GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(SEDICESIMA PARTE)

 

 

All’elenco delle proprietà jamesiane, l’autore della TSGN fa in genere seguire un requisito che, in realtà, è un aspetto della nostra esperienza soggettiva: l’essere cosciente di essere cosciente. E, al riguardo, afferma: “Non si è mai dimostrato che altri animali possiedano questa capacità; soltanto i primati superiori ne mostrano segni”[1].

La consapevolezza del proprio essere coscienti costituisce l’elemento cruciale per definire la capacità tutta umana di farsi oggetto per se stesso e vivere una interiorità in cui ci si analizza come parte della realtà, riproducendo nella propria mente l’esperienza del mondo, nel quotidiano gioco di oggettività e soggettività che ci consente, fra l’altro, di immedesimarci negli altri assumendone la prospettiva, il giudizio o l’opinione, anche quando riguardano noi stessi, per riflettervi criticamente allo scopo di decidere un’accettazione o un rifiuto ponderato piuttosto che un atteggiamento impulsivo.

Ma Edelman non approfondisce questi aspetti e, quando parla della “coscienza di essere coscienti”, preferisce sottolineare che tale caratteristica si contrappone al limitato orizzonte della coscienza primaria[2] e si ricollega direttamente alle abilità che contraddistinguono i processi di ordine superiore, ossia il senso di un sé definito, la capacità di rievocare il passato, di progettare il futuro, di attribuire senso alle proprie azioni e ai propri sentimenti e, infine, di comprendere e impiegare i valori simbolici. Al contrario, “la coscienza primaria è lo stato in cui si è mentalmente consapevoli delle cose del mondo, in cui si hanno immagini mentali del presente. Ne sono dotati gli esseri umani e anche gli animali privi di capacità semantiche o linguistiche, ma con un’organizzazione cerebrale simile alla nostra. La coscienza primaria non è accompagnata dal senso di un sé definito socialmente e dal concetto di passato e futuro. Esiste per lo più nel presente ricordato”[3].

La caratteristica di fondo, che accomuna coscienza primaria e di ordine superiore, è l’unitarietà, della quale possiamo renderci facilmente conto considerando il nostro stato presente, come sottolinea Edelman: “Quando considero il mio stato cosciente adesso, nel momento in cui scrivo, mi sembra tutto d’un pezzo. Mentre presto attenzione all’atto dello scrivere, sono consapevole di un raggio di sole, di un ronzio che proviene dalla strada, di un lieve disagio per la posizione delle gambe e anche di una «frangia», come l’ha chiamata James, vale a dire un insieme di oggetti ed eventi appena percepiti. Di solito è impossibile ridurre tutta scena integrata ad un’unica cosa – alla penna con cui scrivo, per esempio. Tuttavia, questa scena unitaria muterà e si differenzierà, seguendo gli stimoli esterni e i pensieri interni, trasformandosi in una nuova scena. Il numero di queste scene differenziate sembra infinito, ma ognuna di esse è unitaria. La scena non solo è più grande del cielo[4], ma può contenere i più disparati elementi – sensazioni, percezioni, immagini, ricordi, pensieri, emozioni, dolori, vaghe impressioni e così via”[5].

La coscienza è dunque unitaria, come appare nella percezione della scena del mondo da parte del suo soggetto.

Ma, se per questo aspetto la visione di Edelman non si discosta da quella della maggior parte degli studiosi di ambito neuroscientifico e psicologico, su un’altra questione l’autore della TSGN ha certamente un’opinione personale non condivisa da molti: il sogno è uno stato cosciente: “Esistono diversi livelli di coscienza. Per esempio, nel sonno caratterizzato da movimenti oculari rapidi (la fase REM), i sogni sono stati coscienti”[6].

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella, che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.  

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Maggio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 



[1] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 8.

 

[2] Questo processo primario è una sorta di coscienza percettiva collegata agli automatismi dell’attenzione che ne scandiscono il focus al suo interno. Nell’esposizione orale, parallelamente all’illustrazione della concezione edelmaniana, sono state svolte numerose considerazioni critiche ed è stata proposta la visione del relatore; in questa trascrizione si è ritenuto opportuno eliminare queste parti per semplificare il testo e rendere più immediata la comprensione del punto di vista di Edelman. E’ opportuno osservare che l’autore della TSGN, nella descrizione della coscienza e delle sue caratteristiche fenomeniche ed empiriche, non è ordinato, organico e preciso come quando ne enuncia e ne discute le basi neurali.

[3] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 8.

 

[4] “Il cervello è più grande del cielo” è il primo verso di una poesia scritta da Emily Dickinson nel 1862 ed adottata da Edelman come esergo del suo saggio sulla coscienza dal quale è tratta la citazione.

[5] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 7.

 

[6] Gerald M. Edelman, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, op. cit., p 9.