GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(UNDICESIMA PARTE)

 

 

Un animale che abbia incorporata (embodied) nel funzionamento del suo cervello la capacità di interpretare il mondo, deve possedere una memoria intesa come ricategorizzazione e la capacità di formare concetti. Quest’ultima facoltà consente di riconoscere cose o azioni sulla base di relazioni e consiste nel collegare categorizzazioni non connesse in origine, in assenza degli stimoli che le hanno avviate. Materialmente il processo comporrebbe attività, in toto o in parte, di mappe globali diverse in nuove mappe di tipi di mappe, che consentono all’animale di reagire a proprietà e relazioni astratte, a cominciare da quelle più elementari, quali “dentro/fuori”, “sopra/sotto”, “davanti/dietro”, fino ai collegamenti logici fra astrazioni speculative, come accade nell’esperienza umana.

Su questa base si potrebbe concepire un’evoluzione dei concetti da forme molto schematiche e primitive, tipiche dei sistemi nervosi semplici, fino a quelle della cultura umana, largamente fondate sull’uso di sistemi simbolici. Ma non è questa l’opinione di Edelman, che risulta chiara dal brano che segue.

“È difficile sapere quali animali, oltre agli esseri umani, abbiano capacità concettuali. Di certo i risultati ottenuti sperimentando con gli scimpanzé sono convincenti: questi animali generalizzano e classificano relazioni – sia tra cose sia tra azioni. Più difficile è decidere sulle capacità concettuali di altri animali, perché la nostra comunicazione con loro, a differenza di quella con gli scimpanzé, è gravemente limitata. Il meglio che si possa fare è confrontare la struttura e le funzioni delle loro aree cerebrali con quelle degli esseri umani e azzardare ipotesi che servano da guida per ricerche ulteriori.

Secondo la TSGN, la condizione necessaria alla nascita delle capacità concettuali è lo sviluppo evolutivo di aree cerebrali specializzate. L’argomento a sostegno di tale proposta si basa sull’opinione che, per rendere conto dei concetti, non sia sufficiente un semplice aumento del numero delle mappe, collegate mediante il rientro, che effettuano categorizzazioni percettive. Le categorizzazioni concettuali sono estremamente eterogenee e generali. La concettualizzazione implica una mescolanza di relazioni concernenti il mondo esterno, i ricordi e il comportamento passato. A differenza delle aree cerebrali che mediano le percezioni, quelle che mediano i concetti devono essere in grado di funzionare senza un segnale d’ingresso diretto”[1].

Un ultimo aspetto che merita considerazione, in questa discussione sui processi che consentono di concettualizzare secondo la TSGN, è la relazione topobiologica, ossia il rapporto fra morfologia e funzione. Il cervello è l’organo topobiologico[2] per eccellenza in quanto è costituito da mappe e sistemi per la creazione di mappe, nei quali la dipendenza spaziale è un fattore critico, pertanto è lecito chiedersi se l’organizzazione topografica abbia un ruolo importante anche nella formazione dei concetti. La corteccia prefrontale è considerata la sede più importante dell’elaborazione alla base delle funzioni cognitive e, in molte attività, ha rivelato una precisa gerarchia delle aree in cui è funzionalmente suddivisa[3], tuttavia fino ad oggi non è stato possibile evidenziare nelle sue mappe una corrispondenza topografica come quella necessaria per la categorizzazione percettiva. In proposito, Edelman osserva: “Comunque, è ragionevole supporre che siano necessarie mappe dei tipi di attività compiute da altre mappe corticali; la topografia potrebbe non essere così importante nelle mappe di ordine superiore”[4]. E, a proposito delle connessioni della corteccia prefrontale, rileva il collegamento con i sistemi di valore e conclude che i ricordi fondati sui concetti possono essere influenzati dai valori biologici, con potenziale aumento delle probabilità di sopravvivenza per l’animale[5].

In conclusione di questa parte della discussione, ricordiamo che memoria e concetti nella TSGN sono alla base della coscienza, l’ultimo grande argomento oggetto della teoria. Ma, prima di affrontare l’esposizione della parte più ardita ed affascinante dell’intera costruzione esplicativa, vorrei fare una precisazione che ritengo necessaria.

Edelman è consapevole che i principi della TSGN da soli non possano dar conto di tutti gli aspetti funzionali dell’encefalo e, particolarmente, di quello umano. Ritiene perciò che la sua elaborazione teorica, per la quale peraltro prevede la possibilità di rielaborazioni ed integrazioni, possa costituire un fil rouge in grado di fornire un orientamento per la comprensione in chiave evoluzionistica dei fenomeni neurobiologici e per riportare lo studio della mente umana in seno alla biologia, completando il programma di Darwin.

L’articolata, ed ancora in gran parte non decodificata organizzazione del nostro cervello, prevede l’esistenza di numerosi sottosistemi che operano secondo piani di attività non sempre definiti e difficilmente ricomponibili in un disegno funzionale unico, pertanto Edelman ha ritenuto opportuno, nei suoi corsi e nelle sue lezioni magistrali, proporre un approccio matematico allo studio del cervello mediante la teoria della complessità. A questo scopo si è avvalso spesso della collaborazione di Giulio Tononi[6]. Personalmente, in precedenti esperienze di esposizione della TSGN, ho avuto la possibilità di collaborare con un matematico, il dottor Patrizio Perrella, che ha specificamente elaborato un breve saggio divulgativo sulla teoria della complessità applicata alla descrizione del cervello, corredandolo di un’efficace illustrazione in power point, dalla quale estrarrò solo qualche concetto.

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Marzo 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Edelman G. M., Sulla materia della mente, p. 169, Adelphi, Milano 1993.

[2] Edelman G. M., Topobiology: An Introduction to Molecular Embriology. Basic Books, New York 1988. Per approfondire l’argomento è utile la lettura di questo saggio che costituisce un “classico” dell’insegnamento edelmaniano, il cui ultimo capitolo è dedicato ai rapporti fra topobiologia e teorie del cervello basate sulla selezione.

[3] Fuster J. M., The Prefrontal Cortex. (4th Edition) Elsevier, Academic Press, 2008.

[4] Edelman G. M., Sulla materia della mente, op. cit., p. 171.

[5] Edelman G. M., op. cit., ibidem.

[6] Attualmente professore presso il Dipartimento di Psichiatria della Wisconsin-Madison University, è stato a lungo collaboratore di Edelman.