GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(QUINTA PARTE)

 

 

La risposta più immediata, in una chiave evoluzionistica, potrebbe indicare un generico ruolo dell’ambiente. Ma l’interrogativo non si riferisce ad una semplice scelta fra automatismi riflessi, riguardando piuttosto i processi che organizzano la percezione in categorie, dunque una realtà biologica sulla quale l’ambiente ha già agito in un’epoca remota.

Secondo la TSGN, la categorizzazione ha luogo grazie al soddisfacimento di criteri legati a valore interni che, attribuendo dei precisi vincoli, determinano il funzionamento più adatto.

Questo aspetto della teoria è molto importante, perché indica un modo di operare del sistema nervoso che, in ultima analisi, realizza l’organizzazione delle memorie percettive su una base funzionale dinamica costituita dall’interazione valore-categoria, riprodotta ad ogni ciclo di esperienza, e non per effetto di un programma di classificazione geneticamente predefinito ed affidato ad un modulo con funzione stereotipa.

I valori biologici sono materialmente rappresentati da sistemi neuronici che presiedono al controllo di funzioni vitali per l’organismo come la respirazione, la circolazione sanguigna, l’alimentazione, e di funzioni vitali per la specie, come quelle sessuali e riproduttive. Naturalmente appartengono a questi blocchi neurofunzionali, le strutture del sistema limbico che controllano le risposte fight or flight, e tutti gli altri nuclei dell’ipotalamo e del tronco encefalico che adattano un mammifero all’ambiente e alle circostanze, integrando le proprie funzioni con l’attività del sistema endocrino e la protezione del sistema immunitario.

Secondo Edelman i valori emergono prevalentemente dal ruolo svolto da questi sistemi nell’imporre dei vincoli che limitano i domini di appartenenza delle categorie.

Per mettere alla prova il modello di categorizzazione percettiva proposto dalla TSGN,  è stata realizzata una serie di automi[1] basati sui principi della teoria e, poi, si sono studiate le risposte che questi sistemi cerebrali artificiali, gestiti da macchine convenzionalmente dette “supercalcolatori”, forniscono nella simulazione di aspetti della vita animale. Vale la pena considerare l’esperienza di Darwin III, che ha offerto una significativa conferma delle potenzialità dell’interazione valore/categoria nel determinare un comportamento adeguato ed efficace.

Darwin III, automa che funziona come una mappa globale ed è in grado di riconoscere oggetti, è dotato di un occhio mobile, di un braccio con quattro articolazioni, del senso del tatto all’ultima articolazione e del senso di movimento dell’arto (cinestesia), segnalato da neuroni artificiali posti nelle articolazioni; è dotato di un sistema nervoso schematico organizzato in sottosistemi specifici per le varie modalità funzionali (tattile, oculomotoria, brachiomotoria, ecc.) e provvisto di numerose mappe connesse da rientro. In Darwin III il comportamento non è assolutamente predefinito: ciò che si programma nella simulazione è il fenotipo “evolutivo”, con la sua anatomia e le regole di base per la funzione delle parti. Anche l’ambiente è simulato, ed è costituito da oggetti che si muovono casualmente.

Sia l’occhio che il braccio di Darwin III inizialmente si muovono a caso ma, con l’esperienza, eventi selettivi guidati dai sistemi di valore producono delle modificazioni funzionali nelle sue sinapsi artificiali, così che, dopo un certo periodo di tempo, l’automa è in grado di seguire con l’occhio qualsiasi oggetto e di protendere il braccio verso gli oggetti da toccare, con precisione crescente ad ogni nuovo tentativo.

Questo risultato ha già un grande rilievo per la teoria, perché il raggiungimento di queste prestazioni a partire da movimenti casuali, ossia la determinazione di traiettorie corrette sotto il controllo oculo-manuale in un sistema con notevoli gradi di libertà, costituisce un problema di cinematica inversa di difficile soluzione mediante istruzioni esplicite, ma di facile soluzione, come previsto da Edelman, con questo metodo selezionista[2].

In un esperimento-modello per la categorizzazione, Darwin III ha esaminato 55 oggetti diversi, ciascuno dei quali è stato rilevato otto volte: con il suo comportamento l’automa ha diviso tutti gli elementi esaminati in due classi, come risulta evidente dal grafico[3].

Ma vediamo più in dettaglio il modo in cui questo manufatto tecnologico realizza alcuni principi della TSGN nel suo funzionamento.

Un valore, per il sistema visivo animale, si ritiene sia rappresentato dalla luce che incide nel centro della retina, per la sua connessione in termini evoluzionistici ad uno stato complessivamente favorevole per l’organismo. Infatti, questa condizione è prossima al polo positivo di una gamma che va dalla situazione diurna estiva, confortevole e con il massimo di discriminazione morfologica e cromatica legata all’attività dei coni della fovea retinica, fino a quella notturna invernale corrispondente al freddo e al buio, con un minimo di attivazione dei bastoncelli dei quadranti periferici della retina. Un tale valore è stato riprodotto nel sistema visivo di Darwin III, facendo in modo che si rafforzino le sinapsi che sono attive quando entrano in funzione i circuiti che fanno cadere la luce nella parte centrale dell’occhio.

Questo valore è stato sufficiente a condurre l’occhio dell’automa a seguire i segnali provenienti dagli oggetti illuminati, sviluppando comportamenti adeguati, ossia coerenti con questo riferimento stabilito per via evolutiva.

Come fa l’automa ad arrivare alla categorizzazione percettiva?

A questo fine è necessario che, realizzato il campionamento di segnali nelle varie modalità sensoriali indipendenti - corrispondenti alla vista, all’udito, al tatto e alla cinestesia - Darwin III attivi un’uscita mediante le sue mappe rientranti. Questo si verifica quando l’automa, in seguito all’esplorazione effettuata con il suo occhio e il suo braccio, rileva che c’è un oggetto, che tale oggetto è percorso da righe e presenta delle sporgenze.

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.

 

Giovanni Rossi  

BM&L-Febbraio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Il gruppo dei collaboratori di Edelman ha realizzato dei sistemi artificiali di complessità crescente, cui si è dato nome Darwin, in onore del padre dell’evoluzionismo, seguito da un ordinale progressivo. Dopo Darwin I e Darwin II, illustrati in Neural Darwinism, al Neurosciences Institute è stato realizzato Darwin III, che è ancora un organismo artificiale sessile, ma già realizza mappaggi globali. Darwin IV, un piccolo robot il cui cervello simulato è collegato ad un fenotipo reale, è dotato di telecamera, sensori ad infrarossi, sensori di conduttività elettrica, magneti e ruote, ed è libero di muoversi ed agire in una stanza a lui riservata. A questi è seguito Nomad, un prodotto ancora più evoluto.

[2] Ricordiamo che Edelman considera istruzionisti tutti coloro che postulano l’esistenza nel cervello di programmi di comportamento basati su istruzioni esplicitamente codificate, come quelle del software per computer; al contrario, la sua teoria è selezionista, ossia basata sulla selezione nello sviluppo e nel funzionamento dei gruppi neuronici e delle loro attività.

[3] Nella relazione sono state mostrate immagini e tabelle, fra le quali un grafico che riporta sulle ascisse le risposte positive di Darwin III e sulle ordinate il numero di prove.