GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(SETTIMA PARTE)

 

 

La Generalizzazione nella TSGN[1]. L’esistenza di questo processo deriva dall’interpretazione di risultati sperimentali che fecero scalpore fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: studi come quelli condotti da Cerella ed Herrnstein, avevano dimostrato che i piccioni potevano estendere ad una tipologia generale poche caratteristiche necessarie al riconoscimento di un elemento.

In esperimenti di condizionamento operante con una varietà di colombi, Cerella aveva impiegato foglie di quercia bianca come stimoli: gli uccelli, dopo aver ricevuto tre o quattro ricompense associate alla vista di una foglia di quercia bianca, si mostravano in grado di riconoscere sagome di foglie di tutti i tipi di quercia, distinguendole da una grande varietà di foglie provenienti da altre piante[2]. Edelman sostiene che ogni dubbio sull’interpretazione di questi risultati fu fugato da Herrnstein, il quale dimostrò analoghe capacità di generalizzazione dei piccioni “dinanzi a immagini di acqua, di figure femminili, di alberi e anche di pesci”[3], e concluse che animali privi di linguaggio possono generalizzare riconoscendo poche caratteristiche mediante la percezione visiva[4].

Gli studi di quel periodo e degli anni seguenti chiarirono che, se l’apprendimento associativo può essere necessario per generalizzare, certamente non è sufficiente a questo fine e, dunque, per giustificare la capacità di riconoscere le novità e di includerle in una classe relativa al comportamento, si devono invocare altri processi.

In particolare, l’autore della TSGN osserva che la chiave è da ricercarsi nel modo stesso di categorizzare del cervello[5], che non crea delle classi sulla base di condizioni singolarmente necessarie e congiuntamente sufficienti, con rapporti superordinati e subordinati fissi fra i membri delle categorie, ma procede in un modo diverso e simile a quello emerso da studi psicologici come quelli condotti da Smith e Medin[6]. Gli insiemi che si producono per effetto della percezione ricordano ad Edelman gli insiemi polimorfi di cui parla Wittgenstein nelle sue Ricerche filosofiche, e in proposito ricorda che “le idee di Wittgenstein hanno indotto a ritenere che le categorizzazioni sono, di fatto, polimorfe anche quando si impiega il linguaggio per definire le categorie”[7].

Per uscire dal vago, facciamo un esempio pratico: per appartenere all’insieme polimorfo S (= set), gli elementi devono possedere almeno due di tre proprietà fra nero, circolare e simmetrico. In caso contrario li indicheremo con N (= null). Pertanto, appartengono al gruppo S sia cerchi neri non simmetrici, sia triangoli e quadrati neri e simmetrici. Naturalmente dei quadrati bianchi, pur se simmetrici finiscono in N. Sulle prime, i gruppi di elementi di un insieme polimorfo possono apparire eterogenei, ma conoscendo il criterio in base al quale si definiscono, se ne apprezza facilmente la coerenza.

Gli esempi di insiemi polimorfi, nella psicologia dei concetti umani e nella discussione filosofica di Wittgestein, sembrano abbastanza lontani dai processi della categorizzazione percettiva che accomunano la maggior parte degli animali, tuttavia Edelman sostiene che, seguendo l’opinione di Smith e Medin, sia ragionevole supporre un denominatore comune nell’utilizzo di “combinazioni statistiche o disgiuntive, variabili scalari degli attributi, oppure dei modelli”[8].

In termini evoluzionistici, si può osservare che gli oggetti e gli eventi che si presentano ad un animale in una certa nicchia ecologica appaiono con un aspetto variabile, pur conservando un nucleo di elementi costanti. Ai caratteri costanti del mondo fisico corrisponderebbero le categorie naturali, mentre agli aspetti variabili della realtà farebbero riscontro delle categorie che assomigliano ad insiemi polimorfi. In realtà, Edelman propone le categorie naturali come eccezione alla regola di categorie polimorfe.

Il suggestivo accostamento agli insiemi polimorfi non spiega, però, in che modo i tratti salienti per la formazione delle categorie sono estratti da ciò che si percepisce, formando classi aperte a nuove inclusioni. In altri termini, non spiega come avviene la generalizzazione. Il processo che secondo la TSGN è alla base di ogni forma di astrazione, fornisce una spiegazione: verosimilmente esistono mappe corticali di ordine superiore nelle aree prefrontali, parietali e temporali, che non sono altro che mappe delle proprie mappe percettive. Tali unità funzionali corrispondono a ciò che Edelman individua come base neurale dei concetti.

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Febbraio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 



[1] Comunemente, per generalizzazione si intende l’atto mentale che procede dal particolare al generale estendendo elementi rilevati in uno o pochi casi ad un intero genere. Si tratta di un processo logico che, come la formazione di categorie (categorizzazione), appartiene a facoltà esercitate dalla nostra mente cosciente e influenzate dalla cultura. La categorizzazione e la generalizzazione di cui parla Edelman sono, invece, dei processi biologici di base che operano anche nel sistema nervoso di animali molto meno evoluti dei mammiferi. Per inciso, nelle mie elaborazioni teoriche opero una distinzione concettuale, oltre che terminologica, fra i due diversi ordini di processi. Distinzione che ritengo utile per non dimenticare che l’impiego di termini come categorizzare e generalizzare si basa su una analogia e non indica che siamo in presenza di processi simili al ragionamento che compiamo quando includiamo un elemento in un insieme dopo aver riconosciuto l’esistenza dei requisiti necessari e sufficienti all’inclusione, oppure simili alla riflessione che ci consente di generalizzare una regola matematica per risolvere un tipo di problemi.

[2] Cerella J., Visual classes and natural categories in the pigeon. Journal of Experimental Psychology: Human Perception and Performance V, 68-77, 1979; Cerella J., The pigeon’s analysis of the pictures. Pattern Recognition XII, 1-6, 1980.

[3] Gerald M. Edelman, Darwinismo Neurale. La teoria della selezione dei gruppi neuronali, p.35, Einaudi, Torino 1995.

[4] Herrnstein R. J., Stimuli and the texture of experience. Neuroscience and Biobehavioral Reviews VI, 105-117, 1982.

[5] Le argomentazioni qui di seguito riportate avevano molto risalto nelle prime trattazioni della TSGN; attualmente la generalizzazione è più spesso sinteticamente attribuita alla formazione di “mappe di mappe”, ossia del processo alla base dei concetti.

[6] Smith E. E. & Medin D. L., Categories and Concepts. Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) 1981.

[7] Gerald M. Edelman, Darwinismo Neurale. La teoria della selezione dei gruppi neuronali, p.36, Einaudi, Torino 1995.

 

[8] Gerald M. Edelman, idem, p. 37.