MALATTIA DI HUNTINGTON: UN IMPORTANTE PROGRESSO

 

 

Un importante progresso nella conoscenza della patogenesi della Malattia di Huntington è il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricerca di Vancouver che, scoprendo la ragione per cui l’huntingtina mutata è all’origine della patologia, ha dimostrato che l’aggregazione in inclusi cellulari e nucleari della proteina anomala può considerarsi un contrassegno istologico, piuttosto che la causa della neurodegenerazione (Yanai A., et al. Palmitoylation of huntingtin by HIP14 is essential for its trafficking and function. Nature Neuroscience 9, 824-831, 2006).

George Huntington, medico generico della città di Pomeroy nell’Ohio, nel 1872 descrisse per primo in una famiglia di Long Island una forma ereditaria di corea, ossia di un sintomo neurologico caratterizzato da movimenti aritmici e involontari degli arti, a scosse o a sbalzi, che solo con grande approssimazione possono essere accostati a quelli di una danza (corea = danza). Alcuni storici della medicina hanno identificato questa condizione con la patologia anticamente nota con il nome popolare di “Ballo di San Vito”, ma non tutti concordano con questa interpretazione. Nel secolo successivo, la sindrome neurologica familiare descritta dal medico americano entrò in nosografia con la denominazione eponima di Corea di Huntington, nome che ha conservato anche quando, negli ultimi decenni, è stata classificata fra le malattie neurodegenerative ereditarie caratterizzate da alterazioni nei nuclei della base telencefalica. Più recentemente è stata inclusa fra i disturbi neurodegenerativi da triplette ripetute, tutti causati da espansioni nel gene di proteine-chiave di sequenze CAG (CAG = glutamina) tradotte in tratti di poliglutamina abnormemente lunghi, in grado di alterare le funzioni della molecola.

Nelle fasi iniziali la malattia appare localizzata, prevalentemente espressa come un disturbo motorio ipercinetico, ma nella sua progressione ben presto interessa varie parti del corpo, raggiungendo la massima espressione entro 10 anni dalle prime manifestazioni e mutando progressivamente i sintomi motori in bradicinesia e rigidità, che talvolta ricordano le analoghe manifestazioni della malattia di Parkinson. Le alterazioni psichiche, che nelle fasi iniziali vanno dalla depressione lieve ai disturbi del comportamento, con l’avanzare del processo patologico evolvono in un declino cognitivo che rappresenta spesso l’aspetto più rilevante e grave del quadro clinico e la maggior fonte di disabilità per il paziente.

La progressiva perdita delle abilità cognitive e motorie è associata, al livello cellulare, alla formazione di inclusioni citoplasmatiche e nucleari di aggregati dell’huntingtina patologica che presenta l’espansione del tratto poliglutaminico (Poli-Q). Si è ritenuto che questi accumuli della proteina mutata fossero all’origine della lesione, innescando un complesso di reazioni in grado di determinare la morte per apoptosi dei neuroni interessati. Tuttavia, numerose evidenze sperimentali sono in contrasto con questa interpretazione. Per esempio, nel modello murino della malattia YAC128, la formazione di inclusioni cellulari della proteina mutata segue e non precede il declino cognitivo-motorio dei topi, perciò la riduzione di prestazione di questi piccoli animali non sembra essere causata dalle inclusioni, che pure sono state associate a disfunzione e degenerazione neuronica nelle fasi successive. In un altro ceppo di topi, che esprime solo una breve porzione dell’huntingtina, si è osservata la formazione di aggregati ed il conseguente sviluppo delle inclusioni tipiche della malattia, ma non è stato possibile rilevare i segni di disfunzione e degenerazione neuronica dei topi YAC128. Dunque, sulla base di osservazioni come queste, molti ricercatori hanno ritenuto i processi responsabili di tossicità e morte cellulare nella malattia di Huntington ancora una questione aperta, escludendo un ruolo da primum movens per gli aggregati dell’huntingtina poli-Q, ossia modificata dall’enorme espansione nel suo gene della tripletta CAG che specifica per la glutammina.

Qual è, allora, il processo fisiologico che, in presenza della forma poli-Q, si altera assumendo un ruolo causale?

Yanai e collaboratori hanno ipotizzato che la palmitoilazione, una modificazione post-traslazionale delle proteine identificata di recente, potesse essere il processo compromesso in presenza della proteina patologica.

