GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(DICIANNOVESIMA PARTE)

 

 

Coscienza di ordine superiore. Per comprendere a fondo la concezione dei processi coscienti secondo la TSGN estesa è opportuno ricordare un concetto espresso e sottolineato spesso da Edelman: la coscienza non è un epifenomeno, ma un’organizzazione funzionale efficace. E’ evidente che una tale affermazione non possa considerarsi un dettaglio trascurabile, perché questa visione si discosta sia dal paradigma di “contenuto e coscienza” che ha fondato e fonda l’impostazione di molti studiosi[1], sia dall’implicita concezione vigente in molti ambiti della ricerca in cui la qualità cosciente di un processo rappresenta una variabile legata al passaggio dell’informazione attraverso particolari circuiti. Per Edelman la coscienza di ordine superiore è l’apparato funzionale al quale si devono i più importanti processi psichici e del quale facciamo esperienza cosciente (la coscienza di essere coscienti), e non è un’astrazione che descrive il luogo in cui si elabora la percezione consapevole, si sviluppa il pensiero e si gestisce la comunicazione, né tantomeno un’opzione funzionale che conferisce una particolare qualità alle elaborazioni in atto.

Premesso ciò, ritorniamo alla coscienza primaria e allo schema della sua struttura per rilevare cosa le manca rispetto alla dimensione più elevata della nostra esperienza: è evidente l’assenza di un sé concettualizzato così come di una simbolizzazione del passato e del futuro che consenta al sé di riconoscersi nel tempo rievocato e proiettarsi in quello da venire. Nello schema vediamo che la coscienza primaria si costituisce come autoelevazione percettiva[2] per effetto delle interazioni reciproche fra il livello di elaborazione delle percezioni in corso e quello di attribuzione del senso in base a memorie valore-categoria. Questo collegamento, stabilito attraverso un anello di connessioni rientranti, genera il significato di ciò che si va man mano percependo sulla base della memoria valore-categoria formatasi per effetto della sommatoria delle esperienze precedenti della specie e dell’individuo. In questo collegamento direi che manca l’astrazione. Manca l’astrazione di sé, degli oggetti, degli eventi e dei fatti, così come del tempo e dello spazio. Nella nostra esperienza culturale l’astrazione avviene in una forma che appartiene ai processi di simbolizzazione e, pertanto, possiamo dire che alla base funzionale della coscienza primaria mancano i processi simbolici in grado di costituire uno spazio mentale che può elevarsi dall’hic et nunc imposto dalla percezione.

Edelman non pone la questione esattamente in questi termini, fermandosi ad osservare che il costituirsi di una coscienza di ordine superiore richiede la categorizzazione degli stessi processi della coscienza primaria e che ciò avviene attraverso lo sviluppo di capacità semantiche, che si possono direttamente porre in relazione con lo sviluppo delle aree corticali di Broca e di Wernicke. Vediamo, dunque, che nella rappresentazione schematica proposta da Edelman le due aree del linguaggio sono interposte fra la corteccia sensoriale e le aree corticali di associazione valore-categoria, nel mezzo dell’anello rientrante che consente i processi della coscienza primaria. Si crea, così, un nuovo tipo di memoria attraverso un’autoelevazione semantica che porta ad uno sviluppo e ad una memorizzazione esponenziale di nuovi concetti, “con il risultato che il concetto di sé, il concetto di passato e quello di futuro si possono collegare alla coscienza primaria: diventa possibile la «coscienza della coscienza»”[3].

Nelle prime esposizioni della teoria della coscienza del Premio Nobel newyorkese[4], alcuni vi lessero l’attribuzione ai centri corticali preposti al controllo delle funzioni linguistiche, un ruolo pressoché esclusivo nel determinare la nascita della dimensione astratta, riflessiva ed auto-riflessiva, tipica della coscienza umana. L’evoluzione della specie, soprattutto a causa di uno sviluppo straordinario delle interazioni sociali, ha specializzato per la comunicazione delle specifiche popolazioni neuroniche corticali, che avrebbero fornito la base neurale per tutti i processi di simbolizzazione. In una versione semplificata di questa interpretazione, si sarebbe potuta attribuire ad Edelman l’idea che l’apparizione nel corso della filogenesi delle aree del linguaggio fosse sic et simpliciter all’origine della coscienza umana. Tenendo conto di ciò il neuroscienziato, già nello specifico capitolo di Sulla Materia della Mente, illustra una teoria epigenetica della parola e si dichiara convinto che l’abilità semantica, intesa come capacità di attribuzione del significato, abbia preceduto l’uso di un lessico, perché originata nella formazione dei concetti quali mappe di tipi di mappe derivate dalla categorizzazione percettiva. In proposito, dopo aver notato che la maggior parte degli animali dotati solo di coscienza primaria è di fatto sprovvisto di un sistema codificato e strutturato di comunicazione paragonabile alle lingue umane, Edelman afferma: “ Ciò non vuol dire che per essere dotato di coscienza di ordine superiore un animale debba avere un linguaggio. Vi sono indicazioni del fatto che alcuni primati quali gli scimpanzé hanno capacità semantiche, ma poca o nessuna capacità sintattica e quindi sono privi di un vero e proprio linguaggio. È provato, tuttavia, che sono in grado di riconoscersi allo specchio e di ragionare sulle conseguenze delle azioni di un altro scimpanzé o di un essere umano. Quindi, tenendo conto anche delle loro capacità semantiche, è probabile che abbiano una forma di coscienza di ordine superiore”[5].

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella, che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti. 

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Maggio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si fa riferimento a tutti quegli studi di filosofia della mente e di psicologia cognitiva che direttamente o indirettamente si possono ricondurre alla visione di Daniel Dennet, che da decenni influenza culturalmente la ricerca in questo campo: si pensi al suo Contenuto e Coscienza edito nel 1965 come tesi di dottorato e divenuto, dalla pubblicazione del 1969 e ancor di più dopo la riscrittura del 1985, un “classico” per lo studio della coscienza in tutti i paesi di lingua inglese (Daniel Dennett, Contenuto e coscienza. Il Mulino, Bologna 1992).

[2][2] Schematicamente la costituzione dei due livelli di coscienza si può riportare a due eventi di autoelevazione nel corso dell’evoluzione, la prima percettiva, la seconda semantica. Si è scelto di tradurre con il neologismo autoelevazione il vocabolo inglese bootstrapping, in conformità con le traduzioni italiane dei saggi di Edelman, perché il termine è ormai entrato nell’uso da tempo.

[3] Si veda la didascalia della figura 12.4 alla pagina 205 di Edelman G. M., Sulla Materia della mente. (2a ed.) Adelphi, Milano 1995.

[4] Lo stile di quelle esposizioni è reso nel volume The Remembered Present. A Biological Theory of Consciousness. Basic Books, New York 1989 (opera già citata nella traduzione italiana).

[5] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 83.