INFLUENZA DEL GUSTO SULLA FUNZIONE OLFATTIVA

 

 

La congestione nasale di un banale raffreddore può darci la sensazione di non riuscire più a percepire il sapore di cibi e bevande, ricordandoci l’influenza dell’olfatto sul gusto[1]: fenomeno ben noto ed indagato in molti suoi aspetti. Al contrario, sulla possibile influenza del gusto sull’odorato non si sa molto. Fortis-Santiago e i suoi collaboratori del Program in Neuroscience, Brandeis University, Waltham, Massachusetts, hanno studiato l’effetto della disattivazione della corteccia gustativa sulle funzioni osmatiche nei ratti (Fortis-Santiago Y., et al. State dependence of olfactory perception as a function of taste cortical inactivation. Nature Neuroscience  13 (2), 148-149, 2010).

Prima di riferire in breve l’esito della ricerca, ricordiamo gli elementi salienti dell’organizzazione morfo-funzionale del gusto[2], il cui studio è spesso trascurato nelle facoltà mediche italiane, in quanto non ritenuto rilevante fra gli argomenti propedeutici per una buona preparazione nel campo della patologia.

La percezione del gusto avviene grazie a cellule raccolte nei bottoni gustativi presenti sulla superficie della lingua, del palato, dell’epiglottide, della faringe e del terzo superiore dell’esofago. I bottoni gustativi della lingua sono localizzati in massima parte nelle papille gustative, distinte in foliate, circumvallate e fungiformi[3]. Le quattro qualità principali del gusto, ossia dolce, amaro, salato e aspro, sono mediate da meccanismi diversi, che possono differire anche nell’ambito della stessa qualità di sapore: l’amaro della chinina è percepito grazie al suo passaggio attraverso le membrane, che sono invece impermeabili al denatonio, ossia la sostanza più amara che si conosca. Ai quattro caratteri fondamentali dei sapori, oggi si tende ad aggiungere una quinta categoria detta umami, corrispondente al gusto del glutammato monosodico[4], che viene trasdotto da un tipo particolare di recettori metabotropici del glutammato espressi anche in alcune aree del cervello. Le fibre che veicolano gli stimoli gustativi si raccolgono in una via che passa per il bulbo e il talamo giungendo alla corteccia[5]. In particolare gli assoni decorrono nella compagine dei nervi facciale (VII), glossofaringeo (IX) e vago (X), convergendo su una specifica colonna del nucleo del tratto solitario, dalla quale origina un fascio di proiezione al nucleo ventroposteromediale del talamo[6] che invia fibre alla corteccia opercolo-insulo-frontale anteriore o gustativa. Questa regione è posta rostralmente alla rappresentazione somatosensitiva della lingua, e si ritiene che la sua attività abbia un ruolo determinante nella genesi delle percezioni coscienti e discriminate relative ai sapori. Inoltre, questo dispositivo anatomico spiegherebbe perché nella nostra specie, sebbene una parte non trascurabile delle informazioni che consentono l’apprezzamento e il riconoscimento gustativo abbia origine olfattiva come in altri mammiferi, si avverta una precisa origine dalla bocca e non dal naso delle sensazioni prodotte da cibo e bevande. In altre parole, è possibile che i due sensi basati sulla chemiorecezione siano più strettamente connessi nella loro neurofisiologia di quanto appaia nell’uomo per effetto di una specializzazione neocorticale filogeneticamente recente, pertanto lo studio di mammiferi inferiori potrebbe essere illuminante per comprendere le modalità di questa interazione.

I ricercatori della Brandeis Umniversity hanno condotto la sperimentazione impiegando un paradigma di preferenza olfattiva per accertare se la disattivazione della corteccia gustativa prima del training o durante il testing fosse in grado di alterare le prestazioni dei roditori basate sull’olfatto.

La disattivazione della corteccia gustativa quando un odore era presentato agli animali per la prima volta condizionava il riconoscimento nelle presentazioni successive: perché l’animale riconoscesse l’odore era necessario inattivare nuovamente l’area corticale deputata all’elaborazione delle afferenze gustative. In altri termini, la memoria corticale dell’odore era diversa in assenza del contributo dei neuroni corticali del gusto che, dunque, in condizioni fisiologiche partecipano alla realizzazione della sensazione.

Gli autori dello studio ipotizzano che le interazioni reciproche fra olfatto e gusto contribuiscano all’elaborazione sensoriale multimodale.

Si consiglia, a chi sia interessato ad approfondire l’argomento, la lettura del commento di Yeshurun e Sobel del Dipartimento di Neurobiologia del Weizman Institute of Science in Rehovot (Israele) sullo stesso fascicolo di febbraio [13(2)] di Nature Neuroscience, alle pagine 158-9: “Multisensory integration: an inner tongue puts an outer nose in context”.

 

Giovanni Rossi    

BM&L-Febbraio 2010

www.brainmindlife.org   

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 



[1] Per un aggiornamento sulle acquisizioni più recenti in tema di odorato e di funzioni neurali connesse, vedi in AGGIORNAMENTI “Olfatto e chemorecezione accessoria”, scheda introduttiva dal titolo “Olfatto ed oltre”.

[2] Il gusto è spesso trascurato nell’insegnamento di molte facoltà mediche italiane, perché è un argomento di studio poco rilevante per la patologia e per la clinica.

[3] Un tempo si riteneva che la lingua fosse ripartita in settori specializzati, ciascuno dedicato ad una singola qualità gustativa (dolce, amaro, acre e salato), ma evidenze sperimentali hanno confutato questo modello. Nonostante le singole aree abbiano una tipologia di ricezione mista rispetto ai sapori di base, le fibre originate da ciascun settore danno luogo a contingenti distinti e separati, in una rigida topologia bulbo-talamo-corticale, la cui ragione è ancora indagata.

[4] L’effetto gradevole e poco definibile nei termini delle categorie elementari del gusto apprezzate coscientemente, spiega il largo uso che si fa del glutammato monosodico come “esaltatore di sapidità” nelle preparazioni alimentari industriali, ed anche il suo recente e deplorevole impiego da parte di alcuni cuochi nella preparazione di minestre e pietanze in ristoranti italiani.

[5] Si ricorda che l’olfatto è l’unica modalità sensoriale che non fa stazione nel talamo; la vista e l’udito hanno addirittura dato luogo a una struttura specializzata del talamo detta in anatomia metatalamo e costituita dai corpi genicolati laterali e mediali.

[6] I neuroni della regione parvicellulare del talamo che ricevono afferenze gustative, inviano i propri assoni a cellule nervose corticali site lungo il margine che separa la porzione anteriore dell’Insula di Reil dall’opercolo frontale.