PASSATO E FUTURO CONDIVIDONO PROCESSI CEREBRALI

 

 

Lo studio mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) degli eventi biologici sottostanti l’elaborazione mentale del passato inteso come ricordo e del futuro inteso come possibilità, apre nuovi ed affascinanti orizzonti alla comprensione del rapporto esistente fra fisiologia cerebrale ed esperienza umana. Allo stesso tempo, però, ci ripropone il problema dell’interpretazione dei risultati, che si può sinteticamente riportare a due ambiti distinti: metodi interpretativi e quadro teorico di riferimento.

Se i metodi interpretativi si basano in larga misura sulla ratio di impiego della tecnica stessa (visualizzazione di variazioni di attività cerebrali in condizioni-test), il quadro teorico di riferimento pone problemi di non facile soluzione quando non si tratti semplicemente di riferire il dato biologico ad una teoria neuroscientifica (ad esempio, l’attivazione del locus coeruleus spiega l’esistenza di uno stato di angoscia, perché questo centro può innescare il circuito della paura in assenza di un evento esterno che la provochi), ma quando ad attività di diverse aree del cervello vogliamo far corrispondere contenuti concettuali astratti come la concezione del passato e del futuro.

E’ proprio il quadro teorico di riferimento degli autori di un lavoro recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences USA ad indurci qualche perplessità (Szpunar KK, Watson JM, Mc Dermott KB, Neural substrates of envisioning the future. PNAS USA 104, 642-647, 2007).

Possiamo chiamare “futuro” un processo di immaginazione in cui il cervello gioca sulla possibilità come se fosse attualità, pur sapendo che così non è, ma si tratta di una finzione?

E’ corretto chiamare “passato” la rievocazione di un ricordo, se ne studiamo il processo che nel presente lo sta elaborando?

Queste domande, poste dal nostro presidente in precedenti occasioni, ben si attagliano alla discussione del pur valido lavoro che proponiamo qui di seguito in estrema sintesi.

Ricercatori della Washington University di St. Louis hanno studiato mediante risonanza magnetica funzionale 21 volontari (12 donne e 9 uomini) di età compresa fra i 18 e i 32 anni (età media: 22,52), sottoponendoli a prove in cui dovevano, partendo da un evento-guida (ad esempio la festa di compleanno), immaginarsi protagonisti di un evento futuro, ricordare un evento passato o figurarsi una persona familiare come protagonista di un evento.

In pratica, l’obiettivo era quello di studiare le basi neurologiche del passato e del futuro inducendo i soggetti a richiamare alla mente eventi trascorsi (passato) ed immaginare se stessi in una circostanza, come essere ad un party con Bill Clinton (futuro). Per inciso, gli autori fanno notare che la scelta dell’ex-presidente degli USA è stata motivata dai risultati ottenuti con prove pregresse (pre-test) in cui i volontari mostravano una particolare facilità nell’immaginarlo in vari contesti.

Con questa impostazione delle prove, si sono ottenuti due patterns di risposta:

 

1)            un set di otto regioni più attivo nel concepire il futuro (corteccia premotoria laterale sinistra, precuneo sinistro, cervelletto posteriore destro, ecc. …);

 

2)            un set di quindici regioni attive sia nel ricordare il passato, sia nel concepire il futuro (giro del cingolo posteriore di entrambi i lati, giro paraippocampale di entrambi i lati, corteccia occipitale sinistra, ecc. …).

 

Lasciamo al lettore una personale riflessione ed interpretazione, suggerendo che si può abbandonare il paradigma passato/futuro e leggere i risultati come un confronto fra processi di immaginazione ricostruttiva e processi di immaginazione creativa.

In una tale prospettiva, si può facilmente spiegare l’interessamento di un maggior numero di aree in un’attività mentale come il recupero di ricordi che implica più vincoli, corrispondenti a frammenti di memoria custoditi in tante aree diverse, come accade per le memorie percettive. Si spiega anche il minor numero di aree attive nell’immaginarsi in situazioni nuove, perché l’immaginazione creativa è principalmente basata sulla libera ed ampia attività di pochi moduli di working memory.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Marzo 2007

www.brainmindlife.org