IL DOLORE COME MALATTIA NEURODEGENERATIVA

 

(TERZA PARTE)

 

Si è cominciato a comprendere l’origine di queste forme anomale di dolore all’inizio degli anni Ottanta, con gli studi di Clifford Wolff e colleghi, che documentarono alterazioni nella risposta dei nocicettori come conseguenza di lesioni prodotte a scopo sperimentale[1]. Si vide, ad esempio, che il danno ad una zampa di un ratto determinava un’amplificazione del segnale inviato dai nocicettori innervanti la cute ai neuroni del midollo spinale, per effetto di due meccanismi:

1) accentuazione della risposta;

2) abbassamento della soglia dei neuroni nocicettivi, con attivazione per stimoli deboli, ordinariamente incapaci di indurre un potenziale d’azione.

Su questa base si è ipotizzato che le molecole infiammatorie e gli ormoni prodotti per effetto del danno, in alcune condizioni possono sensibilizzare i nocicettori rendendoli iperattivi, così da causare dolore cronico o sensazioni dolorose anomale per stimoli innocui. Oggi è noto che queste molecole sono responsabili dei dolori che si avvertono il giorno dopo uno sforzo fisico come quello che si compie durante una gara sportiva o, come può accadere a ciascuno di noi, semplicemente portando una valigia molto pesante o facendo sforzi come quando si spostano dei mobili.

In tutti questi casi, tutte le fibre sensitive diventano più eccitabili. All’ipereccitabilità delle fibre non lese si è attribuita importanza nella genesi del dolore cronico da lesione nervosa, perché evidenze sperimentali hanno dimostrato che le fibre direttamente danneggiate quasi sempre degenerano.

Oltre a diventare più eccitabili, i neuroni che hanno subito un danno possono talvolta prendere a segnalare spontaneamente. All’origine di questa attività non reattiva vi può essere una lesione pregressa dei nervi periferici[2] causata da traumi, da malattie come il diabete e le neoplasie, o dagli effetti tossici dell’alcool e di altre sostanze psicotrope. La scarica spontanea dei nocicettori, spesso protratta e resistente ai più comuni trattamenti antalgici, si trasmette lungo le vie ascendenti causando le citate algie improvvise ed apparentemente senza causa. Spesso questo funzionamento anomalo permane a distanza di un tempo molto lungo dalla guarigione del danno. Tale riscontro ha indotto molti ricercatori a compiere ogni sforzo per definire la base molecolare di una persistenza non giustificata dai processi che normalmente attivano le vie nervose protopatiche e, recentemente, è stata individuata una base per questa attività ectopica di basso livello nei canali del sodio regolati dal voltaggio[3].

Questi canali ionici sono fondamentali per la proprietà di trasmissione dei messaggi elettrici da parte delle membrane neuroniche e, con il loro numero e la loro frequenza di apertura e chiusura, incidono sul grado di sensibilità e di eccitabilità di un neurone. Molti dati indicano che negli stati di dolore cronico queste proteine-canale si addensano nelle aree della membrana dove hanno un ruolo di maggior rilievo, ossia presso i terminali cutanei dei neuroni e lungo tutto il nervo afferente, verosimilmente rendendo più reattive le cellule nocicettive[4].

Nel 2003 Porreca e i suoi colleghi impiegarono molecole fluorescenti per visualizzare il canale del sodio Nav1.8 nelle cellule nervose periferiche di ratto, dopo un tipo di danno sperimentale che induce dolore cronico. In quegli esperimenti si evidenziò un rimodellamento molecolare delle membrane nervose, caratterizzato da un accumulo di Nav1.8 in prossimità della sede del danno[5]. Questo studio per la prima volta ha evidenziato che una lesione induce l’invio di un numero enorme di questi canali del sodio dal soma neuronico, posto nel ganglio spinale, alla periferia estrema lungo il ramo del nocicettore. Questa redistribuzione - più volte verificata da esperimenti successivi - sembra avere un ruolo critico nella patogenesi del dolore neuropatico; infatti si è accertato che, impedendo la produzione dei canali Nav1.8 da parte dei neuroni, la sofferenza indotta sperimentalmente scompare, consentendo ai roditori di ritornare al comportamento normale precluso dalla nevralgia.

Studi successivi hanno trovato elementi che supportano l’esistenza di un simile trasporto di canali ionici del sodio anche nell’uomo, in particolare in pazienti in cui il danno neuropatico aveva causato dolore persistente.

 

[continua]

 

La nota, divisa in parti per la pubblicazione sul sito, è la trascrizione di una relazione tenuta giovedì 26 novembre 2009 dal professor Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze. L’autrice del testo, ringraziando il presidente per la disponibilità mostrata nell’accettare la riduzione della sua articolata trattazione e per le note aggiunte al testo, consiglia la lettura delle numerose recensioni di argomento connesso, che sono state pubblicate negli ultimi anni nella sezione “NOTE E NOTIZIE” (a partire da quelle recenti, come Note e Notizie 21-11-09 La percezione del dolore nella donna) e degli altri scritti correlati, editi nelle altre sezioni del sito (ad esempio: Dibattito sui nuovi farmaci nella terapia del dolore in RUBRICHE - Dibattiti).

 

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Dicembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RASSEGNA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Riferimenti agli studi del gruppo di Clifford Wolff (University College of London and Harvard University) sono presenti nelle maggiori rassegne sull’argomento; un cenno si trova alla pagina 36 di Frank Porreca e Theodore Price, When Pain Lingers. Scientific American MIND 20 (5), 34-41, 2009. [Nota del Relatore].

[2] Il dolore neuropatico costituisce un campo in continua evoluzione: ai numerosi elementi sui meccanismi molecolari emersi di recente si è aggiunta l’ipotesi di un ruolo delle trombospondine (si veda in Note e Notizie 12-12-09 Identificato un recettore che media la sinaptogenesi). [Nota del Relatore].

[3] Più avanti si farà riferimento agli studi sui meccanismi di “memoria” alla base della persistenza del dolore. [Nota del Relatore].

[4] Sono stati sperimentati come antidolorifici farmaci bloccanti i canali del sodio come la ralfinamide (si veda: Note e Notizie 24-06-06 Dolore: nuovi farmaci e nuovi problemi). Per avere un quadro delle nuove vie percorse dall’analgesia farmacologica dopo l’era dei trattamenti monopolizzati da analgesici (generalmente oppiacei ad azione centrale) ed anti-algici  (ad azione periferica prevalente o esclusiva), si veda in RUBRICHE -- DIBATTITI -- “I nuovi farmaci nella terapia del dolore”. Per chi voglia introdursi alle nozioni classiche di base della farmacoterapia del dolore: IN CORSO --  “Farmaci e meccanismi nella terapia del dolore”. [Nota del Relatore].

[5] Michael S. Gold et al. Redistribution of Na(V)1.8 in Uninjured Axons Enables Neuropathic Pain. Journal of Neuroscience 23 (1), 158-166, 2003. [Nota del Relatore].