IL COMPORTAMENTO MATERNO E’ REGOLATO DALLA VASOPRESSINA

 

 

Negli anni recenti, la ricerca sul ruolo dei neuropeptidi nella regolazione del comportamento sociale dei mammiferi, ha compiuto passi da gigante. Nei decenni precedenti il lavoro in questo campo sembrava procedere producendo più domande che risposte, ma negli ultimi tempi la tendenza si è invertita e, poco a poco, sta emergendo un interessante abbozzo della fisiologia dei peptidi cerebrali nel controllo di attività, azioni e atteggiamenti che caratterizzano le relazioni fra individui di specie animali filogeneticamente non lontane dalla nostra. Alcune fra le maggiori rassegne, propongono una sorta di dicotomia fra vasopressina ed ossitocina: la prima importante nel maschio e la seconda nella femmina. Il motivo è da ricercarsi nel numero di lavori che, seguendo le tracce dei primi risultati significativi, sono stati focalizzati sul comportamento paterno e sul legame di coppia per la vasopressina (arginine-vasopressin o AVP), e sul comportamento materno per l’ossitocina (oxytocin o OXT).

Bosch e Neumann del Department of Behavioural Neuroendocrinology, Institute of Zoology, University of Regensburg (Germania), superano questa schematica ripartizione dimostrando, per la prima volta, che l’AVP è anche un importante regolatore del comportamento materno (Bosch O. J. & Neumann I. D., Brain vasopressin is an important regulator of maternal behavior independent of dam’s trait anxiety. Proc. Natl Acad. Sci. USA 105, 17139-17144, 2008).

Ricordiamo che la vasopressina è il primo neuropeptide ad essere stato identificato, e inizialmente è stata studiata la sua funzione di ormone secreto dai terminali nervosi della neuroipofisi, che la immette in circolo perché agisca determinando contrazione dei vasi sanguigni e ritenzione idrica al livello renale. E’ un nonapeptide che origina nei neuroni magnocellulari dell’ipotalamo, i cui assoni giungono nel lobo nervoso dell’ipofisi. Sette dei nove aminoacidi che compongono la sua sequenza sono comuni con l’ossitocina e si ritiene che i due peptidi siano il prodotto di una duplicazione genica (v. Giuseppe Perrella, Lezioni di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006). Solo in anni recenti è stato studiato il suo ruolo nelle basi molecolari di vari comportamenti che implicano l’interazione fra individui della stessa specie, ma la messe di dati che dimostra un’importanza superiore a quella di altri trasmettitori è tale che attualmente la AVP è considerata il più potente regolatore del comportamento sociale dei mammiferi.

I due ricercatori di Regensburg hanno valutato, nel ratto, gli effetti della manipolazione dei sistemi ossitocinici e vasopressinici su specifici aspetti del comportamento materno, incluso l’accudimento della prole con la schiena inarcata e il tempo trascorso in diretto contatto con i piccoli.

E’ risultato che la ripetuta iniezione intra-cerebro-ventricolare di antagonisti del recettore della vasopressina AVP-V1a (AVPR) o di antagonisti del recettore ossitocinico (OXTR), riduceva la frequenza dell’accudimento con la schiena curva; al contrario, la cronica infusione di AVP l’aumentava, e questo effetto non si aveva con l’OXT.

Per cercare di identificare il sito di azione che determina gli effetti della AVP, Bosch e Neumann hanno concentrato l’attenzione sull’area preottica mediale dell’ipotalamo, notoriamente importante nella regolazione del comportamento materno. Infatti, il livello dei recettori per la vasopressina, era notevolmente più alto nell’area preottica mediale dell’ipotalamo delle femmine di ratto in fase di lattazione, rispetto alle giovani vergini. I ricercatori hanno, allora, provato a ridurre i livelli dei recettori della vasopressina nei neuroni ipotalamici, impiegando oligonucleotidi antisenso AVPR. L’esito è stato una riduzione della frequenza di accudimento con la schiena curva e del tempo dedicato alla prole. Nell’esperimento opposto, consistente nell’aumentare i recettori della vasopressina nei neuroni della stessa area mediante un vettore adenovirale AVPR, si registrava l’aumento dell’accudimento a schiena inarcata.

Bosch e Neumann hanno poi confrontato le cure materne in due linee di ratti: una con un alto grado di comportamento collegabile all’ansia (HAB, da high anxiety-related behaviour), l’altra con un basso grado di comportamento collegabile all’ansia  (LAB, da low anxiety-related behaviour), nelle quali il promotore Avp differisce per un nucleotide e determina nei roditori HAB una più alta espressione ipotalamica del gene per l’AVP e, conseguentemente, livelli più elevati di vasopressina. Studi precedenti hanno rilevato che le madri HAB hanno un comportamento materno più accentuato delle madri LAB.

Procedendo all’infusione di un antagonista di AVPR, nella linea HAB si è rilevata la riduzione dei due parametri principali del comportamento materno; tale effetto non è stato riprodotto dall’antagonista dei recettori dell’ossitocina. Nella linea LAB, sia dopo l’infusione cronica di AVP che di OXT, si riscontrava aumento dell’accudimento a schiena curva, ma l’effetto della AVP rimaneva maggiore.

Poiché l’arginin-vasopressina ha anche un ruolo nell’ansia, i ricercatori tedeschi si sono chiesti se l’aumento delle cure materne profuse alla prole per effetto del peptide non fossero conseguenza di un’azione ansiogena. Ma la selettiva riduzione degli AVPR nell’area preottica mediale non ha determinato modificazioni nel comportamento collegato all’ansia. Inoltre, sebbene AVP ed OXT promuovano entrambe le cure materne, l’iniezione intra-cerebro-ventricolare dei due peptidi ha prodotto effetti opposti sul comportamento associato all’ansia.

Da ciò si può dedurre che l’effetto della AVP sul comportamento materno sia fisiologicamente indipendente dall’azione ansiogena.

In conclusione, si può osservare che, sebbene il ruolo cruciale dell’ossitocina nella promozione e nel mantenimento dei patterns d’azione che caratterizzano la nutrizione, la protezione e, in generale, l’accudimento della prole da parte della madre sia ormai una nozione acquisita, i risultati dei due ricercatori tedeschi rivelano un ruolo ancora più importante della AVP nella fine regolazione del comportamento materno.

A commento di questo ottimo studio, non si può non sottolineare il merito dell’aver accertato che la AVP non ha importanza solo nel comportamento maschile, come si è ritenuto finora. Infine, si può ipotizzare che future ricerche potranno spiegare, anche sulla base di differenze nel sistema ipotalamico della AVP, le notevoli variazioni nel comportamento istintivo materno che si osservano nella nostra specie.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Gennaio 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]