UN NUOVO ELEMENTO NELLA PATOGENESI DELL’ALZHEIMER

 

 

Nella complessa patogenesi della malattia di Alzheimer, Zhao e i suoi collaboratori hanno identificato una nuova componente che potrebbe divenire bersaglio di un’azione farmacologica volta a ridurre il deficit cognitivo (Role of p21-activated kinase pathway defects in the cognitive deficits of Alzheimer disease. Nature Neuroscience 9,  234-242, 2006).

Una perdita di attività della via delle chinasi p21-attivate (PAK) è stata rilevata nel cervello di pazienti affetti da malattia di Alzheimer ed è stata messa in relazione con eventi patogenetici noti quali il deficit di spine dendritiche alla base della riduzione di attività dei circuiti che garantiscono l’efficienza di strumentalità cognitive.

Le PAK sono dei regolatori del citoscheletro actinico che, nelle cellule nervose,   svolgono un ruolo importante nei processi di morfogenesi delle spine dendritiche. E’ noto che la mutazione di Pak3 causa nel topo un ritardo mentale aspecifico legato al cromosoma X, e che le alterazioni delle PAK inducono difetti delle spine dendritiche con conseguente deficit cognitivo.

La segnalazione PAK inattiva la cofilina -la quale destabilizza le interazioni fra le subunità actiniche- inducendone il distacco dall’actina. Questo consente alla drebrina di legarsi all’actina e regolarla nelle spine dendritiche. Mancando l’inattivazione della cofilina, nei neuroni si formano delle inclusioni caratteristiche della malattia di Alzheimer.

Il gruppo di ricerca di Zhao ha dimostrato che i livelli di PAK solubile sono significativamente ridotti nei pazienti alzheimeriani e che le PAK fosforilate si ridistribuiscono in ammassi granulari e fibrillari, suggerendo un legame fra la perdita dell’attività delle PAK e 1) l’aggregazione di cofilina, 2) la perdita di drebrina e 3) i difetti sinaptici descritti nella malattia di Alzheimer. Questi stessi elementi sono stati osservati anche in un modello sperimentale della malattia, un topo transgenico che produce alti livelli di peptide ß-amiloide.

Infine, nel topo adulto sano, l’inibizione farmacologica delle PAK riproduce molti elementi caratteristici della fisiopatologia della malattia di Alzheimer.

Se questi dati saranno confermati, la sperimentazione terapeutica potrà considerare le PAK e i loro effettori come potenziali bersagli di molecole da testare per lo sviluppo di una terapia di questa terribile malattia neurodegenerativa.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Marzo 2006

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