LETTURA DEL PENSIERO CON RMF: DIBATTITO

 

 

Un gruppo di ricerca dell’Università della California a Berkley è riuscito ad individuare, con oltre il 90% di accuratezza, l’immagine che un volontario stava guardando, dal solo studio della sua attività cerebrale. La notizia si è presto diffusa e ha indotto molti giornalisti e divulgatori a parlare di lettura del pensiero, suscitando reazioni nella comunità neuroscientifica. Ma vediamo, in sintesi, i contenuti dello studio e le principali opinioni espresse al riguardo.

I ricercatori hanno impiegato la risonanza magnetica funzionale (RMF o fMRI, da functional Magnetic Resonance Imaging) per studiare l’attività evocata nella corteccia visiva primaria di due volontari da ciascuna delle 1750 fotografie che componevano il repertorio scelto per lo studio. Per la decodifica dei quadri funzionali evocati sono stati adoperati modelli computerizzati, e poi sono stati messi a confronto aspetti caratterizzanti l’attivazione corticale con proprietà delle immagini presentate ai volontari, quali il contrasto luminoso ed il tipo di soggetto riprodotto nella fotografia. Infine, queste correlazioni sono state usate per provare ad indovinare, dai segnali RMF, quale immagine il soggetto stesse guardando in un set di nuove figure presentate (Craig Nicholson, Pattern Interpretation. Nature Reviews Neuroscience 9 (4): 248, 2008).

E’ stata registrata, in un set di 120 nuove fotografie, una precisione del 92% nell’indovinare quale immagine fosse sulla retina del primo dei due volontari, e del 72% nel secondo.

Steven Laureys, neurologo dell’Università di Liegi, in proposito ha detto: “E’ un risultato assolutamente impressionante. Spinge ancora oltre il modo in cui si possono fare inferenze circa gli stati mentali dall’attività fMRI.” (Guardian.co.uk).

Lo stesso Craig Nicholson ha osservato: “La tecnica rappresenta un drammatico miglioramento in ciò che può essere decifrato dall’attività cerebrale e fa avanzare di un passo molte eccitanti applicazioni.” (Nature Reviews Neuroscience).

Uno degli autori dello studio, Jack Gallant, ha sostenuto a proposito della procedura da loro impiegata con successo: “Potrebbe aiutare la psicoterapia nell’interpretazione dei sogni o il biofeedback.” (Washington Post).

Il facile passaggio dal rilievo di una percezione a quello dell’elaborazione del pensiero, proposto da molti organi d’informazione, è stato in genere criticato da neuroscienziati e psicologi e, al riguardo, John-Dylan Haynes del Max Plank Institute for Human Cognitive and Brain Sciences ha espresso cautela: “E’ difficile realizzare modelli per altri tipi di pensieri complessi, come memorie o intenzioni”. (NewScientist.com).

Al di là del lessico poco appropriato, si può condividere l’affermazione di John-Dylan Haynes, che punta il dito su un reale ostacolo tecnico alla realizzazione di procedure che consentano di evincere da quadri morfo-funzionali i contenuti ideativi di una persona. D’altra parte sembra sfugga a molti, anche fra gli addetti ai lavori, che le attività cognitive che appartengono alla categoria concettuale comunemente definita “pensiero”, per ciò che attualmente si conosce, consistono nello scambio di informazione fra molte aree e non nel semplice quadro che definisce quali siano accese e quali spente (Nicole Cardon, BM&L-Opinions). Si deve anche rilevare che lo studio mediante RMF è cieco ai processi ad alta velocità e con basso impiego di energia che, verosimilmente, includono routines automatiche impiegate per l’elaborazione del pensiero (Giuseppe Perrella, BM&L-Opinions).

Infine, si deve rilevare che i progressi compiuti nella conoscenza dell’elaborazione della percezione visiva, che si basa su elementi oggettivi e condivisi, ha spesso creato entusiastiche illusioni nei non specialisti, circa la possibilità di “leggere” i contenuti mentali altrui. Si ricorda, in proposito, che la scoperta di patterns retinici perfettamente corrispondenti alle immagini viste, e persistenti sulla retina, diede luogo all’ipotesi di impiego a scopo medico-legale della lettura della retina della vittima per trovarvi la “fotografia” dell’assassino; si sostenne che il metodo sarebbe stato infallibile purché la valutazione autoptica fosse stata eseguita tempestivamente. Nel film “Quattro mosche di velluto grigio” una tale procedura, di fatto inapplicabile, fu proposta come già correntemente in uso (Diane Richmond, BM&L-Opinions).

La percezione, insieme con il controllo dei movimenti elementari, costituisce un complesso di processi largamente basati su automatismi uguali in tutti gli esseri umani, pertanto una sia pur sofisticata capacità di leggere cosa un altro stia vedendo, ascoltando, annusando o gustando, rimane lontana dalla lettura dell’elaborazione del pensiero altrui che, nonostante alcune persone possano farcelo pensare, dovrebbe andare un po’ oltre la visione di una fotografia.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Maggio 2008

www.brainmindlife.org