GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(DICIOTTESIMA PARTE)

 

 

Dunque, anche se i qualia sono generalmente riferiti ad una definita proprietà di una parte dell’esperienza soggettiva (ciò che si prova nel vedere un dato colore o nell’avvertire il freddo, il caldo, il dolore, ecc.[1]), devono essere riportati ad una scena unitaria che esprime la complessità funzionale del cervello come molteplicità simultanea, grazie ai processi di rientro fra le strutture specializzate. Edelman precisa: “Secondo la TSGN estesa, i qualia sono discriminazioni di ordine elevato in un dominio complesso. La scena cosciente viene percepita unitaria e questo suggerisce di considerare che tutte le esperienze coscienti sono qualia”[2].

La descrizione del cervello come sistema complesso costituito da sistemi caratteristici di una specie, sembra essere sufficiente a superare il problema della frammentarietà delle esperienze percettive e degli innumerevoli qualia a queste attribuiti, riportando tutta la questione alla impossibilità di ridurre ad oggetto la soggettività legata al possedere un sistema nervoso molto diverso dal nostro, ovvero “cosa si prova ad essere un individuo cosciente di una particolare specie – o, per citare il filosofo Thomas Nagel, «cosa si prova ad essere un pipistrello»”[3].

E’ lecito chiedersi, a questo punto, come si origina il luogo mentale unitario dove esistono i nostri qualia. Ecco le parole di Edelman su questo punto: “La prima coscienza di sé basata sul corpo (rafforzata anche dai primi movimenti fetali) fornisce probabilmente la traccia iniziale del nostro spazio dei qualia, da cui vengono elaborati tutti i ricordi successivi, basati su segnali provenienti dal mondo («non sé»). In tal modo, ancor prima che compaia la coscienza di ordine superiore, si costruirà uno spazio di riferimento neurale basato sul corpo, una scena centrata sul corpo. Un animale o un bambino appena nato fanno esperienza di una scena in riferimento a un sé, ma non hanno un sé nominabile che sia differenziabile dall’interno. Un tale sé nominabile emerge negli esseri umani quando si sviluppa la coscienza di ordine superiore con l’elaborazione di capacità semantiche e linguistiche e con le interazioni sociali. A quel punto, i qualia possono essere nominati e distinti in maniera esplicita. Ma anche in precedenza i qualia sono già discernibili e quasi certamente fanno riferimento alla categorizzazione del sé che è in atto da parte della coscienza primaria. Nel sistema complesso che sottende tale coscienza, vi sono già schiere di qualia che consistono di tutti gli stati coscienti che possono essere discriminati. Il nucleo dinamico, le cui attività si arricchiscono con l’apprendimento, continua per tutta la vita ad essere influenzato da nuovi processi di categorizzazione connessi a quel che si potrebbe chiamare il sé corporeo. E’ importante capire, tuttavia, che l’aggregazione funzionale che comprende il nucleo non va identificata in alcun momento con l’intera corteccia o l’intero talamo, poiché alcune loro parti interagiscono continuamente con regioni cerebrali non coscienti”[4].

La lettura di questo brano ci consente una sintesi concettuale. I qualia originano nel costituirsi della coscienza di sé e sono discriminazioni di ordine superiore generate dal modo stesso di funzionare del nucleo dinamico che, nella sua elaborazione, integra le percezioni con i processi alla base del sé corporeo. I qualia non sono altro che il versante soggettivo dell’esperienza, che è presente nel bambino quando ancora non è strutturato un pensiero simbolico basato su una lingua verbale, così come negli animali con un nucleo dinamico prossimo al nostro. L’esperienza e l’apprendimento possono ampliare il repertorio dei qualia e, nella realtà umana, arricchirlo con qualità che derivano dall’applicazione del pensiero cosciente alle sensazioni e agli stati d’animo, sulla base di processi che appartengono alla coscienza di ordine superiore.

La grande varietà di esperienze soggettive che possono essere presenti nello stesso momento[5] si spiega col fatto con la natura complessa del nucleo dinamico, costituita da parti indipendenti ed integrate nella simultaneità temporale, può creare un pattern variato al suo interno ma contemporaneamente unitario perché riferito ai processi che costituiscono il sé[6]. Ciascun insieme temporaneo di circuiti degenerati del nucleo che costituisce una scena, per effetto sommatorio di tutti i processi di selezione intrinseci, trascorre in un insieme diverso creando il succedersi di scene coscienti diverse.

E’ più difficile, sulla base della TSGN, spiegare come possa il soggetto dell’attenzione consapevole (Io) spaziare in una scena della coscienza e selezionare un aspetto escludendone altri, così comportandosi come il soggetto della percezione in uno spazio fisico[7].

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella, che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti. 

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Maggio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il riferimento a questi esempi, convenzionalmente impiegato nelle discussioni filosofiche, oggi ci appare un po’ superato in rapporto alle conoscenze attuali che indicano alcune ben definite differenze individuali nella percezione (si pensi alla allodinia nella percezione del dolore, alle cecità cromatiche quali daltonismo e tritanopsia, all’incapacità di percepire delle unità ritmiche, e così via) e riportano, in generale, l’irriducibilità ad oggetto dell’esperienza soggettiva a questioni più psicologiche che percettive.

[2] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 54.

[3] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 53.

[4] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 61.

 

[5] Si pensi, ad esempio, ad un contesto come una cena sociale o un ricevimento di famiglia in cui la vista di un cibo particolare, come nel celebre caso delle maddalene di Proust, eserciti su di noi un potere evocativo di affetti e sentimenti collegati a ricordi che riaffiorano alla coscienza, mentre contemporaneamente intratteniamo una conversazione, teniamo conto di quanto accade intorno e ci atteniamo al copione comportamentale previsto dalla circostanza che, magari, ci obbliga a frequenti cambiamenti nella focalizzazione dell’attenzione.

[6] Questa spiegazione dell’unitarietà si evince dall’elaborazione teorica di Edelman, anche se non è da lui così chiaramente formulata [Giovanni Rossi].

[7] A questo riguardo il presidente ha risposto al quesito fornendo un’interpretazione basata sulla propria elaborazione teorica; di comune accordo si è deciso di escludere questa parte, in quanto digressiva rispetto all’esposizione del pensiero di Gerald Edelman [Giovanni Rossi].