LA MARIJUANA CAUSA UN AUMENTO DI COMPORTAMENTI RISCHIOSI  

 

 

Fra gli effetti acuti della marijuana comprovati da ricerche controllate, c’è l’aumento della tendenza ad assumere comportamenti rischiosi in situazioni naturali od ordinarie. Questo aspetto, non biologicamente rilevabile come azione tossica, appare molto interessante per la comprensione degli effetti indiretti o “permissivi” dei principi attivi della Cannabis sativa o indica.

Si deve notare che se alcuni effetti indiretti dell’isomero THC-Δ9 (o THC9), come la tolleranza crociata con l’alcool, la modificazione della soglia di azione per altre sostanze psicotrope, ecc., erano noti e documentati fin dagli anni Settanta (si veda Meyers, Jawetz, Goldfien, Review of Medical Pharmacology, Lange Medical Pubblications, Los Altos, CA, USA 1974) per altri sussiste una difficoltà di studio farmacologico dovuta alle notevoli differenze individuali.

Come per molte altre molecole psicotrope, queste differenze sono tanto maggiori quanto più è elevata la complessità dell’encefalo e, quindi, il grado di evoluzione filogenetica.

Nell’ambito delle manifestazioni vegetative (nausea e vomito per preparazioni forti-dosi elevate) soggettive e comportamentali, invece, si rileva una diffusa omogeneità di risposta.

 Fra gli effetti più comunemente osservati e costantemente rilevati in circa cinquanta anni di sperimentazione, c’è uno stato psichico che si descrive imperfettamente come “disinibizione”, etichettandolo per metonimia. Si tratta, però, di un’azione sull’hardware-cervello e non sul software-mente in cui l’inibizione relazionale occupa un comparto concettuale separato.

Questa lieve riduzione dell’azione automatica di integrazione della neocorteccia, in larga misura non presente alla coscienza del soggetto, per effetto di caratteristiche personali ed ambientali può tradursi in comportamenti che, nel pieno possesso della propria efficienza corticale, non si assumerebbero.

Tuttavia, si deve rilevare che non sono state molte, fino ad oggi, le investigazioni di laboratorio condotte sull’uomo, tese a stabilire se sia significativa, alle dosi ordinarie assunte attraverso il fumo, l’azione del THC9 nell’aumento della tendenza ad esporsi a rischi o a produrre pericoli. Alla scarsità di dati esistenti ha cercato di porre rimedio la ricerca condotta da Scott D. Lane e collaboratori (Acute Marijuana Effects on Human Risk Taking. Neuropsychopharmacology 30, 800-809, 2005) in cui si impiega il comune sistema di laboratorio per misurare gli effetti acuti dei farmaci sull’assunzione di atteggiamenti o comportamenti che possano esporre i volontari a rischi per la propria integrità.

E’ stato adottato in questa ricerca il disegno sperimentale “Within-Subject Repeated-Measures”. A dieci volontari adulti sono state somministrate sigarette placebo e tre sigarette contenenti dosi di marijuana attiva (half-placebo e half 1.77 %; 1.77 %; e 3.58 % THC-Δ9).

La prova volta a valutare l’esposizione al rischio veniva presentata come una scelta fra due opzioni di risposta convenzionalmente appartenenti alle categorie “risky-behaviour” e “non-risky-behaviour”. L’analisi dei dati includeva la valutazione di parametri fisiologici cardiovascolari, di effetti soggettivi, della percentuale di risposte, della distribuzione delle scelte fra comportamenti a rischio e non a rischio, e della variazione di probabilità dei dati prova per prova.

La dose del 3.58 % di THC-Δ9 si è rivelata in grado di aumentare la selezione delle risposte a rischio e di indurre l’aumento della scelta di queste risposte nelle prove successive, con incremento prova dopo prova, indipendentemente dal risultato negativo del comportamento scelto.

Gli autori parlano di un cambiamento di sensibilità dei soggetti che sembrano diventare meno sensibili all’effetto di segnalazione dato dall’errore conseguito al comportamento azzardato.

Complessivamente il lavoro documenta in maniera definita su dieci volontari adulti una notevole tendenza a scegliere comportamenti imprudenti o azzardati e conferma i dati riportati in precedenti ricerche che rilevavano l’auto-rinforzo della scelta rischiosa che incrementa invece di ridursi, secondo un andamento indipendente dal feed-back negativo o positivo derivante dal risultato della scelta.

 

BM&L-Maggio 2005