DELEZIONI CHE AUMENTANO IL RISCHIO DI EPILESSIA IDIOPATICA

 

 

Si stima che l’epilessia[1], in tutte le sue manifestazioni note, costituisca ancora un grande problema per la qualità della vita di oltre 60 milioni di persone, molte delle quali sono affette da forme il cui trattamento si spera possa grandemente migliorare in efficacia sulla base dei risultati delle ricerche attualmente in corso.

Una classificazione di consolidato impiego clinico[2] ripartisce la patologia comiziale in una serie di quadri poli-sintomatici definiti sindromi epilettiche riconducibili a due categorie, rispettivamente caratterizzate da  accessi parziali e accessi generalizzati.

La prima costituisce all’incirca il 60% del totale ed è in genere secondaria a lesioni focali (tumori, traumi, danno cerebrovascolare, ecc.), la seconda, ossia quella costituita dalle sindromi generalizzate, rappresenta il rimanente 40% e si ritiene sia costituita prevalentemente da condizioni che riconoscono una causa genetica. Generalmente, nella maggior parte di queste ultime forme, i pazienti risultano complessivamente normali da tutti i punti di vista; in altre parole, non presentano alla semeiotica fisica e strumentale elementi di rilievo collegabili col disturbo neurologico, e al livello cerebrale non sono riconoscibili elementi strutturali con significato eziologico.

La ricerca genetica delle cause sta definendo un quadro vasto ma concettualmente semplice: tutti i geni identificati, eccetto uno, codificano canali ionici regolati dal voltaggio o da un neurotrasmettitore. Questa osservazione è interessante alla luce del fatto che molti altri disturbi episodici sono dovuti a mutazioni di geni che codificano canali ionici (cefalea emiplegica familiare, atassia episodica, paralisi periodiche, aritmie cardiache, ecc.), per cui lo studio parallelo di questi disturbi e di quelli epilettici idiopatici potrebbe fornire una chiave per comprendere gli eventi molecolari alla base della patogenesi.

Si deve notare che la conoscenza dei fattori genetici causali o predisponenti delle forme di epilessia idiopatica generalizzata è ancora agli inizi e molto c’è da indagare. Un contributo importante in questa fase può venire da studi come quello condotto da Helbig con i suoi numerosi collaboratori e qui recensito in estrema sintesi (Helbig I., et al. 15q13.3 microdeletions increase risk of idiopathic generalized epilepsy. Nature Genetics 41 (2), 160-162, 2009).

I ricercatori del Department of Neuropediatrics, University Medical Center Schleswig-Holstein (Kiel Campus) di Schwanenweg (Germania), basandosi su precedenti studi che hanno associato microdelezioni in una regione del cromosoma 15 a varie espressioni di patologia neuropsichiatrica, hanno sottoposto a verifica sperimentale l’ipotesi che tali delezioni aumentino il rischio di crisi idiopatiche generalizzate.

A tale scopo sono stati sottoposti a screening 1223 pazienti, fra loro non legati da rapporti di parentela, e sono stati confrontati con 3.699 controlli sani.

L’analisi genetica ha consentito di identificare microdelezioni 15q13.3 includenti il gene CHRNA7 in 12 degli affetti dal disturbo idiopatico generalizzato (12 su 1223); tali delezioni sono risultate assenti nell’analisi di tutti i soggetti non affetti che fungevano da controlli (0 su 3669, joint P = 5.32 x 10 (- 8)).

La maggior parte dei portatori delle microdelezioni presentava il corteo sintomatologico della sindrome neurologica in assenza di manifestazioni di deficit cognitivo o di disturbi psichiatrici quali autismo o psicosi del tipo della schizofrenia, che precedentemente erano state associate con questi difetti.

L’indagine genetica ha dunque rivelato la presenza delle microdelezioni in circa l’1% dei pazienti, ossia una proporzione che consente di considerarle il fattore di rischio di epilessia idiopatica generalizzata con la maggiore prevalenza fra quelli noti.

 

Giovanni Rossi

BM&L-Febbraio 2009

www.brainmindlife.org

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

 

 

 

 



[1] Le epilessie sono un gruppo di malattie caratterizzate da modificazioni croniche, ricorrenti e parossistiche della funzione del sistema nervoso causate da alterazioni dell’attività elettrica cerebrale.

[2] La classificazione degli accessi epilettici maggiormente seguita dai neurologi è l’International Classification of Epileptic Seizures che, pur superando la nosografia classica, conserva la distinzione fra grande male (accessi generalizzati tonico-clonici), piccolo male (accessi di assenza) ed epilessia psicomotoria o del lobo temporale. Il criterio classificativo pone in primo piano il tipo di crisi e il tipo di tracciato EEG durante la manifestazione patologica e nel periodo intervallare. Schematicamente tutti gli accessi si possono ripartire in I) accessi parziali o focali (3 tipi); II) accessi generalizzati primari (7 tipi); III) stato di male epilettico. In quanto a decorso si distinguono varietà sporadiche, cicliche e riflesse. A scopo di studio, soprattutto nella ricerca di base, si seguono criteri diversi, in genere legati al meccanismo molecolare che si ritiene responsabile dell’alterazione elettrica e ad altri elementi accertati o presunti in chiave eziopatogenetica.