BASI NEURALI DI EQUITA’ ED EFFICIENZA

 

 

In seno all’esperienza culturale umana si sono sviluppate filosofie e politiche alle quali si ispirano i sistemi di governo e di amministrazione delle comunità di cittadini. E’ evidente che i criteri, le tendenze e le opinioni che ciascuno manifesta in questo campo, sono frutto di apprendimento e, pertanto, la tendenza a preferire l’equità o l’efficienza da parte di un politico o di qualsiasi altra persona, si può ritenere conseguenza della sua formazione e delle sue conoscenze. Tuttavia, non si può negare che per alcuni è quasi naturale ed istintivo seguire con le idee delle spinte profonde verso un determinato atteggiamento, mentre in altre persone le convinzioni sembrano essere esclusivamente frutto di una riflessione o di una scelta di opportunità, pertanto è ragionevole supporre che esista una qualche forma di predisposizione neurofunzionale per l’una o per l’altra tendenza. Naturalmente se questa predisposizione sia a sua volta in gran parte appresa o già presente alla nascita, allo stato attuale delle conoscenze, sembra proprio difficile da accertare. Intanto, è possibile cercare di individuare i sistemi neuronici attivi durante comportamenti e scelte che riproducano situazioni reali, come hanno fatto Hsu e colleghi del Beckman Institute for Advanced Science and Technology, in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università dell’Illinois a Urbana-Campaign (Hsu M., Anen C., Quartz S. R. The right and the good: distributive justice and neural encoding of equity and efficiency. Science 320, 1092-1095, 2008)

La giustizia distributiva riguarda il modo in cui gli individui e le società distribuiscono benefici e gravami in una maniera equa o secondo una morale sociale. Nell’intento di studiare in singoli individui quello che attualmente è ritenuto il problema fondamentale della giustizia distributiva, ossia la difficoltà di contemperare le istanze dell’equità e quelle dell’efficienza, i ricercatori hanno sottoposto dei volontari a prove di scelta di distribuzione, studiando il loro cervello mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI).

I dati rilevati si possono così riassumere: il putamen sembra rispondere all’efficienza, l’insula sembra intervenire nella codifica della mancata equità[1] e la regione che include il caudato, il setto e l’area subgenicolare, codifica una misura unificata di efficienza ed iniquità, definita dai tre ricercatori “utilità”.

Un dato interessante, sottolineato dagli stessi autori dello studio, consiste nel fatto che le variazioni individuali nell’avversione all’ingiustizia corrispondono all’attività nelle regioni cerebrali dell’ingiustizia e dell’utilità.

Hsu, Anen e Quartz, affermano che i loro risultati appaiono in contrasto con le tesi dell’utilitarismo e supportano l’intuizione deontologica, secondo la quale un senso di lealtà è fondamentale per la giustizia distributiva ma, come suggerito dai pensatori definiti “sentimentalisti morali”, questa tendenza naturale è profondamente radicata nelle componenti emotive delle nostre funzioni psichiche.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Giugno 2008

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 



[1] Col termine inglese inequity i ricercatori designano di fatto una maniera poco corretta di agire da parte dei volontari, perciò si può dire che per “mancata equità” si intende scorrettezza nelle prove, proiettata in termini di ingiustizia o iniquità.