GIUSEPPE PERRELLA ILLUSTRA LA TEORIA DI GERALD EDELMAN

 

 

(PRIMA PARTE)

 

 

Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, lo scorso giovedì 7 gennaio 2010 ha inaugurato una serie di conferenze rivolte ai membri della società scientifica e dedicate alla teoria della selezione dei gruppi neuronici (TSGN) di Gerald Edelman. Dopo aver tracciato un breve profilo biografico dello scienziato nato a New York nel 1929, dedicatosi allo studio della biologia molecolare e insignito del Premio Nobel nel 1972 per gli studi sulla struttura degli anticorpi, il presidente ha spiegato i motivi che rendono unica la costruzione teorica edelmaniana, in grado di proporre un’articolazione funzionale coerente che va dalle molecole di adesione cellulare alla coscienza umana, riportando lo studio della mente in seno alla biologia.

La teoria immunologica della selezione clonale degli anticorpi, in grado di spiegare il numero potenzialmente illimitato di immunoglobuline specifiche che l’organismo è in grado di sintetizzare per un numero potenzialmente illimitato di antigeni, suggerì negli anni Settanta[1] ad Edelman l’esistenza di un meccanismo più generale, basato sulla selezione di varianti in una popolazione di elementi (individui o cellule) secondo le leggi biologiche scoperte da Darwin, e alla base dello sviluppo e delle funzioni del sistema nervoso centrale. Secondo questa visione, in natura esistono numerosi sistemi selettivi governati dagli stessi principi che, in sintesi, consentono 1) lo sviluppo di diversità nella popolazione in modo da realizzare un repertorio di varianti, 2) l’incontro del repertorio con il sistema da riconoscere (le molecole antigeniche, gli stimoli sensoriali fisici e chimici, ecc.), 3) l’amplificazione differenziale degli elementi più adatti, che si traduce in aumento del numero, della sopravvivenza o del potere funzionale[2].

Questo modo di concepire la realtà biologica ha indotto Edelman a proporre anche una nuova categoria nella classificazione delle discipline che studiano la materia vivente, ossia quella di scienze del riconoscimento[3], della quale farebbero parte l’immunologia, la neurobiologia e la biologia evoluzionistica.

I tre cardini su cui si fonda l’impianto teorico che spiega l’origine di quella inestricabile organizzazione microscopica dell’encefalo che fa di ogni essere umano una persona unica e irripetibile, corrispondono a tre grandi processi che hanno luogo in tutti i sistemi nervosi complessi e, in special modo, in quello dei mammiferi: la selezione in corso di sviluppo, la selezione dipendente dall’esperienza e il fenomeno del rientro.

1. Selezione in corso di sviluppo. Negli stadi iniziali dell’evoluzione embriogenetica, che porta dal tubo neurale alla formazione dell’encefalo e del midollo spinale, l’organizzazione cellulare caratteristica di una specie è sotto lo stretto controllo di alcuni geni, fra cui quelli appartenenti alle famiglie Hox e Pax. Ma il destino dei singoli neuroni e lo sviluppo di tutte le loro connessioni nel sito in cui sono stati guidati dai meccanismi di sviluppo, non è univocamente determinato dal piano genetico come in un cablaggio a schema fisso[4], ma è guidato anche da configurazioni di attività neurale: i neuroni che scaricano insieme, ad esempio, si cablano insieme. Dunque, anche se il piano anatomico generale, soddisfatto dai programmi genetici di proliferazione, migrazione e morte cellulare selettiva, è unico e specie-specifico, il destino dei neuroni e il controllo delle connessioni è, in parte, epigenetico[5]. Dipende, perciò, dalla miriade di piccoli eventi che influenzano l’ambiente gliale e nervoso di sviluppo nel quale i neuroblasti in corso di differenziazione competono per le connessioni e la sopravvivenza, che premieranno i più adatti in rapporto all’attività. Tale tipo di processi spiega perché non sono identici i cervelli di due gemelli monozigoti o di animali geneticamente identici (inbred o clonati).

