DIMENTICARE O RECARE DANNO ALLA MENTE?

 

 

I nostri ricordi non sono oggetti custoditi nella scatola della mente, dalla quale si possono togliere a piacimento, ma tracce di esperienze conservate e rievocate grazie a processi molecolari, cellulari e sistemici del nostro encefalo. Un farmaco che elimina i ricordi non può perciò essere paragonato ad una mano accorta che preleva uno specifico contenuto da un contenitore, ma ad un agente che altera un processo in modo che questo non possa ripetersi. Per tale motivo, chi scrive, nutre profonde riserve sui farmaci dell’oblio, la cui “tossicità cognitiva” per l’uomo, potrebbe non essere accertata dalla sperimentazione animale.

Ciò premesso, si vuol dare conto di alcune opinioni autorevoli espresse all’indomani della pubblicazione di dati su un nuovo tipo di effetto amnesico del propanololo, dimostrato in una sperimentazione umana, e della identificazione di una nuova molecola, apparentemente capace di determinare nei ratti la cancellazione selettiva di una memoria senza intaccarne altre (Katherine Whalley, Want to forget? Nature Reviews Neuroscience 8 (8), 574, 2007).

Il propanololo è un beta-bloccante non selettivo, a lungo impiegato come farmaco nel trattamento dell’ipertensione essenziale e del dolore anginoso, ma di recente sperimentato per ridurre il ricordo di eventi dolorosi mediante la somministrazione poco tempo dopo l’evento. La sperimentazione condotta da ricercatori della McGill University (Canada) e della Harvard University (USA) ha dimostrato che lo stesso effetto può essere osservato se il propanololo è somministrato mentre i volontari ricordano eventi accaduti 10 anni prima. Karim Nader, fra gli autori del lavoro, spiega che in realtà il farmaco agirebbe riducendo la componente emozionale del ricordo, senza intaccarne gli aspetti cognitivi. In altre parole, i soggetti sottoposti ad esperimento potevano ricordare anche i dettagli di quanto accaduto, senza però provare sofferenza.

Joseph Le Doux, uno dei massimi esperti di neurofisiologia delle emozioni, con un gruppo di ricercatori della New York University, ha sperimentato nei ratti la U0126, una molecola che è risultata in grado di eliminare una singola memoria senza alterarne altre. Gli esperimenti sembrano dimostrare un effetto selettivo e permanente.

Katherine Whalley, nella sua discussione, ha registrato opinioni poco favorevoli: la preoccupazione espressa da Chris Brown (University College, Londra) riguarda il ruolo potenzialmente protettivo svolto da emozioni come la paura; Linda Blair, della British Psychological Society, si chiede se il trattamento non rischi di causare più disturbo che sollievo e Monica Thompson, della Traumatic Stress Clinic, sostiene che queste terapie potrebbero lasciare nei pazienti sintomi potenzialmente debilitanti, quali alti livelli di paura.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Settembre 2007

www.brainmindlife.org