AUGURI DI BUON NATALE E BUON ANNO NUOVO

 

 

Le nostre “Note e Notizie” settimanali, come di consueto, andranno in vacanza nel periodo natalizio e ritorneranno sabato 12 gennaio 2008.

Ho ricevuto dal presidente l’incarico di formulare gli auguri a nome della nostra società scientifica a tutti i visitatori del sito, possibilmente -mi ha detto- andando oltre le formule rituali d’occasione e rivolgendo loro una tua riflessione. La brevità della comunicazione, bruscamente interrotta dalle pressanti richieste di intervento e consulenza sul da farsi più incombente, non gli ha consentito di specificare meglio il suo pensiero e, per questo, pur essendo un’attempata docente universitaria, mi ritrovo a fissare lo schermo del computer con lo stesso stato d’animo che avevo da bambina di fronte al foglio bianco di un compito in classe, nell’attesa che fosse dettata la traccia.

In questo caso la traccia dovrò darmela da sola, ed allora la circoscriverò all’evento della nascita, che mi sembra abbia attinenza sia col Natale, sia col valore simbolico dell’inizio convenzionale di un tratto temporale della nostra vita, al quale diamo il nome di “anno nuovo”.

La mia breve riflessione non può non ricalcare quanto ho sentito di recente al Seminario Permanente sull’Arte del Vivere su questo argomento, perché è rimasto, nella mia mente, in attesa di un ritorno nella coscienza; infatti coglierò quest’occasione per proporvi dei concetti che sento appartenermi, ma non ho potuto approfondire, e nei confronti dei quali sono nel debito di chi abbia dovuto, suo malgrado, trascurare il più gradito degli ospiti.  

Nel prototipo antropologico naturale, la nascita è preceduta da un’attesa, segnata da un dolore e compiuta dalla manifestazione della presenza di un nuovo essere. Il nato non è altro che la materializzazione di un desiderio che, nel realizzarsi, diventa altro da chi lo ha concepito, perché è soggetto a sua volta. Nella nascita sono insiti, dunque, il dramma del dolore, nascosto dalla gioia, e l’enigma dell’individualità spostato nell’alterità.

Sono due nodi di senso irriducibili al biologico, che a nostro avviso possono essere una traccia che la natura ci indica per trovare il filo del senso che lega il piacere alla sofferenza e l’Io all’Altro.

Eppure, siamo immersi in un mezzo-ambiente fatto di molte parole ed immagini e pochi generatori di senso ed interpreti di significato; un medium, che chiamerò modernità, che ha sostituito l’usare al comprendere, il consumare al conoscere e, così facendo, ha svuotato di senso la radice antropologica più preziosa, quella che, conferendo senso comune ai legami umani, creava ragione attraverso i sentimenti.

La modernità rifiuta il dolore -quel dolore che tanto si studia e del quale tanto si scrive e si dibatte nella nostra società scientifica- e in questo rifiuto c’è un risentimento: un’avversione autorizzata dalla delegittimazione del dolore stesso, quale oggetto fuori posto, buio arcaico o mostro anacronistico. La modernità vuole usare la scienza come riparatrice del male che viene dalla natura; non la interroga, non ne vuole conoscere le ragioni, non vuol sapere del sudore che costa capire il dolore, vuole soltanto liberarsene. Ma per far cosa, se non sa della vita e del vivere?

Allo stesso modo, il medium nega individualità ed alterità, indebolendo sempre più il valore della responsabilità. La maggioranza deviante, che mercifica tutto ed è sempre stanca nel suo oziare e sempre ansiosa nel suo affaccendarsi senza un progetto, per rendersi oggetto fra gli oggetti dileggia la ragione, deride il senso, riduce ogni fatto ad opinione ed ogni convinzione a convenienza: così oggettività e soggettività sono entrambe ridotte ad un cumulo di frantumi che possono mescolarsi e confondersi. E’ facile per la modernità perdere il senso dell’umano che ha contraddistinto tutte le grandi civiltà, se non esistono più soggetti della virtù, ma solo persone che da molto tempo si sono liberate dell’ingombro della dignità, del decoro e dell’onore. La modernità rifiuta l’uomo, lo sostituisce con i suoi ruoli sociali e lo riduce alle forme della sua apparenza.

Se tu che leggi non vuoi appartenere al magma indistinto di questa modernità, che non ha nulla di moderno e tutto di quei periodi, ricorrenti nella storia, di degrado regressivo che precede la barbarie, allora, come noi, ricomincia dalla nascita, dalla forza della gioia che nasconde il dolore e dal desiderio che, realizzandosi, può sorriderti.

Buon Natale e Buon Anno!

 

Monica Lanfredini

BM&L-Dicembre 2007/Gennaio 2008

www.brainmindlife.org