I NUOVI NEURONI SONO SALVATI DALL’APPRENDIMENTO

 

 

(SECONDA PARTE)

 

 

Le evidenze sperimentali e le interpretazioni appena proposte, tratteggiano un quadro di questo genere: migliaia di nuove cellule ogni giorno nascono ed entrano nel novero potenziale dei neuroni ippocampali, formano connessioni sinaptiche specifiche e, se sono impegnate da una stimolazione cognitiva intensa durante il periodo sensibile (fra il 7° e il 10° giorno di vita cellulare), sopravvivono, altrimenti vanno incontro a morte. Ciò vuol dire che il loro apporto all’apprendimento che si verifica in tempo reale, è praticamente nullo. Se si pensa che una parte notevole della vita di un animale nel suo ambiente è costituita da una miriade di microapprendimenti che avvengono in tempi brevissimi[1], si può ritenere che la cosiddetta funzione psichica di base attuale non si avvalga dell’apporto di neuroni che possono specializzarsi per l’occorrenza solo sette giorni dopo la loro nascita.

Qual è, dunque, il ruolo dei nuovi neuroni ippocampali nell’apprendimento?[2]

Per cercare di stabilire un profilo del ruolo fisiologico dei neuroni neoprodotti in rapporto al compito ed al tempo, queste cellule sono state eliminate nei ratti, studiando le conseguenze della loro assenza. A questo scopo, gli animali sono stati trattati per varie settimane con un farmaco chiamato MAM, che è in grado di bloccare la divisione cellulare, e successivamente sono stati sottoposti a classi di apprendimento di prove standard. Le prestazioni dei ratti trattati con MAM sono state poi confrontate con quelle dei roditori di controllo.

In alcune prove di apprendimento dipendenti dall’ippocampo (es.: Morris water maze), gli animali privi dell’ausilio della neurogenesi hanno fatto registrare buoni risultati. I ratti trattati con MAM hanno anche dimostrato di apprendere velocemente ed efficientemente le associazioni emotive: il condizionamento contestuale della paura, che richiede l’intervento dell’ippocampo, è stato da loro appreso come dai ratti normali.

Questo genere di esperimenti sembrava aver dimostrato che gli animali privati di una parte consistente delle nuove cellule nervose ippocampali, conserva una normale capacità di apprendimento; tuttavia, la prosecuzione della sperimentazione ha evidenziato i limiti di questi roditori.

I ratti trattati con MAM da Tracey Shors e i suoi collaboratori, avevano notevoli difficoltà ad apprendere compiti solo un po’ più complessi; in particolare, non riuscivano ad imparare l’anticipazione dello stimolo in una prova classica di condizionamento dell’ammiccamento (500 millisecond trace eyeblink conditioning task). La Shors ha rilevato che le prove prive di un particolare sforzo non costituivano un problema per gli animali trattati in modo da invalidarne la neurogenesi cerebrale, ma quando era richiesta una sorta di “operazione cognitiva” le povere bestiole apparivano del tutto incapaci. Ad esempio, i roditori avevano problemi nel rendersi conto che un suono precedeva sempre di 500 millisecondi uno stimolo erogato sulla loro palpebra  (Tracey J. Shors, Saving New Brain Cells. Scientific American 300 (3), 40-49, 2009).

Questi esiti sperimentali hanno indotto i ricercatori della Rutgers University a ritenere che l’importanza delle cellule generate quotidianamente nell’ippocampo adulto è ristretta ad una particolare categoria di apprendimenti accomunati, a quanto pare, dalla necessità di un intervento cognitivo attivo[3].

Se esaminiamo questi risultati in un quadro biologico più generale, possiamo facilmente spiegarli in una chiave evoluzionistica. In un animale, la cosiddetta funzione psichica di base attuale ha un ruolo fondamentale, in quanto sintetizza processi cognitivi di tipo attentivo-percettivo con risposte emozionali (fight or flight), in relazione allo stato interno (neurovegetativo, neuroendocrino, ecc.) ed alle condizioni ambientali (presenza o assenza di cibo, partner sessuale, pericoli, ecc.). Dall’efficace sintesi adattativa di tutti gli automatismi di base, operata da questa funzione, dipende la vita stessa dell’animale, perciò appare altamente improbabile che la gestione di apprendimenti basati solo su queste risposte automatiche semplici, possa fondarsi su nuove cellule e non su reti consolidate in milioni di anni di evoluzione. E’ dunque plausibile che le abilità più semplici, messe alla prova negli esperimenti precedentemente citati, non richiedano l’intervento dei neuroblasti del giro dentato.

 

[continua]

 

Le note di recensione che trattano argomenti collegati alla neurogenesi sono numerose e interessanti: si invitano i visitatori a leggerle, cercandole nell’elenco delle nostre “Note e Notizie”. La bozza di questo testo è stata resa in buon italiano dalla dottoressa Isabella Floriani.

 

Nicole Cardon

BM&L-Aprile 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

 

 

 



[1] Da frazioni di secondo a pochi secondi.

[2] Naturalmente la domanda è da intendersi nel contesto qui delineato; per quanto riguarda un’accezione più generale, si rinvia alla già citata nota: Note e Notizie 21-02-09 Come i nuovi neuroni influenzano la codifica della memoria.

[3] L’espressione “intervento cognitivo attivo”, come la precedente,  “operazione cognitiva”, sono dell’autrice della nota, la Shors ed altri ricercatori si limitano a parlare di “cognitive effort”.