NUTRIZIONE E RISPOSTA IMMUNE ALL’ESERCIZIO FISICO

 

 

L’esercizio muscolare intenso e protratto, lo sforzo atletico in cicli di competizioni impegnative e ravvicinate, e, infine, l’allenamento o la terapia fisica in condizioni di psicopatologia acuta o cronica da stress, sono caratterizzati da patterns neuroendocrini in grado di determinare depressione della risposta immunitaria. Ritenendo l’attivazione di tali patterns una diretta conseguenza dell’alterazione di parametri biochimici suscettibili di correzione mediante misure dietetiche, sono state studiate strategie nutrizionali volte a compensare squilibri, difetti e carenze ritenuti responsabili degli esiti immunologici indesiderati. Gli studi più recenti non hanno tuttavia confermato la validità di molte delle misure che sono state proposte ed adottate in questi ultimi anni.

Al secondo incontro del gruppo di studio di BM&L sulla psiconeuroimmunologia dell’esercizio motorio (Per una sintesi degli argomenti trattati al primo incontro si veda: Note e Notizie 03-03-07 Esercizio fisico e risposte del sistema immunitario), è stata presentata una revisione della letteratura scientifica più recente circa il ruolo dell’apporto nutrizionale sugli effetti immunosoppressivi dell’esercizio eccessivo o in condizione di stress. Qui di seguito se ne riporta una sintesi.

Nella risposta ai microrganismi patogeni è intuitiva l’importanza dell’apporto di nutrienti per la divisione cellulare e la produzione di anticorpi e citochine. Vari micronutrienti sono richiesti per l’optimum funzionale di molti enzimi delle cellule immunitarie, e sono stati definiti ruoli d’importanza critica per lo zinco, il ferro, il rame, il selenio, le vitamine liposolubili A ed E, e le idrosolubili B6 e C (David C. Nieman, Exercise and Immunity: Clinical Studies. In Robert Ader (editor) Psychoneuroimmunology, Vol. I, 668-670, Academic Press 2007).

Lo sviluppo di strategie nutrizionali per far fronte alla ridotta efficienza immunitaria è stato dettato soprattutto dall’aumentato rischio di infezioni negli atleti sottoposti ad allenamenti defatiganti o agli effetti dello stress di competizioni con alta pressione psicologica ed elevata intensità delle gare. In questi casi gli atleti, non potendo ridurre il carico di lavoro o sottrarsi agli appuntamenti agonistici, sono particolarmente favorevoli all’assunzione di farmaci o integratori nutrizionali che siano in grado di far fronte all’infiammazione, alle alterazioni immunitarie e allo squilibrio da stress.

Una lunga lista di composti ed oligoelementi è stata sottoposta al vaglio sperimentale per accertarne gli effetti sul sistema immunitario e, specificamente, sulla risposta all’aggressione da parte di microrganismi patogeni; fra i più studiati vi sono gli steroli vegetali, lo zinco, i lipidi alimentari, una serie di composti antiossidanti quali L’N-acetilcisteina, il β-carotene, l’idrossianisolo butilato, il γ-lattone dell’acido 2-chetogulonico (acido L-ascorbico o vitamina C), i tocoferoli (vitamina E) e, infine, la glutammina e i carboidrati. Rimandando al testo completo della relazione per una rassegna esaustiva degli studi più importanti, qui di seguito si riportano le conclusioni che attualmente si possono trarre dalle ricerche su antiossidanti, glutammina e carboidrati.

 

ANTIOSSIDANTI. L’esercizio che implica sforzo molto intenso e protratto, accresce la genesi di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno (ROS) mediante varie vie, fra cui la fosforilazione ossidativa e l’aumento di catecolamine, del metabolismo prostanoide, della xantino-ossidasi e della NAD(P)H ossidasi (Urso e Clarkson, 2003). Neutrofili e macrofagi migrano nel sito del danno indotto dalla contrazione muscolare, infiltrano il tessuto muscolare, attivano il rilascio di citochine e producono una quota supplementare di ROS. La maggior parte delle ROS prodotte è neutralizzata da un efficiente sistema di difesa antiossidativa costituito da enzimi e composti non-enzimatici che includono il glutatione, l’ubichinone, i flavonoidi e le vitamine A, C ed E. Quando lo sforzo eccessivo crea uno squilibrio fra ROS e sistema antiossidante, si determina uno stress ossidativo che causa perossidazione lipidica, ossidazione proteica ed alterazioni immunologiche.

Si è valutato se i supplementi di antiossidanti sono in grado di attenuare le alterazioni dei parametri immunologici indotte dall’esercizio e ridurre il rischio di infezioni.

Numerosi studi in doppio cieco contro placebo, condotti sugli ultramaratoneti sudafricani dimostravano che supplementi di vitamina C (600 mg/die per tre settimane) riducevano l’incidenza dei sintomi di affezioni delle prime vie aeree (URTI), ma l’effetto era limitato al solo acido ascorbico e non si otteneva con il β-carotene o con la vitamina E (Peters e Bateman 1983, Peters 1990, Peters et al., 1993, 1996; Peters-Futre, 1997).

Sebbene questi studi si ritengano ormai classici, i loro risultati non sono stati replicati da altri gruppi di ricerca indipendenti e con livello di competenza e rigore almeno pari a quello del gruppo di Peters. Basti pensare che già nel 1998 Himmelstein e collaboratori, assegnando 44 maratoneti e 48 soggetti sedentari casualmente ad un gruppo trattato con un grammo di vitamina C al giorno o al gruppo trattato con un placebo, per una complessiva durata di due mesi, non rilevarono alcuna differenza nell’incidenza di URTI. Più recentemente si è cercato di identificare effetti immunomodulatori dei supplementi di vitamina C somministrati a volontari sottoposti ad esercizio defatigante, ma la sperimentazione non ha portato alcun frutto (Nieman et al., 2000, 2002).

