IL DOLORE COME MALATTIA NEURODEGENERATIVA

 

(SECONDA PARTE)

 

Qui di seguito, in estrema sintesi, vediamo come questa teoria spiega l’originarsi del dolore da uno squilibrio di un sistema di controllo che ha una chiave di volta negli interneuroni presenti nella sostanza gelatinosa di Rolando del corno posteriore del midollo spinale; queste cellule internuciali sembrano infatti esercitare, attraverso l’inibizione presinaptica di tutte o quasi tutte le fibre in entrata, un controllo tonico sull’accesso degli impulsi periferici alle vie ascendenti[1]. Le fibre afferenti di grande diametro, come quelle provenienti dai corpuscoli tattili, sono eccitatorie sia per i grandi neuroni della lamina IV dalla quale origina il tratto spino-talamico, sia per gli interneuroni della sostanza gelatinosa; in contrasto, le fibre amieliniche sottili sono eccitatorie per le cellule del tratto, ma inibitorie per gli interneuroni. Considerata la tonica inibizione presinaptica esercitata dagli interneuroni della sostanza gelatinosa, si comprende come in questo sistema una bassa attività delle sottili fibre afferenti amieliniche, inibendo gli interneuroni, sia in grado di aprire il varco ai neuroni del tratto spino-talamico nella lamina IV, così che possano ricevere flussi di correnti depolarizzanti dalle fibre mieliniche di grande calibro che trasmettono tutte le principali sensazioni non protopatiche. Scariche di alta frequenza di queste fibre sensitive possono essere trasmesse alla lamina IV per un certo tempo, ma poi la trasmissione cessa perché riprende l’attività degli interneuroni che richiudono il varco.

Se le fibre amieliniche, invece della loro ordinaria bassa attività corrispondente alla tonica inibizione interneuronica, manifestano un funzionamento di elevata intensità con un vero e proprio bombardamento di impulsi sui neuroni della lamina IV, si determinerà un persistente stato di disinibizione e si avrà la scarica di cellule di alta soglia - normalmente silenti nella lamina IV - che trasmettono gli impulsi nocicettivi ai centri superiori di elaborazione del dolore. Il dolore, perciò, si produce per effetto di uno sbilanciamento nel sistema di controllo in entrata, conseguente ad un’attività eccessiva della componente amielinica.

Il grado di sensibilità complessiva di questo sistema di controllo segmentale delle afferenze, sembra essere finemente regolato dalla rete discendente e prevalentemente sovraspinale di neuroni che, come abbiamo precedentemente notato, costituisce un sistema analgesico endogeno. Questo articolato insieme di cellule, il cui ruolo fisiologico sembra consistere in una regolazione che va oltre la nocicezione ed investe altre componenti dell’ingresso sensitivo, può essere distinto in tre sezioni interconnesse: mesencefalica, rombencefalica e spinale.

I neuroni mesencefalici, presenti nel grigio periacqueduttale, nel nucleo del rafe dorsale e in parte del nucleo cuneiforme, sono caratterizzati da neuromediatori quali la serotonina, il GABA, la sostanza P, la CCK, la neurotensina, le dinorfine[2] e le encefaline[3]. Il grigio periacqueduttale riceve fibre, oltre che dai nuclei reticolari segmentali, dalla corteccia somatosensitiva frontale, dalla corteccia del giro del cingolo, dall’amigdala e dall’ipotalamo. Si è data importanza alle afferenze ipotalamiche, perché sono organizzate in fascicoli separati i cui terminali contengono istamina, LHRH, ACTH, γ-MSH, vasopressina, ossitocina, angiotensina II ed endorfine[4].

Le fibre efferenti dalle aree mesencefaliche del sistema discendente di controllo vanno in parte ai centri rombencefalici, in parte raggiungono direttamente il midollo spinale.

La componente rombencefalica del sistema discendente di controllo del dolore ha, presumibilmente, nel nucleo magno del rafe e nella colonna reticolare mediale un importante centro di mediazione multipla. E’ stato scoperto che in questa sede i neuroni contengono spesso due o tre neuromediatori che sono in prevalenza serotonina, TRH, CCK, sostanza P, encefaline e dinorfine. Le fibre discendenti bulbo-spinali attraversano il nucleo del tratto spinale del trigemino e la sua prosecuzione, ossia la sostanza gelatinosa di Rolando che, come è noto, si estende per tutta la lunghezza del midollo spinale con neuroni che contengono neuromediatori quali GABA, sostanza P, neurotensina, encefaline e dinorfine.

Queste nozioni aiutano a capire con quali processi le informazioni provenienti dalla periferia inducono riflessi semplici o risposte encefaliche più articolate che risultano protettive per l’organismo.