Le variazioni epigenetiche degli schemi di connessione tra i neuroni in crescita, creano in ogni area del cervello repertori cellulari costituiti da milioni di circuiti o gruppi neuronici varianti. Secondo Edelman la selezione in corso di sviluppo crea il repertorio primario.

2. Selezione dipendente dall’esperienza. Il funzionamento nel tempo del sistema nervoso centrale lo modella per effetto dell’esperienza che, senza produrre grandi modificazioni delle strutture anatomiche, ne plasma la funzione soprattutto mediante la variazione della forza sinaptica[6]. Quando è ancora in corso la prima fase di selezione e dopo la formazione delle più importanti strutture neuroanatomiche, si hanno già cambiamenti nei segnali provenienti dall’ambiente che inducono variazioni in positivo e in negativo dell’attività dei circuiti già esistenti. La selezione dipendente dall’esperienza, che è alla base dell’apprendimento e della memoria individuale, ha un suo vincolo biologico fondamentale nell’attività dei sistemi di valore[7]. Secondo Edelman questo processo selettivo “ritaglia” dalle intricatissime maglie ridondanti di reti anatomiche, i percorsi di connessioni più adatti a rispondere alle esperienze in corso, rispettando i vincoli e creando un nuovo insieme variabile che si offre alla selezione: il repertorio secondario.

3. Rientro. E’ lo scambio reciproco di segnali fra aree connesse in parallelo, che costantemente coordina nello spazio e nel tempo l’attività delle singole mappe[8]. E’ importante comprendere la differenza fra feedback e rientro: il feedback è un processo sequenziale che implica una trasmissione ad anello semplice regolata da un segnale di errore; il rientro non è sequenziale ma reciproco e simultaneo[9], a schema aperto[10] e non connesso ad una funzione di errore.

L’identificazione di questo processo come cardine del collegamento fra aree prossime ed aree lontane, costituisce l’elemento più originale e l’ipotesi più importante nella teoria, in quanto il rientro, formando di fatto una continuità funzionale[11] spiega il collegamento fra processi locali (specializzati) e globali (sintetici) che, in tal modo, formano la base dello psichismo. Il professor Perrella ha osservato che la continuità funzionale può essere regolata nella sua estensione, conservando parti stabilmente associate - come ad esempio tutte le aree che elaborano i sotto-processi necessari alla visione, alla funzione uditiva, alla cognizione di base, ecc. - e facendo variare la continuità con altri segmenti di elaborazione, secondo possibilità alternative che corrispondono ad altrettante modalità funzionali.

Ricapitolando, su questo punto si può direttamente citare Edelman: “In conclusione, il rientro assicura una correlazione spazio-temporale delle proprietà degli oggetti esterni, una correlazione delle categorie interne nella memoria e, infine, la possibilità di generare nuove funzioni in un sistema parallelo. Inoltre […] il rientro elimina il bisogno (che è assoluto in un modello a elaborazione d’informazione) di marcatori spazio-temporali sui segnali in reti parallele, reciprocamente connesse e sincrone”[12].

 

[continua]

 

Il testo, ripartito in parti pubblicate settimanalmente, è una sintesi della trascrizione della registrazione della relazione del professor Perrella che è autore anche delle note, salvo dove è diversamente specificato. Il professor Rossi ha provveduto ai tagli necessari a rendere il testo più snello ed adatto alla lettura da parte di studenti e studiosi non specialisti.

 

 

Giovanni Rossi   

BM&L-Gennaio 2010

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RELAZIONE ORALE TRASCRITTA]

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] La prima formulazione della Teoria della selezione dei gruppi neuronici risale al 1978.

[2] Nel sistema immunitario l’amplificazione si realizza intensificando la proliferazione di quelle cellule che presentano in superficie anticorpi che si legano ad un dato antigene così bene da superare una certa energia di legame critica. Nei sistemi neurali l’amplificazione consiste nell’aumento della forza delle sinapsi e dei circuiti neuronici che soddisfano al meglio i vincoli imposti da quelli che Edelman chiama “sistemi di valore”, ossia i sistemi neuronici troncoencefalici e limbici che più direttamente traducono le influenze dell’ambiente esterno e i bisogni di quello interno in funzione di risposte fondamentali per la vita di un organismo.

