Scoperto il meccanismo del CRF nella drug addiction e nello stress

 

 

Da molto tempo la semeiotica psichiatrica considera lo stress un fattore in grado di accentuare i comportamenti compulsivi, sia quelli prevalentemente determinati dalle caratteristiche di personalità, sia quelli strettamente legati all’assunzione di molecole in grado di determinare l’insorgere del bisogno sempre crescente di ottenere la ripetizione degli effetti, comunemente indicate in maniera impropria con il termine “droga” (vedi “farmaco” nella rubrica ALFABETA). Se è noto da tempo che il Corticotropin releasing factor (CRF) ha un ruolo fondamentale nello stress, attivando l’asse ACTH-Glucocorticoidi ed agendo direttamente su neuroni del Sistema Nervoso Centrale (SNC), è relativamente recente l’acquisizione della nozione di un ruolo svolto dal CRF nel comportamento compulsivo del tossicodipendente. Un recente lavoro (Mark A. Ungless e coll. Corticotropin-Releasing Factor Requires CRF Binding Protein to Potentiate NMDA Receptors via CRF Receptor 2 in Dopamine Neurons, Neuron 39, 401-407, 2003) definendo per la prima volta il meccanismo molecolare mediante il quale il CRF modula l’attività dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale, ci propone un substrato fisiologico comune per lo stress e la compulsione legata all’assunzione di sostanze psicotrope.

Il CRF è un peptide di 41 aminoacidi presente nei neuroni ipotalamici che attivano l’ACTH ipofisario, in altre cellule del SNC come neuromediatore e in sedi extraipotalamiche in qualità di mediatore di risposte comportamentali allo stress. Il CRF periferico, cosiddetto libero, può legarsi a una proteina (BP) che sembra inattivarlo creando un complesso CRF-BP. Nel SNC si riscontrano alti livelli di CRF-BP, ma il suo ruolo fisiologico non è chiaro.

Il meccanismo d’azione a livello cellulare del CRF si esplica mediante il legame con due recettori, CRF-R1 e CRF-R2, presenti in gran numero sulla membrana dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale, che mediano le risposte acute e croniche ai farmaci che inducono compulsione. Il gruppo di Mark Ungless ha dimostrato che l’azione del CRF si esplica inducendo un potenziamento della trasmissione sinaptica mediata dai recettori NMDA, attraverso il legame con R2. Ed hanno rilevato che la BP è necessaria per produrre questo effetto.

Questa scoperta del meccanismo molecolare con cui il CRF agisce sugli NMDA dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale è anche la dimostrazione di un meccanismo comune nella complessa e distinta fisiopatologia dello stress e dell’abuso di sostanze psicotrope che inducono abitudine e dipendenza. 

 

BM&L-Ottobre 2003