I NUOVI NEURONI SONO SALVATI DALL’APPRENDIMENTO

 

 

(TERZA PARTE)

 

 

Tutto quanto fin qui discusso si è basato su studi condotti negli animali, in particolare ratti e topi, e per quanto vi sia una notevole somiglianza funzionale fra uomo e roditori nella biologia dei processi cerebrali di base, non si possono automaticamente estendere i risultati alla nostra specie, soprattutto in considerazione del fatto che l’apprendimento umano ha un’architettura cellulare e molecolare notevolmente più complessa. La sperimentazione umana è ancora preclusa per limiti tecnici che non consentono di realizzare esperimenti eticamente accettabili, tuttavia possiamo già disporre di evidenze che sembrano confermare quanto osservato nei roditori: le persone sottoposte a trattamento antitumorale mediante chemioterapia antiblastica hanno spesso difficoltà nell’apprendere e ricordare cose recenti. Questi farmaci bloccano la divisione cellulare necessaria alla genesi di nuove cellule, comprese quelle ippocampali, perciò riprodurrebbero una condizione simile a quella artificialmente indotta nei ratti trattati con MAM (Tracey J. Shors, Saving New Brain Cells. Scientific American 300 (3), 40-48, 2009).

Il disturbo cognitivo, come quello riscontrato negli animali, sembra essere lieve, consentendo a questi pazienti un normale svolgimento delle azioni della vita quotidiana e non precludendo la vita sociale e la maggior parte delle attività lavorative. Alcuni, però, incontrano particolari difficoltà in compiti che richiedono un esteso impegno della working memory, come quelli che comportano la sospensione in memoria di alcuni dati mentre si opera su altri, o che prevedano la contemporanea gestione di più processi. Altri lamentano un’incapacità di ricordare che, spesso, non si riferisce alla rievocazione di memorie di lungo termine, ma alla fissazione e al riutilizzo di quanto registrato nel corso di una stessa giornata o anche in un arco di tempo di alcune ore. I clinici statunitensi definiscono questa sindrome “chemobrain” e ne conoscono la reversibilità con la cessazione degli effetti dei farmaci.

Per mettere a punto una sperimentazione in grado di valutare l’incidenza della neurogenesi ippocampale sulle funzioni cognitive umane, sarà necessario sviluppare metodi non invasivi per riconoscere e rilevare i nuovi neuroni nel cervello in vivo, e impiegare modalità non nocive e rapidamente reversibili per impedire la maturazione cellulare durante i processi di apprendimento. I metodi di rilievo delle cellule neonate sono in corso di realizzazione, ma per modalità innocue di arresto della maturazione delle cellule bisognerà attendere ancora.

Intanto, continua a crescere la mole notevole di dati empirici e rapporti descrittivi che attestano gli effetti positivi dell’esercizio cognitivo nelle malattie neurodegenerative. Si è comunemente ritenuto, così come nel danno da causa vascolare o traumatica, che l’allenamento cui si sottopongono i circuiti vitali possa svolgere una funzione di supplenza o di compenso delle funzioni delle cellule perdute, ma oggi si prende in considerazione anche il ruolo della neurogenesi. Ad esempio, nella malattia di Alzheimer la progressiva perdita della memoria e della capacità di apprendere si attribuisce prevalentemente alla degenerazione dei neuroni ippocampali. In questi pazienti è conservato il processo di genesi di nuove cellule nervose, ma sembra che una parte consistente non raggiunga la piena maturità. Si è supposto che alcuni dei meccanismi patogenetici della malattia inficino anche la neurogenesi e la maturazione, ma non si può escludere che il danno diffuso, soprattutto della corteccia, impedisca l’attuazione di quei processi mentali che, impegnando a fondo i nuovi neuroni del giro dentato, ne determinano la sopravvivenza. Per chiarire questi dubbi, molto probabilmente si dovrà attendere fino a quando si potrà disporre di modalità innocue per la verifica in vivo nel cervello umano. Quando si avrà tale possibilità, si dovrà tener presente che la riabilitazione cognitiva assistita da computer (CACR), portata in Italia da Luciano Lugeschi, fornisce un bacino straordinariamente ampio di persone che, in quanto ottengono spesso un notevole recupero funzionale attraverso un esercizio mentale molto impegnativo, potrebbero aiutarci a capire quanto del successo terapeutico sia dovuto all’aumento di sopravvivenza dei neuroni neoprodotti.

 

Le note di recensione che trattano argomenti collegati alla neurogenesi sono numerose e interessanti: si invitano i visitatori a leggerle, cercandole nell’elenco delle nostre “Note e Notizie”. La bozza di questo testo è stata resa in buon italiano dalla dottoressa Isabella Floriani.

 

Nicole Cardon

BM&L-Aprile 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]