IL POLPO COME MODELLO
DI CONTROLLO MOTORIO
Polpi “veraci” presi dalle acque della baia di Napoli e
posti in contenitori con acqua marina artificiale nei laboratori della Stazione
Zoologica Dohrn, nell’incantevole cornice della Villa che costeggia il mare,
sono stati impiegati da Graziano Fiorito per studiare con Sumbre, Flash e
Hochner (Sumbre e coll. The octopus borrows a
jointed-vertebrate strategy to transfer an item between points. Nature 433, 595, brief
commun., Feb 10, 2005) una strategia
adottata nel movimento dei tentacoli.
Octopus vulgaris,
comunemente detto “polpo”, è un mollusco marino provvisto di otto lunghi tentacoli
muniti di due file di ventose; distinto da quello più piccolo (Eledone moscata),
noto in molte regioni italiane con il nome toscano di “moscardino”, e caratterizzato
dall’odore di muschio e da una sola fila di ventose. Octopus vulgaris a Napoli
e in tutto il basso Tirreno è chiamato “purpo verace”, dove il moscardino è
detto “muscariello”, “purpo musco” o “sinisco”.
Il polpo è un animale molto interessante per gli studi
neurobiologici, in quanto è l’unico invertebrato con abilità di apprendimento
simili a quelle dei vertebrati, pertanto molti studiosi, fra cui gli autori di
questo lavoro, lo impiegano come cavia per lo studio dei meccanismi alla base
della capacità di registrare, conservare, modulare e riutilizzare le
esperienze. Le somiglianze sono giustificate in base alla teoria dei “processi
evoluzionistici convergenti”, secondo cui forze selettive identiche, agendo su
specie molto distanti in termini evolutivi, producano soluzioni omologhe,
seppur diverse, agli stessi problemi.
In questa ottica è molto interessante lo studio del
movimento.
Da tempo lo studio del movimento umano (Bernstein, 1967) è
concepito sulla base di configurazioni. Secondo questa impostazione (Kelso e Tuller, 1984) la
genesi degli atti finalizzati non è semplice e diretta conseguenza degli schemi
di innervazione e dei vincoli articolari, ma origina da spettri di configurazioni,
progressivamente sviluppate ed evolute nel rispetto dei vincoli bio-meccanici e
del mondo fisico.
Queste configurazioni, selezionate dall’efficacia dell’azione rispetto allo
scopo, contribuirebbero a limitare il grado di libertà del singolo segmento di
movimento che contribuisce al gesto, in un’ottica di armonica efficacia
finalistica. Questi patterns del
sistema nervoso centrale avrebbero degli antecedenti nell’evoluzione.
In questa chiave, studiare il movimento che compie un
tentacolo flessibile per spostare qualcosa fra due punti, e paragonarlo
all’omologo gesto di un arto di un vertebrato, può essere estremamente
istruttivo.
Nella ricerca citata si dimostra che il polpo impiega una
strategia in tutto simile a quella dei vertebrati: il tentacolo viene
transitoriamente atteggiato a struttura rigida, e mosso come se fosse provvisto
di articolazioni, ossia di giunture in punti precisi. In tal modo la memoria
della specie esclude i movimenti possibili ma inefficaci, preludendo a quella
ottimizzazione stabile data dai limiti delle escursioni dei capi articolari che
si ha nei vertebrati. Il vantaggio evolutivo della precisione dei movimenti
garantita da uno scheletro articolato ha in questo lavoro un’ulteriore ed
eloquente riprova.
BM&L-Febbraio 2005