INTUITO COME BASE AUTOMATICA DEL PENSIERO

 

 

Nel secolo appena trascorso, l’interpretazione del significato e dell’origine dell’intuito umano ha attratto l’attenzione di molti studiosi, che hanno provato ad accertarne il valore adattativo ed il ruolo nell’economia psichica, impiegando le conoscenze più avanzate del proprio tempo, da quelle fondate sulla teoria dell’inconscio freudiano a quelle basate sui processi cognitivi impliciti. E proprio quest’ultima chiave di lettura, ossia quella che considera le risorse dell’intuizione originate da aspetti dell’esperienza appresi senza la mediazione della coscienza dichiarativa, come l’abitudine e la sensibilizzazione, si è maggiormente affermata negli anni più recenti. Il supporto teorico della scienza cognitiva (cognitive science) e l’apporto decisivo dei progressi compiuti in varie branche delle neuroscienze, oggi ci consentono di avere un quadro sufficientemente chiaro di alcuni dei processi responsabili di atteggiamenti mentali e decisioni che appaiono istintivi ed immediati (Plessner H., Betsch C., Betsch T. [eds], Intuition in Judgment and Decision Making. Erlbaum, 2007).

Dalle prime ricerche svolte in forma sistematica ad oggi, la visione corrente dell’intuizione si è notevolmente evoluta, anche grazie agli studi di psicologia sperimentale che hanno dimostrato componenti intuitive ed automatiche in numerose espressioni della vita mentale lontane dal campo privilegiato dei primordi, costituito prevalentemente dall’intuizione artistica.

La scienza cognitiva ha riconosciuto un funzionamento della mente umana organizzato secondo un “doppio binario”, con una high road deliberata ed analitica ed una low road automatica ed intuitiva (David G. Myers, The Powers and Perils of Intuition – Understanding the nature of our gut instincts. Sci. Am. MIND 18 (3): 24-31, 2007).

Daniel Kahneman, nella sua Conferenza in occasione del Premio Nobel ricevuto nel 2002, diede un’efficace caratterizzazione schematica dei due ordini di processi mentali:

Track 1 or System 1 (il nostro retroscena mentale intuitivo) è veloce, automatico, associativo, implicito (non accessibile all’introspezione), non richiede sforzo ed è spesso provvisto di carica emotiva;

Track 2 or System 2 (il nostro ambiente mentale cosciente) è deliberato, sequenziale e razionale, e richiede impegno intenzionale o sforzo attivo per essere impiegato.

Si ritiene che due fenomeni modellino l’elaborazione tipica del primo sistema: Kahneman, insieme con Amos Tversky, individuò il primo dei due in un’abilità di formulare giudizi approssimativi immediati (fast and frugal) basati su impronte mentali simili a stimoli percettivi non chiaramente distinti, ma sufficienti per orientarsi in un ambiente. A queste impressioni mentali si diede il nome di euristiche. Così come una sagoma in controluce in un mattino nebbioso o un suono di bassa frequenza in un giorno di vento impetuoso possono trarre in inganno, il processo euristico può talvolta rivelarsi fallace.

Il secondo fenomeno è costituito da associazioni apprese (learned associations) che emergono automaticamente come sensazioni che guidano i nostri giudizi. Si va dall’associazione fisionomica di un volto con un’esperienza negativa o positiva, alle associazioni di contesto che guidano le mosse immediate di un maestro di scacchi, che salta a piè pari la scelta fra complesse concatenazioni logiche già esperite migliaia di volte dalla sua coscienza dichiarativa. Il primo dei due estremi della gamma è, evidentemente, più soggetto ad errore. Il secondo è generalmente catafratto, in quanto prodotto di overlearning e, perciò, simile agli apprendimenti psicomotori divenuti procedure automatiche, come quelle che sostengono un addestrato strumentista nell’esecuzione di un brano musicale.

La doppia modalità di elaborazione della realtà vissuta sarebbe presente, attiva ed operante in tutti noi, pur risultando talora espressa con chiara evidenza e talaltra inapparente. Già la psicoanalisi aveva rifiutato l’idea, affermata e diffusa con la sua volgarizzazione culturale, di un inconscio ridotto a ricordo d’infanzia, impulso rimosso o regressione dell’intelletto, affermandone invece un’esistenza contemporanea e parallela a quella dei processi coscienti. Se l’inconscio, da Freud in poi, lo si è concepito come luogo mentale eminentemente episodico ed affettivo, la psiche non cosciente nella scienza cognitiva e nella psicologia sperimentale è stata immaginata come l’insieme di tutte le funzioni mentali che non richiedono l’intervento della coscienza. In questa prospettiva, è facile comprendere la ricchezza e la vastità del campo al quale si ricollega l’intuizione.

Nel loro complesso, gli studi più recenti depongono a favore dell’esistenza di un’attività psichica automatica prevalente e preponderante, che gestisce l’ordinaria esperienza quotidiana e costituisce la base e lo sfondo per la nostra vita cosciente.

 

L’autrice della nota ringrazia i soci che hanno condiviso lo studio dell’argomento e corretto la bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Ottobre 2007

www.brainmindlife.org