dei frammenti proteolitici presenti negli assoni dei neuroni. Si può in particolare dedurre, con Bremer e colleghi, che il PrPC dei nervi periferici svolga il suo ruolo protettivo della guaina attraverso la comunicazione neuroni-mielina: i prodotti della scissione del prione potrebbero interagire con i recettori delle cellule di Schwann.

Nella vita di un animale, l’integrità dei nervi periferici si basa in larga misura sulla comunicazione che intercorre fra i neuriti e il loro rivestimento, cruciale nel dirigere la mielinizzazione e nel determinare la conservazione dello stato fisiologico nel tempo, mediante una segnalazione della quale si ignora ancora il meccanismo molecolare: i frammenti proteolitici del prione assonico potrebbero costituire una prima traccia per l’identificazione delle molecole e dei modi di tale processo.

Gli esiti di questa sperimentazione sembrano importanti, anche perché non concedono più credito a una nota prospettiva di trattamento delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, consistente nella parziale eliminazione di PrPC e giustificata - a nostro avviso ingenuamente o imprudentemente[3] - dal ruolo che ha la forma endogena nella replicazione di quella infettiva: ora c’è motivo di credere che una simile terapia avrebbe effetti catastrofici.

 

L’autrice della nota, ringraziando la dottoressa Floriani per la correzione della bozza, invita i visitatori del sito a scorrere l’elenco delle “NOTE E NOTIZIE” per leggere le numerose recensioni, anche recenti, di lavori di argomento connesso.

 

Nicole Cardon

BM&L-Marzo 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 



[1] Il prione, nella sua forma cellulare normale (PrPC), è una sialoglicoproteina della superficie cellulare ancorata alla membrana mediante glicosil-fosfatidil-inositolo (GPI), che è risultata sensibile al trattamento con proteasi e solubile nei detergenti.

[2] Ricordiamo che, secondo l’ipotesi attualmente più accreditata (protein-only hypothesis), le proteine prioniche infettive, ossia le isoforme anomale (PrPSC) diverse da quelle cellulari (PrPC) solo nella configurazione (modificazione post-traduzione), agiscono reclutando e trasformando le forme endogene nella propria isoforma, in tal modo realizzando innumerevoli repliche fedeli di se stesse. Ricordiamo, inoltre, che le malattie da prioni sono le uniche forme patologiche che si possono presentare come genetiche (mutazioni), infettive (trasmissione) e sporadiche (85% dei casi nell’uomo; si ipotizza per spontanea transizione da PrPC a  PrPSC, come raro evento stocastico).

[3] In varie sedi e in numerose occasioni di riflessione e dibattito abbiamo sostenuto - come opinione di “Brain, Mind & Life” - che fosse altamente improbabile che il PrPC non avesse alcuna funzione rilevante, tanto da poterlo eliminare senza causare gravi danni al sistema nervoso.