MEMORIA ESPLICITA E MEMORIA IMPLICITA: GLI ELEMENTI COMUNI

 

 

Se non vi è dubbio che a Daniel Schacter di Harvard si devono i meriti maggiori dell’affermarsi, ben al di là del campo della neuropsicologia, della distinzione fra memoria implicita ed esplicita, gli studiosi che hanno contribuito al progresso delle conoscenze in questo ambito sono così numerosi, che l’elenco dei loro nomi occuperebbe uno spazio maggiore di quello dell’intera nota. Molti fra costoro hanno sviluppato ipotesi, teorie e modelli della memoria umana, in gran parte fondati sui fenomeni dissociativi che dimostrano l’indipendenza fra queste due forme di conservazione e riutilizzo di ciò che si è acquisito.

La base neurale della distinzione fra i due tipi di memoria è stata, ed è tuttora, oggetto di studi estesi ed intensi, al contrario, gli elementi comuni sono stati trascurati. Solo pochi studi sono stati dedicati, ad esempio, al tentativo di rispondere all’affascinante interrogativo circa l’esistenza di un substrato neurale identico per il processo di codifica dell’informazione.

Un tentativo degno di nota, per dare risposta a questo interrogativo, è stato compiuto da Nicholas Turk-Browne, Do-Joon Yi e Marvin Chun, con una ricerca che ha impiegato procedure classiche di neuropsicologia sperimentale e la risonanza magnetica funzionale (FMR o fMRI) per lo studio dei correlati neurali. Per una riflessione approfondita e critica di questo studio si rimanda alla lettura del lavoro originale pubblicato lo scorso 16 marzo (Linking Implicit and Explicit Memory: Common Encoding Factors and Shared Representations. Neuron 49, 917-927, 2006).

 

In sintesi, i risultati depongono a favore delle seguenti conclusioni:

 

- memoria implicita ed esplicita sono soggette agli stessi fattori di codificazione,

- memoria implicita ed esplicita si basano su processi percettivi simili,

- memoria implicita ed esplicita si basano su rappresentazioni simili.

 

Chi scrive nutre notevoli perplessità circa l’oggetto di dimostrazione ed il metodo impiegato, rilevando, ad esempio, che i criteri di distinzione neuropsicologica fra le due forme di memoria non corrispondono a due precisi patterns di attivazione noti e chiaramente identificabili mediante un metodo di imaging funzionale, perciò risulta aleatorio su questa base definire, per converso, elementi condivisi. Pertanto, si ritiene che sia necessaria ancora molta ricerca per dare risposta a tanti quesiti più elementari sulla neurofisiologia dei sistemi implicati in questi processi mnemonici, perché si abbia una base di conoscenza più ampia e solida, prima di intraprendere studi tanto ambiziosi.

 

L’autrice ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

 Diane Richmond

BM&L-Marzo 2006

www.brainmindlife.org