DIFFERENZE INDIVIDUALI DELLA MEMORIA NEL CERVELLO

 

 

Lo studio della memoria mediante immagini funzionali del cervello ha deluso le aspettative di chi credeva di poter rilevare patterns di attivazione semplici ed universali per ogni tipo di compito studiato, ma ha alimentato le speranze dei neurofisiologi di comprendere i criteri biologici dell’organizzazione funzionale cerebrale.

Fin dagli studi ormai classici su pazienti con cervello diviso, Michael Gazzaniga e la celebre équipe dei suoi collaboratori, erano giunti alla conclusione che non tutti i cervelli presentano lo stesso tipo di organizzazione funzionale dei processi cognitivi; se a questo si aggiunge la facoltà che ha ciascuno di noi di impiegare le proprie risorse psichiche secondo criteri e metodi personali, è possibile spiegarsi almeno una parte delle differenze cerebrali  nell’esecuzione di uno stesso compito, rilevate alla Risonanza Magnetica Funzionale (RMF).

Kirchhoff e Buckner hanno studiato l’influenza sulle prestazioni di memoria e sull’attività cerebrale di vari tipi di strategie impiegati per ricordare (Kirchhoff B. A. & Buckner R. L., Functional-anatomic correlates of individual differences in memory. Neuron 51, 263-274, 2006).

Ai volontari partecipanti all’esperimento, mentre il loro cervello era sottoposto a scansioni di RMF, venivano mostrate coppie di oggetti associati, come ad esempio una banana posta in un veicolo, e si diceva loro che sarebbero stati testati per valutare le loro capacità di ricordare le immagini viste. Al termine si chiedeva ad ognuno quale strategia avesse impiegato per ricordare. I modi di ricordare erano numerosi e vari, così i ricercatori li hanno raggruppati in insiemi concettualmente coerenti.

In una prova di recupero dell’informazione, due tipi di strategie, chiamate “elaborazione verbale” ed “ispezione visiva”, risultavano correlati con la prestazione, altri due, detti “immaginazione mentale” e “recupero della memoria”, non mostravano correlazione.

E’ emerso che le persone che usavano il maggior numero di strategie di codificazione mnemonica, ottenevano i migliori risultati. Un’analisi ulteriore ha mostrato che le strategie di “elaborazione verbale” e “ispezione visiva” miglioravano indipendentemente la prestazione di memoria.

Lo studio di comparazione delle strategie mnemoniche adottate con l’imaging funzionale, ha rivelato specifici rapporti fra la modalità cognitiva e le aree cerebrali attivate. In particolare, la strategia di elaborazione verbale appariva associata con l’attività di zone della corteccia prefrontale che contribuiscono alle funzioni linguistiche, mentre la strategia di ispezione visiva attivava l’area dell’elaborazione degli oggetti della corteccia extra-striata. Definiti questi rapporti, gli autori hanno cercato di stabilire se l’attività neuronica in tali territori encefalici, durante la codificazione dei ricordi, fosse direttamente correlata con le prestazioni mnemoniche ad un successivo test.

La verifica ha dimostrato che il grado di attività nelle specifiche aree impiegate durante la codificazione guidata dalle strategie più efficaci, era strettamente correlato con le risposte esatte.

Questo lavoro, oltre a fornirci informazioni utili per la ricerca volta al fine del miglioramento delle prestazioni di memoria, rappresenta in sé un modello per lo studio mediante neuroimmagine anche di altre funzioni cognitive, in quanto ci ricorda che un compito cognitivo non corrisponde ad un unico substrato neurofunzionale, ma può variare in base al procedimento scelto dalla coscienza dichiarativa.

 

L’autrice della nota ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-Ottobre 2006

www.brainmindlife.org