GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(SESTA PARTE)

 

 

I tocchi o “colpetti ripetuti” che l’arto di Darwin III conferisce all’oggetto, sono specifici per la presenza contemporanea di righe e sporgenze o di una sola delle due caratteristiche. Il tipo di risposta motoria, dunque, indica l’esito dell’elaborazione e, perciò, la “decisione categoriale” espressa dall’automa. Cicli ripetuti di questi processi, determinando il rinforzo selettivo delle sinapsi artificiali, creano delle memorie del funzionamento più adatto, sulla base delle quali ogni nuova percezione genera comportamenti di distinzione e riconoscimento sempre più precisi ed efficienti, in funzione dei valori espressi da un sistema di ordine superiore che associa le caratteristiche riconosciute ad un movimento del braccio.

In tal modo, pressappoco come fa un animale, Darwin III forma categorie in base alla propria esperienza, impiegando il suo funzionamento di base; ossia, per dirla con Edelman, esercitando una facoltà incorporata (embodied) nel suo organismo.

Si può affermare che Darwin III sia stato concepito come la “più piccola organizzazione in grado di categorizzare”[1], paragonabile ad una delle innumerevoli mappe globali che si integrano nel funzionamento del nostro cervello.

Naturalmente gli esperimenti condotti con Darwin III non equivalgono a verifiche della validità della TSGN[2], ma provano in maniera evidente che un sistema artificiale, concepito sulla base dei principi fondamentali della teoria, è in grado di simulare comportamenti animali basati sulla percezione e il riconoscimento. Di passaggio, si ricorda che il team di collaboratori di Edelman è andato oltre, realizzando un piccolo robot libero di muoversi nello spazio reale, Darwin IV[3], che manifesta istinti ed altre funzioni ad un livello di sofisticazione molto più alto dell’automa sessile che lo ha preceduto: fornito di un senso del gusto basato sulla conducibilità elettrica, ha scelto ed accumulato nel suo rifugio blocchi metallici dotati del “sapore” che apprezza, come un goloso che fa scorte del suo dolce preferito.

Sebbene tali esperienze siano stimolanti e suggestive[4], non devono essere sopravvalutate, perché non ci informano su processi e meccanismi che realmente operano in natura.

Ora, tornando alla realtà neurobiologica, soffermiamoci brevemente sul ruolo dei sistemi di valore nella categorizzazione.

Questi gruppi di neuroni appartenenti a strutture del tronco dell’encefalo e del sistema limbico, filogeneticamente più primitive di quelle che elaborano la percezione sensoriale, sono in grado di segnalare, mediante proiezioni diffuse a larga parte del sistema nervoso centrale, condizioni, stati ed eventi rilevanti da un punto di vista evolutivo. L’importanza fisiologica dei sistemi di valore può ricondursi a due tipi di azione:

1.      trasmissione di un segnale globale ad eventi selettivi locali (plasticità sinaptica);

2.      influenza della selezione naturale su eventi selettivi molto più rapidi, propri della selezione somatica.

Infatti, l’attività dei sistemi di valore legati a fuga-attacco, alimentazione e riproduzione, mette in allerta molte aree del cervello implicate nella categorizzazione e nella reazione all’evento, modificando temporaneamente i valori di probabilità degli eventi selettivi nelle popolazioni sinaptiche. Il segnale globale è, nella realtà naturale e primordiale, evocato dai valori innati direttamente definiti dalla selezione naturale, perciò la sua azione sulla elaborazione della percezione determina un effetto della selezione naturale sulla selezione somatica. Ciò compreso, è facile osservare che nell’esperienza umana nuove classi di eventi non naturali, ma prodotti dalla cultura e dalle associazioni che si verificano nella vita del singolo, diventano capaci di attivare i sistemi di valore (valori acquisiti).

Esaminata la categorizzazione percettiva secondo la TSGN, possiamo porci un altro interrogativo: come può un animale riconoscere oggetti che non ha mai visto, ossia attribuire un significato a nuove forme, classificandole nelle categorie formate sulla base della precedente esperienza, come se possedesse criteri per comporre insiemi di classi aperte?

La risposta di Edelman introduce un altro processo interpretato dalla teoria: la generalizzazione.

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Febbraio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Gerald M. Edelman, Sulla Materia della Mente, p. 147, Adelphi, Milano 1993 (traduzione italiana di Bright Air, Brilliant Fire – On the Matter of the Mind. Basic Books, New York 1992).

[2] In proposito ricordiamo che Francis Crick sosteneva che la selezione dei gruppi neuronici non è necessaria per la categorizzazione percettiva, che sarebbe la conseguenza di comportamenti originati da bisogni elementari e volti a fini adattativi.

[3] Per maggiori dettagli si veda la “nota 1” della quinta parte (Note e Notizie 06-02-10 Giuseppe Perrella illustra la teoria di Gerald Edelman).

[4] Possono essere accostate ai risultati ottenuti con le reti neurali artificiali di più recente concezione (dotate di 4 o più strati, di unità nascoste e di una funzione di apprendimento basata su un algoritmo di back diffusion) che sono in grado, ad esempio, di apprendere un vocabolario di alcune decine di parole e, grazie ad una uscita vocale, possono rispondere a domande e leggere ad alta voce. La lesione mirata di alcune parti di tali reti neurali ha consentito di simulare sindromi afasiche e forme di dislessia acquisita. Naturalmente, fra queste esperienze di simulazione e quelle ottenute con la serie Darwin I-IV, sussiste una differenza di fondo: gli automi edelmaniani basano tutto il loro funzionamento sui principi della TSGN.