IL NOBEL PER LA MATEMATICA SI CHIAMA PREMIO ABEL

 

 

 E’ vero che la fondamentale importanza della matematica in molte branche delle neuroscienze ci rende più attenti e sensibili della media a quanto accade nel campo della regina della logica e del pensiero simbolico, tuttavia siamo rimasti stupiti nel constatare che, nella maggior parte degli ambienti culturali italiani che abbiamo modo di frequentare, il massimo premio per le scienze matematiche è ancora del tutto sconosciuto.

Nel 2002 l’Accademia Norvegese delle Scienze e delle Lettere ha istituito l’Abel Prize per la matematica in memoria del giovane e geniale studioso norvegese morto a soli ventisette anni nel 1829, Niels Henrick Abel, in occasione del bicentenario della sua nascita.

Se il premio è stato istituito solo di recente, la storia di un riconoscimento mondiale in questo campo risale alla fine dell’800, quando il matematico norvegese Sophus Lie avanzò ufficialmente la proposta. La storica istanza è stata fatta propria dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Oslo che ha elaborato un progetto modellato sui premi istituiti sulla volontà testamentaria di Alfred Nobel. L’ammontare del premio corrisponde a circa 750.000 euro.

L’Abel Prize, conferito annualmente dal 2003, è stato assegnato quest’anno a Peter D. Lax del Courant Institute of Mathematical Sciences della New York University, per il suo straordinario contributo alla teoria e alle applicazioni delle equazioni differenziali parziali ed al calcolo delle loro soluzioni, come si legge nella motivazione. Gli studi di Lax, fin dagli anni ’50 e ’60, hanno gettato le basi per la moderna teoria dei sistemi iperbolici non lineari. Ma i contributi teorici di questo studioso, in varie branche della matematica e della fisica, sono davvero svariati e molteplici, per rendersene conto basta ricordare il numero degli eponimi contraddistinti dal suo cognome: coppie di Lax, teorema dell’equivalenza di Lax, teorema di Lax-Milgram, condizione entropica di Lax, schema di Lax-Friederichs, schema di Lax-Wendroff, teoria di Lax-Levermore.

Lo scorso anno il riconoscimento è andato a Isadore M. Singer del MIT e Sir Michael Francis Atiyah dell’Università di Edimburgo, per la formulazione e la dimostrazione del teorema dell’indice. Il lavoro originario risale agli anni Sessanta e, da allora, si parla di “teorema dell’indice di Atiyah-Singer”. E’ interessante sapere, anche solo superficialmente, in cosa consista.

Per studiare un fenomeno naturale spesso si ricorre alla costruzione di un modello matematico delle sue caratteristiche essenziali impiegando delle funzioni che descrivono il variare nel tempo di alcune grandezze definite in una zona di spazio. Il modello utilizza queste funzioni per costruire un sistema di equazioni differenziali; la soluzione del sistema permette di ricavare le funzioni incognite. Atiyah e Singer hanno dimostrato come stabilire in modo semplice se il sistema ha delle soluzioni e, in caso affermativo, quante sono. Il numero di soluzioni indipendenti di un sistema viene chiamato “indice analitico”. L’aspetto straordinario di questo teorema consiste nel fatto che l’indice analitico risulta identico ad una quantità che dipende solo dalla forma della regione dello spazio in cui si verifica il fenomeno, cui si dà il nome di “indice topologico”.

Nel 2003 del Premio Abel era stato insignito Jean-Pierre Serre.

Questi riconoscimenti conferiti per risultati ottenuti quasi mezzo secolo fa, ci rendono conto del grande numero di “arretrati” cui deve fare fronte un premio di così recente istituzione. Si spera che, saldato il doveroso debito con il nobile passato, si giunga presto a premiare brillanti matematici dei nostri giorni, non ancora diventati modello inarrivabile ed ipostatica icona di se stessi, così da stimolare collaboratori ed allievi, magari aiutandoli a sentirsi incamminati sulla via di una emulazione possibile.

I grandi premi internazionali sono un potente veicolo di informazione che, se sapientemente sfruttato, potrebbe incentivare la passione e l’impegno scientifico di intere generazioni, determinando effetti benefici diretti ed indiretti. Le classi dirigenti di ogni paese dovrebbero capire che promuovere, coltivare, premiare l’impegno nello studio di ogni campo del sapere migliora le società, non solo per le applicazioni che ne possono derivare, ma anche perché l’amore per la pura conoscenza ci porta ad alzare lo sguardo verso un orizzonte di senso assoluto e, distogliendoci dalle miserie e dalle meschinità del quotidiano, ci rende inconsapevolmente ma profondamente migliori.

 

Diane Richmond & Giuseppe Perrella

BM&L-Ottobre 2005

www.brainmindlife.org