IL PREZZO DEL VINO E IL SUO EFFETTO SULLA MENTE

 

 

I vini di alta qualità, si pensi ad esempio al Brunello di Montalcino o a celebrati vini francesi, hanno un prezzo elevato che si ritiene in larga misura corrispondente al loro valore enologico e che viene pagato con ragione da coloro che sono in grado di gustare ed apprezzare le sfumature di gusto assenti nei prodotti della vite di bassa caratura. E’ noto, tuttavia, che come accade in generale per oggetti, ruoli e contesti ai quali sia stato attribuito un valore simbolico astratto, indipendente dal valore d’uso o da un valore biologico, anche per il vino accade che l’attribuzione di un prezzo eserciti un’influenza psicologica sulla valutazione, con un effetto massimo su chi non abbia altri strumenti di giudizio.

Una nuova ricerca sull’effetto del prezzo nella valutazione individuale del valore del vino, ha suscitato una discussione fra psicologi ed economisti, della quale riferisce Craig Nicholson su Nature Reviews Neuroscience (Craig Nicholson, Great Expectations. Nature Reviews Neuroscience 9 (3), 163, 2008).

Lo studio prevedeva che dei volontari assaggiassero vari tipi di vino, esprimendo il proprio giudizio e sottoponendosi all’esame dell’encefalo mediante fMRI (functional magnetic resonance imaging o risonanza magnetica funzionale). Due dei vini della gamma impiegata per l’esperimento, venivano presentati due volte con contrassegni di prezzo estremamente diversi. I partecipanti riferivano un maggiore gradimento dei vini (anche dello stesso vino) quando ritenevano che avessero un costo più elevato.

L’esame mediante fMRI rivelava che il maggior gradimento dei vini ai quali era stato attribuito un prezzo più alto, aveva un correlato neurofunzionale nell’attivazione di una parte dell’encefalo corrispondente alla corteccia orbito-frontale mediale.

A proposito di questo risultato Antonio Rangel, economista del California Institute of Technology, sostiene il ruolo esclusivo della suggestione legata al valore commerciale: “I soggetti credono che più è costoso un vino e maggiore è la probabilità che abbia un gusto migliore. Questa aspettativa finisce per influenzare la loro reale esperienza.” (ScienceNOW).

Martin Yeomans, psicologo sperimentale dell’Università del Sussex, invece, ritiene questa una delle componenti psicologiche che influenzano le valutazioni gustative, e non la considera la più importante: “L’aspettativa ha una grossa parte nell’apprezzamento del vino…[ma] può essere indotta da qualsiasi cosa si verifichi prima che il vino entri nella bocca – le caratteristiche, il prezzo, l’annata” (BBCnews).

Rangel ha insistito sulla specificità legata al valore simbolico associato al prezzo, ritenendo che un acquirente che tende ad acquistare marchi di prestigio o di lusso si sente soddisfatto per il fatto stesso di aver comprato merce con quel marchio; in altre parole la soddisfazione del possesso di quel valore simbolico influenza il suo giudizio, che si tratti di abiti, automobili, scarpe, profumo o vino: “Questi risultati gettano luce sugli effetti neurali del marketing” (Telegraph.co.uk).

Sorprendentemente, un’osservazione psicologica che tiene conto dell’influenza sul gusto dell’apprendimento cognitivo, è venuta da Oliver Johnson, CEO della UK-based Wine Society, che ha sostenuto, a proposito degli esperti di vino, la scarsa influenza del prezzo sui criteri che loro adoperano da anni e che li portano a riconoscere la presenza o l’assenza di reali elementi presenti nel vino e valutati con la vista, l’olfatto e il gusto. Alla BBC, Johnson ha dichiarato che gli esperti sanno bene quando si trovano di fronte ad una bottiglia alla quale è stato attribuito un prezzo eccessivo.

In proposito ci piace ricordare che un simile esperimento, senza l’ausilio di strumenti scientifici di controllo, era stato condotto circa un secolo fa da un gentiluomo proveniente da una nobile famiglia di origine fiorentina e senese, proprietario di una bottiglieria (così si definivano a quel tempo le enoteche) che poteva vantare i migliori vini italiani di quel tempo: offrendo lo stesso vino a due prezzi diversi, aveva invariabilmente un maggiore apprezzamento per l’assaggio al costo maggiore e la richiesta di forniture di quel tipo; il gentiluomo puntualmente rivelava che si trattava dello stesso vino, ma l’assaggiatore acquirente, nella massima parte dei casi, difendeva la propria scelta ed insisteva per l’acquisto al costo maggiore, spesso sostenendo di aver rilevato, da esperto, una differenza che forse era sfuggita al “meno esercitato” interlocutore. Talvolta, alcuni adombravano il sospetto che il nobile dicesse trattarsi dello stesso vino, perché di quello meno buono a minor costo ne aveva molto e di quello migliore ne aveva così poco da volerlo tenere per sé.

Questo atteggiamento, in una prospettiva psicoanalitica, trovava giustificazione in un meccanismo quale il diniego (rifiuto inconscio di una realtà del mondo esterno) a protezione della propria autostima minacciata dal riconoscimento di un errore di valutazione. Oggi possiamo aggiungere un elemento in più a sostegno di un nostro atteggiamento indulgente nei confronti di costoro: la suggestione data dal prezzo maggiore attiva strutture cerebrali, come la corteccia orbito-frontale mediale, che aggiungono componenti qualitative alla sensazione gustativa. In altre parole, la base biologica di una variante dell’effetto placebo.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Aprile 2008

www.brainmindlife.org