Il valore positivo in chiave evoluzionistica della risposta alla nocicezione non ha bisogno di essere illustrato: basta pensare all’utilità dei riflessi indotti da stimoli nocivi, per evocare una gamma estesa di casi e circostanze in cui la sensazione spiacevole determina un vantaggio per l’organismo che la prova. E, passando da considerazioni generali alla nostra realtà umana, non possiamo dimenticare che il dolore ha una funzione di segnale che richiama la nostra attenzione cosciente, consentendoci di non limitarci come gli animali all’impiego di automatismi protettivi, ma di intervenire secondo logica, ragione e conoscenza.

Tuttavia, non sempre la nocicezione costituisce un efficace innesco di riflessi o un utile sintomo che consente di individuarne ed eliminarne la causa, perché le vie di trasmissione del dolore possono attivarsi in maniera anomala. In condizioni fisiologiche i nocicettori sono selettivamente attivati da stimoli forti, in grado di superare una soglia notevolmente più alta di quella dei recettori per la sensibilità tattile epicritica e propriocettiva cosciente. In alcuni casi, invece, la nocicezione è provocata da stimoli innocui, quali semplici movimenti delle articolazioni, pressioni, carezze o lievi tocchi ordinariamente trascurati o perfino avvertiti come piacevoli. A questa condizione di anomala reattività, che è da tempo oggetto di studio sperimentale, si è dato il nome di allodinìa. Nelle persone che ne sono affette può essere causa di sofferenza anche il semplice indossare abiti stretti, passeggiare in una giornata ventosa o fare una doccia, perché la pressione del tessuto, del vento o dell’acqua sono sufficienti ad attivare i neuroni sensitivi protopatici. Un caso a parte è rappresentato dal dolore associato al fenomeno dell’arto fantasma, per il quale rimandiamo ad una trattazione specifica (In Corso – L’ARTO FANTASMA).

Altre volte accade che un episodio algico si verifichi senza una causa attuale, ma possa essere spiegato mediante una ricostruzione anamnestica: neuropatie pregresse senza apparenti conseguenze possono causare il sintomo a distanza di tempo. Ad esempio, pazienti che hanno sofferto un danno nervoso per una neuropatia diabetica, possono avvertire improvvisamente un bruciore intenso mentre sono tranquillamente seduti in poltrona senza alcuno stimolo fisico o psichico che funga da innesco o li disturbi.  

In tutti questi casi, il dolore non segnala l’esistenza di un danno tessutale o di un pericolo per l’organismo, ma deriva da alterazioni o variazioni funzionali di costituenti delle vie dolorifiche e, pertanto, può essere considerato un disturbo in sé.

 

[continua]

 

La nota, divisa in parti per la pubblicazione sul sito, è la trascrizione di una relazione tenuta giovedì 26 novembre 2009 dal professor Giuseppe Perrella, presidente della Società Nazionale di Neuroscienze. L’autrice del testo, ringraziando il presidente per la disponibilità mostrata nell’accettare la riduzione della sua articolata trattazione e per le note aggiunte al testo, consiglia la lettura delle numerose recensioni di argomento connesso, che sono state pubblicate negli ultimi anni nella sezione “NOTE E NOTIZIE” (a partire da quelle recenti, come Note e Notizie 21-11-09 La percezione del dolore nella donna) e degli altri scritti correlati, editi nelle altre sezioni del sito (ad esempio: Dibattito sui nuovi farmaci nella terapia del dolore in RUBRICHE - Dibattiti).

 

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-Dicembre 2009

www.brainmindlife.org

 

 

[Tipologia del testo: RASSEGNA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si raccomanda la lettura dei passi successivi agli studenti e a coloro che abbiano da tempo lasciato lo studio di questi argomenti, perché vi troveranno nozioni utili. Ai visitatori del sito che vogliano proseguire nella lettura del testo per conoscere gli sviluppi degli studi che hanno portato al riconoscimento di processi neurodegenerativi associati al dolore cronico, ma non avendo una formazione universitaria in questo ambito potrebbero trovare troppo tecnica l’esposizione che segue, si consiglia di saltare di cinque capoversi riprendendo la lettura da “Queste nozioni aiutano a capire…”.

[2] Sono peptidi ad attività oppioide così battezzati per la loro enorme potenza. Derivano dalla prodinorfina, una grosso polipeptide che contiene 5 peptidi principali.

[3] Sono pentapeptidi originati dalla proencefalina A, un grosso polipeptide di 265 aminoacidi che contiene nella sua sequenza sia la metionin-encefalina (met-encefalina), sia la leucin-encefalina (leu-encefalina).

[4] Le endorfine possono considerarsi frammenti della β-lipotropina che origina dal pro-ormone POMC (pro-oppio-melano-cortina) come l’ACTH.