[3] Si veda in Bright Air, Brilliant Fire – On the Matter of the Mind, (Basic Books, New York 1992; tr. It.: Sulla Materia della Mente. Adelphi, Milano 1993), in cui un intero capitolo (cap. VIII) è dedicato alle scienze del riconoscimento.

[4] Il professore ha spiegato come la configurazione delle singole parti segua uno schema fisso, così che, ad esempio, il lemnisco mediale passi sempre per il nucleo ventro-postero-laterale del talamo, che le aree visive siano sempre prossime alla scissura calcarina del lobo occipitale (aree 17,18 e 19 di Brodman) e l’area di Broca corrisponda in genere al piede della terza circonvoluzione frontale (area 44 di Brodman). Questa organizzazione costante, le cui variazioni individuali sono minime nelle sezioni sensitive e motorie del midollo spinale e, in generale, nelle strutture macroscopiche, rende possibile finalizzare lo studio della neuroanatomia alla diagnostica neurologica della sede di una lesione. La massima variazione si riscontra nell’organizzazione microscopica dei circuiti del neoencefalo e, in particolare, nella corteccia e in altre aree che hanno importanza per le funzioni psichiche.

[5] Il presidente ha ricordato che Edelman è solito dire che “il codice genetico non fornisce uno schema preciso e dettagliato che conduce alla formazione dei repertori con i quali l’animale affronta la vita post-natale ma, piuttosto, impone dei vincoli”. Sono proprio questi vincoli che conservano gli elementi di anatomia e fisiologia comuni a tutti gli individui di una specie.

[6] Inizialmente Edelman, fondandosi sulle conoscenze dell’epoca, caratterizzava questa seconda fase di selezione sulla base di modificazioni esclusivamente biochimiche e della forza sinaptica. In tal modo proponeva una distinzione semplice ed efficace: la selezione in corso di sviluppo agisce sulle popolazioni di neuroni, mentre la selezione dipendente dall’esperienza agisce sulle popolazioni sinaptiche. Il rapido sviluppo delle conoscenze nel campo della neuroembriologia e della neurogenesi post-natale ha complicato il quadro imponendo l’abbandono di un tale schematismo e l’adozione di una distinzione più concettuale delle due fasi.

[7] Il concetto edelmaniano di “sistemi di valore”, per il quale si rimanda alla nota “2” che sintetizza una parentesi esplicativa del professore, sarà ripreso e illustrato più avanti.

[8] Per mappa o mappa cerebrale si intende un’organizzazione anatomo-funzionale topologica ordinata in cui sono conservati i rapporti spaziali fra gli elementi che la costituiscono e quelli in essa rappresentati. Classiche mappe sono le rappresentazioni somatotopiche della periferia sensitiva e motoria, la rappresentazione retinica dello spazio e corticale della retina, la rappresentazione tonotopica nella corteccia temporale della ripartizione delle frequenze sonore della coclea, e così via. Ma esistono vari altri tipi di mappe e si ritiene che la base neurale della concettualizzazione sia costituita da “mappe di mappe”.

[9] Non costituisce un collegamento in serie, ma in parallelo.

[10] Non è costituito ad anello chiuso, ma è esteso, ad esempio, fra le 32 aree corticali per la visione, a loro volta connesse con il nucleo dinamico talamocorticale, e così via.

[11] Come è noto a molti, Giuseppe Perrella è autore di una teoria neurobiologica della mente che ha nella continuità funzionale (l’espressione, infatti, è sua e non di Edelman che, tuttavia, l’ha approvata ed apprezzata) la sua chiave di volta.

[12] Gerald M. Edelman, Darwinismo Neurale. La teoria della selezione dei gruppi neuronali, p.73, Einaudi, Torino 1995; traduzione italiana di Neural Darwinism. The Theory of Neuronal Group Selection. Basic Books, New York 1987.