L’HUNTINGTINA E’ TOSSICA NEL NEUROPILO

 

 

L’hungtintina (HTT), la proteina mutata nella malattia di Huntington, tende a formare inclusi nelle cellule del sistema nervoso centrale, sia all’interno del nucleo che nel citoplasma ma, se per gli aggregati nucleari è nota la partecipazione al processo patologico, per quelli citoplasmatici non erano state pubblicate evidenze sperimentali a sostegno di un ruolo nella patogenesi. Per questo assume particolare interesse lo studio condotto da Li e collaboratori che dimostra, non solo che inibendo l’accumulo dei mutanti HTT nel complesso dei prolungamenti neuronici (il cosiddetto neuropilo) si riduce la neurotossicità, ma anche che questo conduce ad un notevole miglioramento della sintomatologia nei modelli sperimentali della malattia (Wang C.-E., et al. Suppression of neuropil aggregates and neurological symptoms by an intracellular antibody implicates the cytoplasmic toxicity of mutant huntingtin. Journal of Cell Biology 181, 803-816, 2008).

Per indagare gli effetti dell’interferenza con l’accumulo dei mutanti HTT, i ricercatori del Dipartimento di Genetica Umana della Emory University School of Medicine di Atlanta hanno prodotto un intrabody, ossia un anticorpo espresso all’interno della cellula bersaglio, che selettivamente si lega al mutante umano dell’HTT. Procedendo alla transfezione con l’anticorpo di linee cellulari esprimenti la proteina umana mutata, si rilevava la riduzione del fenomeno di morte cellulare. In colture di neuroni corticali di ratto, è poi emerso che  l’anticorpo intracellulare preveniva lo sviluppo delle modificazioni della morfologia cellulare che normalmente seguono l’espressione delle forme mutanti patologiche della proteina.

Li e i suoi collaboratori hanno allora valutato l’anticorpo intracellulare in due linee di topi transgenici impiegati come modello di malattia di Huntington: R6/2 e N171-82Q. Un vettore adenovirale codificante l’anticorpo è stato microiniettato nello striato dei topi ad uno stadio precoce della patologia. Varie settimane dopo è stato osservata una riduzione degli aggregati nel neuropilo prossimo alla sede dell’iniezione. Gli aggregati nucleari erano interessati per una estensione molto minore, suggerendo che l’anticorpo interferisce specificamente con i mutanti citoplasmatici. L’osservazione comportamentale dei topi ha dimostrato che la riduzione delle aggregazioni nei prolungamenti citoplasmatici dei neuroni trattati, si associava ad una riduzione dei sintomi neurologici della patologia sperimentale, in particolare ad un miglioramento della funzione motoria.

L’anticorpo intracellulare potrebbe modificare i livelli di aggregati di HTT nel neuropilo ridistribuendone la disposizione nelle aree citoplasmatiche, oppure promuovendone la degradazione. Quando i ricercatori hanno esaminato le preparazioni sinaptosomiche striatali provenienti da topi N171-82 trattati e dai controlli, hanno osservato nei roditori trattati un aumento dei prodotti di clivaggio della proteina HTT, indicativo di un aumento dei processi di degradazione. Allora hanno proceduto ad accertare ulteriormente questo aspetto mediante la co-espressione dell’anticorpo e della HTT mutante in una linea cellulare, rilevando un incremento dei prodotti di degradazione ed una riduzione dell’emivita della proteina mutante. Questi reperti si accompagnavano ad un aumento dei livelli di ubiquitinazione della proteina, suggerendo che è questo il meccanismo sottostante gli effetti dell’anticorpo sulla degradazione dell’HTT mutante.

Questo studio dimostra l’utilità degli anticorpi intracellulari come strumento di ricerca e come potenziale mezzo terapeutico, infatti i risultati suggeriscono che l’accumulo citoplasmatico di HTT ha un ruolo nella patogenesi della malattia di Huntington e perciò questi aggregati potrebbero essere un bersaglio terapeutico. Si deve rilevare, però, che l’espressione degli anticorpi intracellulari in una area cerebrale limitata non ha modificato la sopravvivenza dei topi affetti da forme sperimentali della malattia; ciò indica che altre regioni encefaliche ed altri meccanismi hanno una parte non trascurabile nel processo patologico.

 

L’autrice della nota ringrazia Nicole Cardon, presidente della sezione “BRAIN” di “BRAIN, MIND & LIFE ITALIA”, con la quale ha discusso l’argomento trattato e Isabella Floriani, collaboratrice editoriale, per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Luglio 2008

www.brainmindlife.org