IL DIABETE ALTERA FUNZIONI DELL’IPPOCAMPO

 

 

Nel diabete mellito l’aumentato rischio cardiovascolare e complicanze quali nefropatia, retinopatia, neuropatia periferica ed ulcere del piede, sono ben note ai medici, poco noti o trascurati sono invece i danni che questa malattia determina a carico del cervello, sebbene siano stati dimostrati deficit cognitivi nei pazienti e nei modelli animali della malattia.

Mattson e colleghi del laboratorio di neuroscienze del National Institute on Aging Intramural Research Program e del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Princeton, hanno riconosciuto negli elevati livelli di corticosterone, nei topi affetti da diabete sperimentale, la principale causa di tali deficit ed hanno provato ad identificare le sedi e le modalità del danno nel cervello (Stranahan A. M., et al.  Diabetes impairs hippocampal function through glucocorticoid-mediated effects in new and mature neurons. Nature Neuroscience 11, 309-317, 2008).

Nelle persone affette da diabete mellito, così come nei modelli sperimentali della malattia, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene è spesso iperattivo, con la conseguenza di alti livelli di cortisolo surrenalico nei pazienti e di corticosterone nei roditori (il glucocorticoide omologo). I danni cerebrali causati dagli alti tassi di questi ormoni sono stati studiati dalla ricerca che ha indagato gli effetti dello stress acuto e cronico sul cervello e delle conseguenze su funzioni cognitive ed altre attività psichiche, di sindromi umane quali il disturbo post-traumatico da stress (PTSD). Su questa base, i ricercatori hanno provato a verificare gli effetti della normalizzazione dei livelli di glucocorticoidi in due classici modelli animali di diabete mellito:

1) ratti trattati con streptozocina, riproducenti la forma insulino-dipendente della malattia;

2) topi obesi portatori di una mutazione nel recettore della leptina (topi db/db), equivalenti ai pazienti affetti dalla forma insulino-resistente.

In entrambi i gruppi hanno asportato le ghiandole surrenaliche ed istituito una terapia sostitutiva con bassi livelli di corticosterone. Successivamente hanno studiato le prestazioni degli animali in prove di apprendimento e memoria.

Sono state adoperate prove classiche di apprendimento spaziale (water maze) e di memoria di riconoscimento (novel-object preference), che hanno dimostrato l’efficacia terapeutica dei bassi livelli di corticosterone sulle prestazioni cognitive, in quanto le carenti prestazioni presenti nel diabete sperimentale sono scomparse  negli animali adrenalectomizzati. Per avere conferma della responsabilità dell’ormone steroide nel causare il difetto cognitivo, gli autori hanno trattato un gruppo separato di animali sottoposti ad asportazione del surrene, con alti livelli di corticosterone. Alle prove di apprendimento spaziale e memoria di riconoscimento, questo gruppo ha manifestato un deficit cognitivo equivalente a quello dei roditori affetti dalle forme sperimentali della malattia.

I processi di apprendimento sono associati con il rinforzo sinaptico e l’accresciuta proliferazione dei precursori neurali nell’ippocampo, poiché entrambi i processi erano alterati negli animali diabetici, i ricercatori hanno provato a normalizzare i livelli di corticosterone e a verificarne l’effetto su questi parametri neurobiologici.

Ristabilendo i tassi fisiologici del glucocorticoide si ottenevano due effetti ben definiti: 1) si preveniva l’alterazione del potenziamento di lungo termine (LTP) osservato nelle sinapsi della via che va dalla sostanza perforata al giro dentato; 2) si impediva la riduzione della proliferazione dei precursori neurali nel giro dentato.

Ciò dimostra che gli alti livelli di corticosterone sono responsabili, con vari meccanismi, dei disturbi dell’apprendimento e della memoria rilevati nei roditori affetti da diabete sperimentale.

I risultati di questo studio sono molto interessanti, soprattutto alla luce del fatto che la ricerca sullo stress ha rivelato l’affidabilità dei modelli animali e la perfetta corrispondenza fra i danni cerebrali causati dai glucocorticoidi nei roditori e quelli indotti dal cortisolo nell’uomo. Anche se saranno necessarie verifiche sperimentali nella realtà patologica umana, si può già affermare che con questo studio si ha una traccia ben definita da seguire per la terapia dei disturbi cognitivi nel diabete mellito.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza.

 

Nicole Cardon

BM&L-Aprile 2008

www.brainmindlife.org