Una trattazione a parte meriterebbe la ricerca incentrata sugli effetti della vitamina E, sia per le sue complesse interazioni con interleuchine e varie altre classi di composti, sia per gli esiti contrari alle attese dei ricercatori e talora francamente paradossali. Rimandando anche in questo caso al testo della relazione per una rassegna dettagliata, riportiamo i dati di uno studio autorevole condotto su atleti al Campionato del Mondo di Triathlon (Nieman et al., 2004).

Due mesi di trattamento degli atleti con un supplemento di vitamina E (800 IU/die di α-tocoferolo) non producevano effetti sull’incremento delle citochine, né modificazioni apprezzabili di altri dati di misura dell’attività immunitaria e dello stress ossidativo. Al contrario, dopo il triathlon, gli atleti che avevano assunto vitamina E, rispetto al gruppo di controllo, presentavano una maggiore perossidazione lipidica e livelli plasmatici più alti di varie citochine. Infine, a dispetto di un quadro pro-ossidativo e pro-infiammatorio indotto dalla vitamina E, le prestazioni nelle gare non differivano da quelle degli atleti che avevano assunto un placebo (Nieman et al., 2004).

In conclusione, allo stato attuale delle conoscenze non si può raccomandare l’uso della vitamina E contro gli effetti immunosoppressivi ed ossidativi dell’eccessivo carico di lavoro ed impegno muscolare e psiconeuromotorio (David C. Nieman, p. 670, op. Cit., 2007).  

 

GLUTAMMINA. La glutamina o glutammina è un aminoacido non essenziale sintetizzato dal muscolo scheletrico e da numerosi altri tessuti, ed ha attratto l’attenzione dei ricercatori per vari motivi. La glutamina è, infatti, l’aminoacido più abbondante del nostro corpo, con funzioni di carburante per monociti e linfociti, e diretto effetto sul tasso di proliferazione in vitro di questi ultimi.

Sebbene nessuna ricerca abbia ancora prodotto risultati definitivi che consentano di attribuire od escludere un ruolo immunomodulatorio a supplementi di glutammina in atleti sottoposti ad estrema fatica, le maggiori evidenze portano per il momento ad escluderne un’efficacia come farmaco anti-immunosoppressione.

 

CARBOIDRATI. Allo stato attuale delle conoscenze i carboidrati appaiono come l’unica classe di composti in grado di determinare effetti sul sistema immunitario assimilabili ad azioni di contrasto dell’immunosoppressione.

Un ventennio di ricerche ha prodotto risultati concordanti sui rapporti fra glucosio ematico, ormoni dello stress e risposta immunitaria, fornendo un utile riferimento per studiare gli effetti di supplementi di carboidrati nella dieta. Una riduzione dei livelli di glucosio ematico sotto una determinata soglia, si associa ad attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con accresciuto rilascio di ACTH e cortisolo, con aumento dei livelli plasmatici di ormone della crescita (GH o STH) e di adrenalina (Murray et al., 1991).

In vari studi condotti su corridori e ciclisti, l’ingestione di bevande a base di carboidrati ha avuto un ruolo ben documentato nell’attenuare i cambiamenti nell’immunità che si avevano quando gli atleti andavano incontro a stress fisiologico e a svuotamento dei depositi di carboidrati in risposta ad esercizio di elevata intensità (~75-80% VO2max) che durasse più di 90 minuti (Nehlsen-Cannarella et al., 1997; Nieman et al., 1997, 1998, 2003).

Si è rilevato che l’apporto zuccherino di una tipica bevanda sportiva, assunta nella dose di un litro all’ora e comparata all’assunzione di placebo, determina la riduzione dei cambiamenti nella conta delle cellule ematiche della serie bianca e riduce tanto le citochine pro-infiammatorie, quanto quelle anti-infiammatorie (David C. Nieman, p. 669, op. Cit., 2007).

In molti casi l’esercizio intenso e protratto riduce la produzione di IgA salivari e l’attività delle cellule NK e T; questi parametri non sono regolarizzati dall’assunzione di supplementi di carboidrati.

Molti studi concordano nell’indicare che, durante un esercizio fisico molto intenso di durata ≥ 90 minuti, l’assunzione di carboidrati può mitigare alcuni effetti del conseguente stress immunitario.

Concludiamo citando il risultato di una ricerca condotta pochi anni fa per rispondere ad un quesito davvero stimolante: l’uso di carboidrati per prevenire lo squilibrio endocrino-immunitario durante gli allenamenti di atleti come i maratoneti, può avere effetti positivi a distanza? La risposta sembra essere affermativa. Si è rilevato, infatti, in maratoneti che avevano affrontato lo sforzo di una competizione con l’aiuto di bevande contenenti carboidrati, un minor rischio di ammalarsi dopo la gara, associato a cambiamenti nelle IgA salivari (Nieman et al., 2002; David C. Nieman, p. 669, op. Cit., 2007).

 

Per l’indicazione completa delle referenze bibliografiche citate nel testo scrivere a soci@brainmindlife.org.   Gli autori ringraziano Isabella Floriani per aver riassunto in questa nota la loro relazione.

 

Diane Richmond & Giuseppe Perrella

BM&L-Marzo 2007

www.brainmindlife.org