E’ noto che la palmitoilazione regola il traffico e la funzione di numerose proteine associate alla membrana, e l’huntingtina, palmitoilata ad opera della trasferasi huntingtin interacting protein o HIP14, è una proteina della membrana plasmatica e degli organuli intracellulari. Perciò l’ipotesi formulata nel laboratorio di Vancouver era certamente plausibile, ma richiedeva un riscontro sperimentale certo che, sulle prime, non appariva facile da ottenersi.

I ricercatori hanno dapprima identificato il residuo dell’huntingtina dove la palmitoil-trasferasi HIP14 lega il palmitato, ovvero la cisteina 214, e successivamente hanno studiato gli effetti del blocco della palmitoilazione sia della proteina normale, sia di quella mutata nella versione poli-Q. In entrambi i casi si osservava la formazione di inclusioni cellulari che, naturalmente, non si rilevano in presenza dell’huntingtina normale.

Questo primo risultato indicava che il blocco della palmitoilazione era in grado di distruggere il piano fisiologico di distribuzione della proteina e suggeriva che il legame con l’acido palmitico avesse un ruolo nella regolazione del traffico e della configurazione della proteina.

Yanai e colleghi hanno poi evidenziato che l’espansione del tratto poli-Q, ritenuta responsabile della malattia, riduceva l’interazione fra i mutanti dell’huntingtina e l’HIP14, con il risultato di una marcata diminuzione della palmitoilazione.

I ricercatori hanno provato a sperimentare mutazioni del sito di palmitoilazione dell’huntingtina che la rendessero resistente all’azione della trasferasi, ed hanno riscontrato come conseguenza un’accelerazione della formazione dei corpi inclusi cellulari e un’accresciuta tossicità neuronale.

La downregulation della palmitoil-trasferasi HIP14, sia in neuroni di topo esprimenti il tipo normale di huntingtina, sia in quelli esprimenti il mutante poli-Q, induceva la formazione di inclusi, mentre l’iper-espressione della HIP14 sostanzialmente riduceva le inclusioni cellulari in tutti i neuroni.

Stabilita l’importanza della palmitoilazione ed il suo stretto legame con i contrassegni patologici dei modelli sperimentali della malattia, Yanai e i suoi collaboratori dell’Università della British Columbia, hanno voluto esplorare il rapporto fra la ridotta palmitoilazione della huntingtina e la tossicità sulle cellule nervose cerebrali. A tale scopo hanno misurato il grado di apoptosi per tossicità indotta mediante i recettori NMDA, sia in cellule nervose esprimenti la proteina normale, sia in neuroni esprimenti il mutante poli-Q: le cellule con la proteina patologica mostravano un maggior grado di apoptosi rispetto a quelle con la proteina normale. A questo punto i ricercatori hanno abolito la palmitoilazione e, come conseguenza, hanno rilevato che sia le cellule nervose esprimenti l’huntingtina normale, sia quelle esprimenti la forma mutante, aumentavano la propria suscettibilità all’apoptosi.

Dal complesso dei dati che emergono da questa interessante ricerca, si può desumere che, in assenza della palmitoilazione fisiologica, la corretta distribuzione e la normale funzione della proteina huntingtina sono compromesse con il conseguente avvio di vari processi che esitano in citotossicità. E’ interessante notare che l’iper-espressione di HIP14 sembra ridurre le inclusioni anche nei neuroni che esprimono la proteina patologica, perciò si può ipotizzare che scoprire come la palmitoilazione dell’huntingtina mutante possa essere accresciuta, potrà portare allo sviluppo di farmaci in grado di rallentare o arrestare la progressione della malattia.

 

Si invita a consultare l’indice delle nostre “Note e Notizie” per altri aspetti e risultati della ricerca su questa malattia neurodegenerativa e su quelle ad essa correlate. Per un’introduzione aggiornata si vedano le pagine 661-662 sulla genetica della malattia ed il capitolo 46 [Neurotransmitters and Disorders of the Basal Ganglia] per un inquadramento generale della patologia, in Siegel, Albers, Brady, Price [Editors] BASIC NEUROCHEMISTRY, VII Edition, Academic Press 2006. Un utile profilo sintetico si trova in C. U. M. Smith, ELEMENTS OF MOLECULAR NEUROBIOLOGY, III Edition, Wiley & Sons, Ltd. 2002, alle pagine 516-518.

L’autrice della nota ringrazia Giuseppe Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato ed Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Settembre 2006

www.brainmindlife.org