IN MEMORIA DI JOHN MADDOX

 

 

Il 12 dello scorso mese di aprile, Sir John Royden Maddox ha lasciato la scena di questo mondo e di quello della scienza che lo ha acclamato, messo alla prova, tradito, ignorato, e poi nuovamente esaltato e rispettato, costituendo nel bene e nel male tutta la sua vita.

Chi ha avuto il privilegio di conoscere quest’uomo dalle grandi qualità professionali ed umane, ne ricorda senz’altro la straordinaria apertura mentale e la disponibilità all’ascolto, anche delle opinioni più distanti dalle sue e delle ipotesi scientifiche non passate al vaglio di quel senso comune che ordinariamente filtra i pensieri destinati alla comunicazione scientifica. La sua figura è stata per molti versi unica, sia per l’ampio spettro di discipline che seguiva e mostrava di conoscere, sia per alcune caratteristiche biografiche che lo hanno collocato alla giusta distanza fra l’ottica del laboratorio e quella dell’editoria scientifica. Due generazioni di scienziati lo hanno conosciuto come prestigioso direttore (editor) della rivista Nature, che deve molto a lui per il suo attuale status di leader nel mondo.

John Maddox nacque nel 1925 e, dopo gli studi fisica, entrò a far parte del corpo accademico dell’Università di Manchester, dove lavorò presso il Dipartimento di Fisica Teorica dal 1949 al 1955. Varie circostanze e vicende lo indussero ad abbandonare il progetto di carriera accademica per dedicarsi alla professione di giornalista scientifico, che intraprese presso il “Manchester Guardian”, dove rimase fino al 1964.

Nel 1966 vi fu la svolta fondamentale della sua vita, con l’incarico di editor di Nature, che mantenne fino al 1973. Fu poi richiamato nel 1980 e rimase a capo della prestigiosa impresa di comunicazione scientifica fino all’età di settant’anni, ossia fino al 1995.

Quando Maddox giunse alla redazione di Nature, la rivista godeva di un prestigio prevalentemente legato al suo ruolo storico, ma il suo valore scientifico era largamente affidato all’autorevolezza e al  rigore morale e deontologico di singoli scienziati: i ricercatori consegnavano i propri lavori alle autorità scientifiche di riferimento che ne valutavano con inappellabile giudizio il valore, dal quale derivava la scelta di pubblicarli. John Maddox, da un canto istituì la procedura di peer review che conferì alla valutazione dei lavori scientifici lo statuto di un esame obiettivo di idoneità, dall’altra introdusse, non senza incontrare opposizioni ed ostacoli, alcuni criteri e stili redazionali del giornalismo scientifico di divulgazione, da molti ritenuti inadatti ad una pubblicazione che non aveva il fine della dell’informazione di massa, ma l’obiettivo prioritario del progresso della scienza mediante la trasmissione di conoscenze, esperienze, metodi e risultati fra i ricercatori.

Nel periodo  compreso fra il 1980 e il 1995 la sua influenza crebbe enormemente anche nel campo della politica della scienza, e la sua attività di autore da allora è stata seguita in tutto il mondo con il massimo interesse. Ilya Prigogine ha sostenuto: “Poche persone hanno influenzato la scienza quanto John Maddox”.

Membro di commissioni governative sull’ambiente, le biotecnologie e molti altri temi di rilievo internazionale, Maddox si è sempre sforzato di conciliare lo spirito liberale e progressista della migliore tradizione britannica, in grado di garantire la libertà individuale in un equo pluralismo, con il rigore della scienza che distingue l’opinione dal fatto empirico, il fascino di una congettura creativa dall’affidabilità di una dimostrazione certa.

All’inizio di questo nuovo millennio, la Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia ha molto apprezzato l’impegno profuso da John Maddox nell’organizzazione di un nuovo centro di ricerca sulla schizofrenia ad Oxford.

Chi ha letto il nostro articolo “Il caso Benveniste” ricorderà il ruolo di John Maddox nella costituzione della commissione che smascherò la truffa dei ricercatori che sostenevano di aver dimostrato scientificamente un assunto omeopatico. E’ curioso notare che la straordinaria diffusione del nostro scritto ha fatto conoscere in Italia John Maddox a molti giovani che non ne avevano mai sentito parlare.

Richard Dawkins di lui ebbe a dire: “Potrebbe essere l’ultimo grande erudito delle scienze”, ma un erudito che non ha mai fatto del sapere scientifico una religione e, soprattutto, non ne ha visto come conseguenza inevitabile l’applicazione tecnologica. In uno dei suoi libri più letti nel nostro Paese, nel capitolo dedicato alle “macchine pensanti”, in un piccolo inciso posto tra parentesi, lasciava trasparire la preoccupazione profondamente umana del rischio di disumanizzazione della mente: “Purtroppo (o forse per fortuna) non si avranno in tempi brevi delle risposte alla domanda sulle correlazioni neurali della coscienza”[1].

 

Invitiamo chi voglia approfondire la conoscenza biografica di John Maddox alla lettura dello speciale a lui dedicato da Nature: http://www.nature.com/news/specials/johnmaddox/index.html

 

Isabella Floriani

BM&L-Maggio 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: NOTIZIA]



[1] John Maddox, Che cosa resta da scoprire, p. 372, Garzanti, Milano 2000.