PARKINSON: A2AR NUOVI BERSAGLI PER LA TERAPIA DELLA LID

 

 

Nonostante la grande mole di studi ed alcuni risultati incoraggianti, da circa un decennio la terapia cellulare della malattia di Parkinson rimane una promessa, e il trattamento farmacologico che agisce sulla genesi dei sintomi, introdotto circa mezzo secolo fa, è ancora in tutto il mondo il principale presidio di cura.

Un problema ancora insoluto, nella farmacoterapia del Parkinson, è il possibile sviluppo di discinesia indotta da L-DOPA (LID, da “L-DOPA induced dyskinesia”). E’ noto che i farmaci attualmente impiegati per questa grave patologia neurodegenerativa, non sono in grado di influenzarne il decorso, tuttavia la loro efficacia nell’abolire o ridurre i sintomi, consente a molti ammalati di condurre per anni una vita pressoché normale. Per questo motivo, l’obiettivo di eliminare un tale effetto collaterale rimane di primaria importanza.

Gli anticolinergici, storicamente la prima classe di farmaci impiegata nella terapia delle sindromi parkinsoniane, cui si fa ancora ricorso per la loro efficacia contro il tremore, furono ridotti ad un ruolo marginale dagli anni Sessanta, con l’introduzione della terapia sostitutiva con la L-DOPA, molecola in grado di attraversare la barriera emato-encefalica per essere decarbossilata a dopamina nei neuroni encefalici, bilanciando il difetto di questo neurotrasmettitore dovuto alla degenerazione dei neuroni dopaminergici nigro-striatali.

L’associazione dei bloccanti della DOPA-decarbossilasi periferica (carbidopa o benserazide) ha ridotto gli effetti collaterali della L-DOPA e ne ha ottimizzato l’efficacia nell’eliminazione dei sintomi. 

A questa associazione (L-DOPA + inibitori della decarbossilasi) si sono aggiunte molecole come il tolcapone e l’entacapone, bloccanti della catecol-O-metil-trasferasi (COMT), un altro enzima del metabolismo della levodopa. Anche questi composti, come quelli agenti sulle decarbossilasi, non attraversano la barriera emato-encefalica e sono dunque attivi alla periferia, determinando un aumento intraneuronico della dopamina.

Il tolcapone, però, a causa della sua tossicità epatica, è stato quasi del tutto abbandonato.

Attualmente la principale alternativa alla L-DOPA è costituita da varie classi di agonisti dei recettori dopaminergici, nessuna delle quali è sprovvista di effetti collaterali indesiderati. Sebbene gli agonisti recettoriali presentino una lieve azione neuroprotettiva ed una più lunga emivita, che ha portato a consigliarne l’impiego come farmaci di scelta nelle prime fasi della malattia, il vaglio clinico ha rivelato una scarsa efficacia in un numero non irrilevante di casi. Inoltre, gli agonisti recettoriali, oltre a poter dare gli stessi effetti indesiderati della terapia sostitutiva convenzionale (nausea, allucinazioni e discinesia) causano talvolta episodi di sedazione acuta durante il giorno, con improvvise ed irresistibili crisi narcolettiche.

Per tali ragioni la L-DOPA rimane il principale caposaldo della terapia sintomatica della malattia di Parkinson, e la LID un problema non eludibile.

Una ricerca condotta da Xiao e collaboratori, consente di sperare in nuove possibilità per la terapia della LID (Xiao D. et al. Forebrain adenosine A2A receptors contribute to L-3,4-dihydroxyphenylalanine-induced dyskynesia in hemiparkinsonian mice. J. Neurosci 26, 13548-13555, 2006).

Nei pazienti in cui la discinesia conseguente al trattamento con L-DOPA si è già sviluppata, gli antagonisti dei recettori dell’adenosina A2A (A2AR) si sono rivelati efficaci nel ridurne le manifestazioni. I ricercatori hanno studiato gli effetti di tali antagonisti in un modello murino di malattia di Parkinson.

E’ risultato evidente che gli antagonisti degli A2AR erano in grado di inibire lo sviluppo dei sintomi di LID, e i topi mancanti degli A2AR nei neuroni del proencefalo, presentavano sintomi discinetici molto attenuati.

Nel suo complesso, la sperimentazione condotta dal gruppo di Xiao, offre prove convincenti che il sistema di segnalazione legato ai recettori dell’adenosina A2A contribuisce alla genesi della LID, ed indica questi recettori come possibili siti d’azione di nuovi farmaci contro un effetto collaterale a volte tanto marcato da inficiare gli effetti benefici del trattamento. 

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Febbraio 2007

www.brainmindlife.org