DUE NUOVE POSSIBILITA’ PER LA TERAPIA DELL’ICTUS

 

 

La patogenesi e la fisiopatologia del danno da ictus cerebrale sono caratterizzate da una molteplicità di eventi e processi, molti dei quali sono stati considerati potenziali obiettivi dell’azione farmacologica nella sperimentazione terapeutica.

Lo spettro delle possibilità per la ricerca sembra essere esteso almeno quanto quello dei problemi che fino ad oggi hanno limitato l’impiego clinico di molecole risultate efficaci negli esperimenti condotti su animali o in vitro, per questo, nonostante la vasta mole di lavoro, i progressi compiuti negli ultimi anni sono risultati davvero minimi. Non sembra, però, infondato nutrire speranze per il prossimo futuro alla luce dei dati emergenti in numerose ricerche.

A seguito di un’ostruzione o di una rottura di un’arteria cerebrale, nell’area centrale del dominio del vaso si sviluppa la necrosi, mentre nell’area periferica immediatamente circostante -la cosiddetta penombra- si innescano meccanismi citotossici in grado di determinare morte cellulare in tempi più lunghi. Fra gli eventi caratteristici di questi processi tossici, l’accresciuta concentrazione intracellulare di Ca2+ e quella delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) costituiscono un frequente bersaglio nella sperimentazione mirata allo sviluppo di nuove terapie.

Jiang e colleghi hanno impiegato la Triapina, un agente chelante i metalli noto anche come PAN-811, per rimuovere il Ca2+ intracellulare (A multifunctional cytoprotective agent that reduces neurodegeneration after ischemia. Proc. Natl Acad. Sci. USA 103, 1581-1586, 2006).

La Triapina (PAN-811) è anche in grado di agire da spazzino delle ROS, pertanto sembra candidata a svolgere un ruolo protettivo per i neuroni, sia nei confronti dell’eccesso di calcio, sia delle specie reattive dell’ossigeno.

Gli effetti del PAN-811  sono stati valutati in modelli artificiali di ictus indotto nei ratti mediante l’occlusione dell’arteria cerebrale media: la somministrazione del composto a un’ora dall’occlusione del vaso, riduceva il volume dell’infarto del 59%.

La Triapina, da un punto di vista farmacotossico e farmacodinamico (azione, sede dell’azione e meccanismo d’azione del farmaco), presenta un profilo decisamente favorevole per l’impiego terapeutico nel range efficace a scopo neuroprotettivo.

A seguito di un episodio cerebrovascolare acuto, la neurotossicità che si sviluppa è dovuta a molteplici fattori, uno dei quali è l’attivazione della cascata enzimatica che include la ciclo-ossigenasi 2 o COX2. Si ritiene che trattamenti di lungo termine con inibitori della COX2 accrescano il rischio di complicanze cardiovascolari, per questo il gruppo di ricerca condotto da Kawano ha deciso di studiare le molecole neurotossiche a valle di COX2 allo scopo di circoscrivere maggiormente la causa del danno e sviluppare, eventualmente, farmaci più mirati e scevri degli effetti indesiderati cardio-vascolari (Prostaglandin E2 EP1 receptors: downstream effectors of COX-2 neurotoxicity. Nature Medicine 12, 1-5, 2006).

Kawano e colleghi hanno identificato in questa cascata enzimatica il recettore EP1 per la prostaglandina E2 . Nel topo la somministrazione del composto SC51089, inibitore del recettore EP1, sei ore dopo l’occlusione dell’arteria cerebrale media, era in grado di ridurre sensibilmente l’area del danno da ischemia.

Gli autori, perciò, propongono il recettore EP1 come bersaglio alternativo a COX2 nella terapia dell’ictus.

 

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella e Giovanni Rossi con i quali ha discusso gli sviluppi della ricerca nel campo della terapia dell’ictus ed ha scelto i due lavori recensiti; ringrazia inoltre Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Maggio 2006

www.brainmindlife.org