LA SINERGIA MU-DELTA INTERESSA IL TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO

 

 

Gli analgesici oppioidi[1] hanno una straordinaria efficacia che si manifesta alle dosi terapeutiche con un potente effetto lenitivo del dolore dovuto all’attivazione dei recettori oppioidi μ. Ma il loro impiego clinico, soprattutto nel trattamento del dolore cronico, è notevolmente limitato dall’induzione di due effetti collaterali indesiderati ossia l’abitudine[2] e la dipendenza[3]; per superare questo ostacolo mediante un trattamento associato, si studiano i meccanismi molecolari all’origine di tali effetti negativi. Zhang e Pan del Department of Anesthesiology and Pain Medicine, The University of Texas MD Anderson Cancer Center, Houston (Texas), descrivono una sinergia funzionale fra i recettori oppioidi μ e δ in condizioni di cronica esposizione agli oppioidi, e propongono la modulazione di tale sinergia allo scopo di prevenire gli effetti indesiderati, migliorando la gestione del dolore (Zhang Z. & Pan Z. Z. Synaptic mechanism for functional synergism between δ- and μ-opioid receptors. Journal of Neuroscience 30, 4735-4745, 2010).

La somministrazione acuta di oppioidi attiva i recettori μ con la conseguente attivazione della via della fosfolipasi A2 (PLA2) e l’inibizione della trasmissione inibitoria GABA-ergica. La risultante disinibizione di neuroni inibenti il dolore produce effetti anti-nocicettivi. In altri termini, la successione di eventi rimuove il blocco all’inibizione del dolore.

 Oltre a mediare questa attività analgesica, i recettori oppioidi μ sono noti per la mediazione degli effetti indesiderati derivanti dalla somministrazione cronica degli oppiati. A conferma di quanto emerso in precedenti studi, i ricercatori hanno riscontrato che la prolungata esposizione alla morfina aumenta il traffico dei μ, normalmente espressi in bassissima quota sulle membrane plasmatiche, così che la deltorfina (μ-agonista specifico) può inibire le correnti inibitorie post-sinaptiche GABA-indotte nelle vie centrali del dolore.

Per studiare i mediatori a valle degli effetti μ-dipendenti, i due ricercatori hanno impiegato sezioni troncoencefaliche di ratto contenenti il nucleo del rafe magno, un’importante area per la regolazione dell’analgesia nelle vie della sensibilità dolorifica. In questi preparati hanno somministrato contemporaneamente deltorfina e AACOCF3 (inibitore selettivo di PLA2): gli effetti inibitori della deltorfina sulle correnti post-sinaptiche GABA-indotte nelle sezioni cronicamente esposte a morfina, erano solo parzialmente bloccate da AACOCF3. Poiché l’esposizione cronica agli oppioidi causa una upregulation della via di segnalazione della PKA, Zhang e Pan hanno somministrato il composto H39, inibitore della PKA, insieme con l’inibitore della PLA2, ottenendo la completa abolizione degli effetti della deltorfina.

E’ poi risultato che la risposta all’agonista μ-specifico DAMGO in seguito ad esposizione cronica alla morfina, dipendeva egualmente da queste due vie: una condizione diversa da quella della somministrazione acuta, che presenta una segnalazione μ esclusivamente dipendente da PLA2.

Per accertare l’eventuale interazione fra μ e δ, deltorfina e DAMGO sono stati somministrati contemporaneamente in sezioni troncoencefaliche di ratti lungamente esposti alla morfina. La potenza della miscela nell’inibire le correnti post-sinaptiche inibitorie GABA-indotte si è rivelata maggiore di quella degli agonisti presi singolarmente, suggerendo che gli effetti mediati da δ non si sommano semplicemente a quelli mediati da μ, ma realizzano un sinergismo con potenziamento o moltiplicativo.

Gli esiti di questa sperimentazione indicano che un’azione farmacologica mediata dai recettori δ potrebbe essere un mezzo per affrontare i problemi di abitudine e dipendenza derivati dalla somministrazione cronica di analgesici agenti sui recettori μ. Poiché altri studi hanno dimostrato che i δ-agonisti sono sprovvisti degli effetti di rinforzo e sedativi dei μ-agonisti, si può dire che è stata individuata una nuova classe di farmaci candidati ad aggiungersi all’armamentario terapeutico con il quale si affronta la difficile sfida della cura del dolore cronico.

 

L’autrice della nota invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono su questo sito.

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Giugno 2010

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 



[1] I termini oppioidi, oppiacei ed oppiati si considerano sinonimi ed indicano i composti chimicamente correlati alla morfina (da Morfeo, dio del sonno), il primo alcaloide analgesico isolato dal farmacista tedesco Friedrich Sertüner nel 1803 dal Papaver somniferum dal quale si ricava un succo denominato opion nell’antica Grecia.

[2] Per abitudine si intende uno stato del sistema che determina la necessità di aumentare la dose per conservare l’effetto.

[3] Per dipendenza si intende uno stato psichico cronico caratterizzato da un desiderio compulsivo di assunzione della sostanza, avvertito dal soggetto come un bisogno, e dallo sviluppo della sindrome da astinenza qualora si cessi bruscamente l’assunzione. Seguendo la classica distinzione - oggi abbandonata da molti per deficit di sostegno sperimentale - fra dipendenza fisica (necessità dell’assunzione per il normale svolgimento di processi molecolari e funzioni fisiologiche dell’organismo, con sviluppo di sindrome da astinenza in caso di brusca interruzione) e dipendenza psichica (caratterizzata essenzialmente dal piacere nell’assunzione e, in caso di sospensione, da dispiacere con tensione, irritabilità ed altri sintomi minori, ma mai da sindrome da astinenza), si ricorda che la somministrazione protratta di analgesici oppiacei è in grado di provocare entrambi i tipi.