Disturbo bipolare: un nuovo collegamento genetico

 

 

Barrett e collaboratori, in un interessante lavoro di recente pubblicazione (Evidence that a single nucleotide polymorphism in the promoter of the G-protein-receptor kinase 3 gene is associated with bipolar disorder, Mol. Psychiatry 8, 546-557, 2003), ipotizzano che alterazioni nell’espressione del gene per la G-protein-receptor kinase 3 (GRK3) possano determinare un’accresciuta suscettibilità allo sviluppo del Disturbo Bipolare.

La letteratura psichiatrica è ricca di esempi biografici di artisti, scienziati, letterati e di tante persone comuni, spesso creative, brillanti, abili nel proprio lavoro e nei rapporti sociali, che hanno sofferto di disturbi del tono dell’umore, caratterizzati dall’alternanza di periodi di intensa od eccessiva attività mentale, sia cognitiva che affettiva, e fasi di bassa energia psichica con rallentamento cognitivo-ideativo e umore depresso, talvolta fino all’anaffettività. Queste condizioni si classificavano come sindromi maniaco-depressive, distinguendole dagli stati in cui non vi era oscillazione e l’unica manifestazione era rappresentata o da periodi di costante eccitazione o euforia (mania monopolare) o da fasi depressive (depressione monopolare). La clinica psichiatrica e l’esperienza culturale avevano però mostrato da tempo che esisteva una gamma continua di espressioni del disturbo che andavano da un grado lieve di modificazione dello stato mentale a sindromi psicotiche con deliri ed allucinazioni. Se diamo un’occhiata alla storia della psichiatria, notiamo che Kretchmer aveva definito “Ciclotimia” lo stato patologico, ma aveva previsto una personalità “ciclotimica” del tutto normale, supponendola predisposta allo scompenso in forma maniaco-depressiva, qualora fosse stata sottoposta ad intense e protratte condizioni patogene. E’ interessante notare che se si estrae da un trattato di psichiatria una descrizione della personalità ciclotimica e la si propone alla lettura come la caratterizzazione di un modo di essere (una sorta di “test di Barnum”), la stragrande maggioranza dei lettori vi si riconosce senza esitazione.

Non bisogna dimenticare questa continuità fra la comune esperienza e la psicopatologia, anche alla luce delle definizioni attuali che, seguendo il DSM-IV (manuale diagnostico-statistico e criterio semeiologico che esprime e consente la globalizzazione psichiatrica), parlano di Disturbo Bipolare. La continuità ci suggerisce l’esistenza di processi fisiologici che, in condizioni di integrazione normale, non sono distinguibili dalla complessa sintesi funzionale alla base della nostra mente, ma che, in condizioni patologiche, appaiono come due ordini distinti di processi eccitatori ed inibitori.

 

L’opinione di Brain Mind & Life è che, sia le ricerche condotte nel campo della biologia molecolare che studi genetici come questo, ci rivelano piccole parti di processi fisiologici organizzati nelle complesse reti funzionali cerebrali, a loro volta in equilibrio con gli altri sistemi dell’organismo. In altre parole, se ci si consente un paragone con la fisiologia vascolare, si può dire che è come se cominciassimo a scoprire le basi genetiche e molecolari della regolazione della pressione sanguigna, non l’etiopatogenesi dell’ipertensione.

Questa ridefinizione di livello e di contesto non riduce il fascino di questi studi, anzi, a nostro avviso, ne aumenta l’interesse poiché ne estende la portata all’ambito dei meccanismi di base che riguardano tutta la neurobiologia.

 

Ritornando al lavoro da cui siamo partiti, sarà utile ricordare che la GRK3 è implicata nella de-sensibilizzazione dei recettori associati alla proteina G.  Barrett e i suoi collaboratori hanno cercato alterazioni di questa chinasi in persone affette da disturbo bipolare ed hanno trovato una correlazione stretta con il polimorfismo di un singolo nucleotide nella regione 5’, non tradotta, del gene per la GRK3.

 

BM&L-September 2003